Stampa locale
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"Il
Lavoro" - 08/06/46 (giornale locale)
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LE
"CASALINGHE"
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Liberate le
madri dallo stato di servitù
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Di mia madre
ricordo il sorriso ed il duro lavoro. Si alzava all'alba ed accudiva i
quattro figli che poi divennero tre perché Fausto a cinque anni morì
di difterite. Poi andava a scuola, era insegnante nelle prime classi
elementari. Di corsa tornava a casa a cucinare, a lavorare, a fare tutte
le innumerevoli cose che una donna deve fare ogni giorno. Mia madre,
nella sua lunga vita, andò forse dieci volte al teatro, cinque volte al
cinema. Era molto stanca quando si approssimava alla morte, ma sapeva
ancora sorridere.
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Anche per
questa esperienza sofferta nella mia famiglia il posso affermare senza
tema di cadere nella retorica che innanzi tutto il problema delle donne
italiane è il problema di quelle donne che, quando si sposano, o quando
muoiono, vengono definite con una strana e cara parola: casalinghe.
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Quando l'uomo
ha terminato il suo lavoro - salvo eccezioni - può dedicarsi alla
politica al biliardo, alla lettura di un libro o al vino. Quando la
donna che lavora torna a casa, essa continua a lavorare, Con la
differenza che quello di prima poteva non essere lavoro, ma fatica,
quello di dopo è semplicemente un lavoro: affettuoso, gradito, magari
più duro, ma certamente compiuto con maggiore competenza, ed
attenzione.
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L'amore per la
famiglia diventa, più spesso di quanto non si chieda, una vera
ossessione per le "donne di casa". Assillate dai limiti del
povero bilancio familiare, incalzate dalla conoscenza dei bisogni dei
figli piccoli e dei figli più grandi, le donne di casa sono spinte a
chiudere i loro interessi nel piccolo e povero ambiente familiare:
cosicché a lungo andare se non impazziscono addirittura, assai spesso
si persuadono che, oltre quel limite, non ci sono nemici.
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Che cosa si può
fare per liberare le "casalinghe" dalla loro servitù? Non è
facile rispondere. La servitù della donna così detta regina della casa
corrisponde ad un tradizionale predominio del maschio, dovuto alle
debolezze di quest'ultimo: sarebbe un lungo discorso, che non è il caso
di affrontare in questa sede.
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Non basta
affermare che le donne, a parità di lavoro hanno diritto al medesimo
salario o stipendio degli uomini: perché se le donne trovano lavoro, ciò
quasi sempre è dovuto al fatto che esse sono pagate meno. Bisogna
persuadersi che soltanto una nuova, sia pure graduale, organizzazione
dei rapporti di produzione potrà sottrarre le donne alla loro evidente
inferiorità economica.
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Questa
inferiorità, è bene chiarirlo, esiste soltanto di fronte al compenso
del lavoro; mentre invece è certissimo, perché è evidente, che le
donne lavorano più degli uomini.
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Noi crediamo
che le fatiche delle casalinghe potranno essere alleviate attraverso una
migliore organizzazione aziendale e familiare. Noi crediamo che non sia
indispensabile cucinare in ogni casa due o tre volte al giorno: mense
collettive (che non siano le mense della fame attualmente esistono nelle
grandi città) saranno di grande aiuto alle famiglie, perché
libereranno le donne dalla necessità di ripetere in ogni casa un lavoro
che, fatto, per molte famiglie, prò impegnare minor personale con un
migliore rendimento.
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Ma soprattutto
è necessario che un più alto tenore di vita sia consentito a tutti
coloro che lavorano: così che ad esempio, gli aspirapolvere, il
riscaldamento centrale, i frigoriferi ecc. non siano più monopolio di
poche famiglie ricche, ma siano messi alla portata di ogni famiglia.
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Contemporaneamente
la assistenza ai bambini deve essere perfezionata, in modo da non essere
più nell'atmosfera della beneficenza più o meno autentica garanzia
alle madri di non trasgredire ai loro doveri affidando, sia pure per
poche ore, i loro piccoli figli agli organismi destinati ad alleviare,
almeno in parte, le loro troppo gravose responsabilità.
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Io credo che
nell'Italia nuova che sorgerà a poco a poco dalla Costituente, solo
agendo in tal senso si potrà contribuire al miglioramento dei rapporti
familiari, sinora enormemente danneggiati dai difettosi rapporti tra i
due sessi, che si risolvono in definitiva a danno dei genitori dei
figli.
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