Un BLOG per
curare i matti
MILANO
Sentite questo rap: «Oggi sono storto/felice ma un po’ in corto/sono
stravolto/mangio il pesce ma chi ci riesce/a usare il pesce/passa e fai
un bel tiro/e poi è un altro viaggio/sono selvaggio/ma per te è solo un
assaggio/entro esco e ti ripesco...». Vabbé, non è un rap. E’ un
messaggio arrivato su un «blog» neonato ma destinato a grandi cose, dal
momento che «tutti siamo un po’ matti. Tutti abbiamo un lato oscuro», e
quindi tutti avremmo bisogno di partecipare a questo diario collettivo e
pubblico, in fondo. Chi parla lo fa con cognizione di causa, in quanto
ex «matta» vera, che detto con parole migliori significa ex paziente
psichiatrico. Laura, che dice tranquilla «ho finito il mio percorso 14
anni fa, adesso vivo in una minicasa con il mio compagno, anche lui ex
paziente». Dice anche «almeno noi veniamo curati. Ma gli altri? quelli
matti liberi di fare qualunque cosa? quelli sì che sono pericolosi».
Laura e gli altri, una dozzina in tutto, più quattro operatori, hanno
messo su «mattiperilblog» (che troverete all’indirizzo Internet
blog.virgilio.it/mattiperilblog), battezzato ieri mattina in una delle
comunità. Il perché lo spiega lo psicoterapeuta Giampietro Savuto,
presidente della Fondazione Lighea, attiva dal 1985 nella terapia e
riabilitazione di persone con disagio psichico: «Questi pazienti vivono
in una condizione di grande isolamento. Un’iniziativa come la nostra può
aiutare a compiere quel percorso evolutivo che noi riteniamo essenziale
nel trattamento di queste patologie: integrare aspetti psicoterapici,
riabilitativi e farmacologici, per arrivare alla conquista di livelli
adulti di autonomia».
I soci-pazienti
In questo «percorso» ci sta bene anche un blog, reso possibile dal
sostegno di «Progetto Italia» della Telecom. «Abbiamo messo a
disposizione le risorse tecnologiche e creative per la costruzione di
uno strumento che risponde al bisogno di comunicare, così fortemente
sentito dalle persone che devono convivere con la malattia mentale», ha
detto ieri mattina Andrea Kerbaker, amministratore delegato di Progetto
Italia spa. E chi sono i soci fondatori, dottor Savuto? «Siamo partiti
con pazienti ed ex pazienti delle nostre tre comunità milanesi.
Schizofrenici, oligofrenici, persone molto malate, che presentano - o
hanno presentato - aspetti paranoici e persecutori». Uno per anni si è
considerato l’Anticristo, ma a vederlo oggi pare molto molto più sereno,
ed è anche stato immortalato in un film («Muoviti Fermo») interamente
girato nelle comunità Lighea, realizzato da Fabio Ilacqua e Roberto
Pelitti, «un ritratto del disagio mentale raccontato con la pancia e
dall’interno», cioè attraverso un anno di lavoro. Tre comunità, in tre
grandi appartamenti che ospitano non più di 9 pazienti alla volta,
«persone che ci vengono mandate dalla Asl», spiega Savuto. Due o tre
anni di permanenza, e si vive assistiti da operatori socio sanitari per
tutte le 24 ore, si lavano i piatti, si fanno riunioni di gruppo e ci si
sottopone alle terapie, e adesso si chatta pure, il che è una bella
soddisfazione. Uno è l’entusiasta Roberto, di 37 anni, che appena gli
rivolgi la parola racconta tutta la sua storia d’un fiato, «mi sono
ammalato nel 1988, ansia e depressione. Mi hanno ricoverato alle
Betulle, e lì mi hanno consigliato la psicoterapia e la vita in
comunità». Per Roberto chattare è «bellissimo: incontri persone che
raccontano la loro vita, infatti anche io ho raccontato la mia. Perché
sai, pian piano i problemi sono poi venuti a galla, e io li ho potuti
affrontare...». Parla anche della mamma: «La vedo poco, mi è stato
consigliato così per una crescita psicologica più autonoma». Scrive
Cristian che «la vera famiglia è la comunità, perché comprende stati
patologici riconoscibili nella visione dell'altro. La famiglia invece,
tende a non assorbire gli stati patologici. Quante risorse può dare la
comunità per la ricrescita di uno stato perso. Quanti amici combattenti
nel dolore si assorbono nel mio cuore». Tra gli «amici combattenti nel
dolore» c’è anche Letizia, che scrive «domani parto per Arezzo, sono
emozionata perché rivedo i miei genitori e i miei amici però sono in
ansia per il viaggio che dura 4 ore AIUTO spero di farcela».
Una linea tratteggiata
Chissà se ce la farà, a partire da sola per Arezzo. «La follia non è una
linea continua, ma tratteggiata», dice Savuto (uno dei suoi pazienti lo
definisce in chat «l’amico insieme al filosofo del cuore, guaritore
magico di maniere comode. Esprime il mio malessere come un padre buono
che ci tiene ai suoi figli. Nessun giudizio, nessuna pena, perché Savuto
è con me»). «Io non prometto di guarirli ma di vivere meglio», dice lo
psicoterapeuta. I pazienti vanno in piscina, studiano, fanno corsi,
lavorano. Matteo ad esempio fa il cameriere (in un ristorante chic a
Brera, dove forse l’hanno preso per il garbo e una certa naturale
eleganza). «Adesso vivo in un monolocale assieme ad un amico che fa il
cuoco nel mio ristorante. A me piace partecipare al blog. Per adesso ho
fatto tre commenti, uno su un corso di disegno che ho appena fatto». E
perché sei finito in comunità? «Perché prima ero in manicomio. Due
ricoveri, di sei mesi l’uno, ma allora non avevo la cognizione del
tempo, ero catatonico, non parlavo. Quei mesi mi sembravano giorni,
stavo davvero molto male».
Un viaggio per cambiare
Matteo dice che «il blog è interessante perché scritto anche da noi che
ne abbiamo viste di tutti i colori». Adesso gli hanno spiegato che «devo
scrivere soprattutto cose che devono interessare anche gli altri, non
solo me. Mi sforzerò». Ma in realtà la partecipazione è libera: entro i
limiti del buon gusto, si può scrivere quello che si vuole. Infatti una
scrive «Ciao! Abbiamo fatto un viaggio a Parigi con il mio fidanzato. Mi
sembra che viaggiare ci rende diversi dall’inizio del viaggio. Parti e
sei in un modo e ritorni che sei diverso». Banalità, dirà qualcuno. Ma
nessuno sa quale sforzo ci sia dietro quel viaggio (e magari un giorno
troverà la forza di raccontarlo), e quali pensieri, dolori, voglie di
morire, piccoli entusiasmi. Per dirla con Freud, «Nella vita le emozioni
sono inevitabili» (la citazione campeggia nella sezione Emozioni). Per
dirla con il Poeta del Rap, «vai bello tornatene a casa/non ci sarà
polemica o risposta/ma spaghetti funk e basta/con le buone si ottiene
tutto parliamo/e poi non vedi quanti siamo».
Brunella Giovara
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