"La Stampa" - 08/03/97
|
Come dare alle donne una
rappresentanza adeguata? Confronto internazionale a Nuova Delhi
|
L'altra metà della politica
|
Dai parlamenti ai governi, per
una vera parità
|
In Norvegia, dove le donne sovente
partecipano ai più alti livelli della politica, un bambino domanda
alla madre: "In questo Paese anche un uomo può diventare capo
del governo?". E' una battuta che riflette l'insolita situazione
dei Paesi scandinavi in un mondo dove gli uomini hanno sempre condotto
il gioco e le donne, per antichi retaggi culturali e religiosi, si
sentono a disagio in politica e trovano grandi difficoltà a entrare
nella competizione elettorale: oggi occupano solo l'11,7% di tutti i
seggi nei Parlamenti del mondo. Per cercare di dare alle donne una
rappresentanza adeguata si è riunita a Nuova Delhi una conferenza
dell'Unione Interparlamentare con rappresentanti di una ottantina di
Parlamenti di tutto il mondo.
|
Il ruolo della donna in politica
non è certo un problema di leggi perché le costituzioni di tutti i
Paesi moderni riconoscono parità di diritti a uomini e donne in ogni
aspetto della vita civile. Ma c'è una netta discrepanza fra norme e
pratica quotidiana malgrado l'esistenza di svariati meccanismi di
supervisione a livello nazionale.
|
Il primo Paese dove le donne hanno
ottenuto il diritto di voto è la Nuova Zelanda nel 1894, e le prime
donne a sedere in Parlamento furono le finlandesi nel 1907. La prima
donna la governo fu la polacca Irena Kosmowska che nel 1918 divenne
sottosegretario per gli Affari sociali. La prima donna ministro fu la
danese Nina Bang, responsabile dell'educazione dal 1924 al 1926. La
prima donna capo di governo fu nel 1960 la ceylonese Sirimavo
Bandaranaike. La prima capo di Stato fu Isabel Martìnez de Peròn,
che ascese alla presidenza quando morì il marito nel 1974. Corazòn
Aquino delle Filippine nel 1986 divenne la prima presidente eletta
direttamente dal popolo.
|
Fra le 28 monarchie del mondo oggi,
solo in 11 le donne possono succedere al trono, e solo in 4 (Svezia,
Olanda, Norvegia, e Belgio) i diritti di successione delle figlie più
grandi hanno la precedenza su quelli dei loro fratelli più giovani.
In 50 Paesi oggi non ci sono donne ministro, ma 30 di questi ne hanno
avute in passato, quindi 20 non hanno mai avuto donne al governo.
|
Sullo sfondo di questi dati e dei
progressi compiuti sulla strada della parità tra donne e uomini, si
è svolta a Delhi una interessante discussione, poi riassunta in un
lungo comitato finale, su temi come la formazione delle donne in
politica, il finanziamento delle loro campagne elettorali, la gestione
dei mezzi di comunicazione, e l'istituzione di quote.
|
Quest'ultimo tema è stato forse
l'unico a dividere i partecipanti anche se la grande maggioranza si è
espressa a favore delle quote come male necessario da adottare su base
temporanea al fine di correggere l'attuale vistoso squilibrio tra
uomini e donne, per abolirlo una volta ottenuto l'effetto desiderato.
E' stata sottolineata la necessità di introdurre quote a tutti i
livelli in cui vengono prese decisioni di carattere politico, dai
partiti ai Parlamenti nazionali ai governi e alle amministrazioni. E'
emerso un chiaro consenso a favore delle quote riferite alle
candidature piuttosto che ai seggi in Parlamento, e a favore della
loro introduzione da parte dei partiti piuttosto che da parte del
Parlamento, anche se la legge ha il vantaggio di renderle vincolanti
per tutti i partiti.
|
Diversi delegati hanno sottolineato
l'esigenza di altri meccanismi quali la riserva di una certa
percentuale di seggi nelle istituzioni rappresentative locali e
nazionali, per compensare le minori opportunità delle donne di essere
elette. Decisamente contrari ai sistemi delle quote i delegati dei
Paesi est-europei, dove sotto il sistema comunista le quote venivano
utilizzate per garantire una partecipazione puramente formale delle
donne ai livelli meno elevati della attività politica. Contraria
anche la delegazione iraniana, di cui facevano parte tre deputate
vestite da suore ma col volto provocatoriamente scoperto: una di
queste, l'onorevole Sohila Jelodarzadeh mi ha detto che il sistema
delle quote rischia di portare alla politica donne non qualificate e
incompetenti, e che quindi preferiva la libera concorrenza fra uomini
e donne.
|
Più in generale è stato
sottolineato che la situazione migliorerebbe se il numeto delle donne
in Parlamento raggiungesse una certa soglia vicina al 30%, e per
avvicinarsi a tale obiettivo i partiti sono stati invitati a
presentare un numero sufficiente di candidate aventi reali possibilità
di essere elette, e a essere più ricettivi rispetto alle esigenze
delle donne.
|
Oggi solo sei Paesi - Argentina,
Belgio, Brasile, Corea del Nord, Nepal e Filippine - hanno leggi che
impongono una percentuale minima di donne in Parlamento. Nell'insieme
l'introduzione di quote per la partecipazione politica delle donne,
soprattutto nei sistemi dei partiti politici, in termini di adesione,
gerarchia e candidature, si è dimostrata in alcuni Paesi decisamente
utile. Numerosi delegati hanno menzionato la grande importanza
dell'istruzione e della formazione al fine di aiutare le donne a
superare la mancanza di fiducia in se stesse che troppo spesso le
rende riluttanti a entrare in politica.
|
La generale mancanza o scarsità di
finanziamenti per le campagne elettorali delle donne ha condotto ad
alcune raccomandazioni: i partiti politici dovrebbero presentare
almeno un terzo delle proprie risorse destinate alle campagne
elettorali, e in tutti i casi in cui è possibile il finanziamento
pubblico dei partiti devono essere adottati incentivi, cioè l'entità
del finanziamento o del rimborso deve essere legata alla percentuale
di donne candidate e/o elette in Parlamento.
|
Una particolare attenzione è stata
rivolta al ruolo dei media, riconosciuto finora passivo nel proiettare
le aspirazioni politiche e le preoccupazioni delle donne. Sono state
avanzate alcune proposte concrete: Parlamenti e partiti politici
dovrebbero organizzare sessioni di relazioni pubbliche sull'immagine
dei politici donne nei media; i giornalisti dovrebbero evitare, quando
si occupano di argomenti politici, di intervistare esclusivamente
uomini. E' stato anche proposto un premio annuale da assegnare a
quegli organi di stampa che dimostrino imparzialità nell'accordare
spazio a politici uomini e donne.
|
Ma al di là delle misure pratiche
è stato riconosciuto che per rimediare al deficit esistente è
necessario un profondo cambiamento della mentalità,è necessario un
nuovo contratto sociale in base al quale uomini e donne lavorino in
condizioni di uguaglianza e complementarità, arricchendosi
reciprocamente con le loro differenze. Lo squilibrio tra uomini e
donne in politica rimane innegabile, ma conferenza di Delhi è stata
un'eccezione: vi hanno partecipato 121 parlamentari uomini e 119
donne: sembra che mai prima una riunione internazionale abbia
raggiunto un simile livello di parità. Forse siamo sulla strada
buona.
|
Jas Gawronski
|