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Per realizzare la sua politica demografica, il fascismo tentò di imporre un controllo sul corpo femminile, e in particolar modo sulle funzioni riproduttive.(vedere: Le origini e le caratteristiche della politica sessuale fascista e La politica riproduttiva di Victoria de Grazia.) Le misure repressive compresero il fatto di trattare l’aborto come un crimine verso lo Stato, (“reato contro la sanità della stirpe”) la messa al bando del controllo delle nascite, la censura sull’educazione sessuale. Le donne italiane, soprattutto quelle appartenenti alla classe operaia urbana, praticavano la pianificazione familiare come potevano, ricorrendo principalmente all’aborto. Nonostante i draconiani divieti, quest’ultimo divenne alla fine degli anni ’30 la forma di pianificazione familiare più diffusa. Questa situazione si protrasse fin quasi agli anni ’70. Nel 1961 la pillola arriva nelle farmacie di molti paesi europei. La Chiesa nel 1968 condanna irrimediabilmente la contraccezione. Nel 1969 la pillola viene venduta in farmacia come farmaco per le disfunzioni del cicli mestruale. Nel 1971 la Corte costituzionale, dopo un’aspra battaglia, abroga l’articolo 535 del codice penale che vieta la propaganda di qualsiasi mezzo contraccettivo e punisce i trasgressori con il carcere. Alla fine degli anni ‘60 si calcola che le interruzioni volontarie di gravidanza stiano tra le 500 mila ed i tre milioni l’anno. Poiché si tratta di un fenomeno clandestino è impossibile precisare la cifra. Nel 1974 i radicali iniziano la campagna per otto referendum tra cui quello per abrogare le norme che penalizzano l’aborto.(Gli articoli dal 546 al 551 stabiliscono: ” la donna che si procura l’aborto è punita con la reclusione da uno a quattro anni” ma se l’aborto è effettuato per salvare l’onore, è prevista la riduzione che va da un terzo a metà della pena.) Nel 1975 la Corte Costituzionale dichiara illegittimo l’art. 546 del codice penale (aborto di donna consenziente). Nel luglio 1975 i radicali chiedono un referendum abrogativo su tutte le residue norme che penalizzano l’aborto. Il 20 maggio 1978 viene approvata dal parlamento la legge sull’aborto. Il referendum abrogativo non ha successo (maggio 1981) La lotta per il diritto all’aborto ha rappresentato la punta massima di nobilitazione e aggregazione del movimento femminista italiano. La sfera privata attorno alla metà degli anni ’70, anche sotto la spinta di manifestazioni di massa, subisce le maggiori modificazioni. Nello stesso anno viene abrogato l’art. 587 sul delitto d’onore. |