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LA STORIA
L'ULTIMA RESISTENZA DEI NEZ PERCES
Scese
la sera, e i combattimenti diminuirono d’intensità. Calò
l’oscurità, e la fucileria cessò quasi del tutto. Solo qualche
colpo isolato. Mi avviai al nostro campo, procedendo senza fretta.
Soldati essi di sentinella, seduti, a due a due. Soldati
tutt’attorno al campo, in modo che nessuno potesse uscirne. Lungo
tempo stretti a osservare. Nevicava. Il vento era freddo! Nudo e
pronto per la battaglia, non avevo coperte. Mi distesi a terra e mi
avvicinai strisciando alla linea delle sentinelle.
Era passata la metà della notte quando scivolai fra queste
sentinelle. Ora ero nuovamente nel recinto del campo. Per prima cosa
andai a bere un po’ d’acqua. Non volli cibo.
Sulle rocce, gli indiani stavano scavando buche coi coltelli.
Alcuni di loro avevano di quei coltelli a larga lama (baionetta)
catturati ai soldati al Grande Buco. Giù, al campo principale, le
donne stavano scavando trincee coi “rampini da Camas” (uno
strumento usato per scavare i tubi delle camas). Tutto questo in vista
della giornata seguente.
Trincee per i vecchi, le donne, i bambini.
Buche per i guerrieri, i combattenti.
Avete visto qualche volta la grandine abbattere l’erba: così
furono abbattuti gli indiani dalla grandine delle palle. La maggior
parte dei pochi guerrieri sopravvissuti allo scontro di Grande Buco,
erano stati spazzati via come le foglie dalla tempesta. Capo Ollokot,
Uccello Solitario ed Alce Magra erano morti.
Fuori del campo avevo visto uomini uccisi. Soldati dieci,
indiani dieci. Questo non era tanto male. Ma adesso, quando vidi
cadere i nostri ultimi guerrieri, il mio cuore si strinse, divenne
pesante. Pure i guerrieri e i non combattenti uccisi non erano ancora
tutto. Guardai in giro.
Alcuni seppellivano i loro morti.
Un giovane guerriero ferito giaceva su una pelle di bufalo e
moriva senza un lamento. Bambini piangevano per il freddo. Niente
fuoco. Non poteva esserci nessuna luce. Dappertutto il pianto. Il
lamento funebre.
Il mio cuore divenne fuoco. Mi unii ai guerrieri che scavavano
buche. Tutta la notte lavorammo. Poco prima dell’alba, andai giù
tra le trincee. Guardai attorno. Bambini non più piangenti. Nelle
profonde trincee dormivano. Avvolta in una coperta, una forma immobile
giaceva sulla pelle di bufalo. Il giovane guerriero era morto. Tornai
alla mia buca, il sangue caldo di guerra! Non sentivo il freddo.
Venne il mattino e il combattimento fu ripreso. Palle da ogni
parte! Un grande fucile lanciava proiettili esplosivi. Dalle buche, i
guerrieri rispondevano colpo su colpo. Selvaggio e violento, il freddo
vento era spesso di neve. L’aria si riempì di polvere. Lampi di
fucili dappertutto. Il sole nascosto salì in alto, ma la guerra non
diminuì.
Sentivo prossima la fine. Tutto quello per cui avevamo
sofferto, perduto!
Vennero ricordi della terra del Wallowa, dov’ero cresciuto.
Del mio paese, quando c’erano solo gli indiani. Dei teppe, lungo il
fiume sinuoso. Del lago azzurro e chiaro, delle vaste praterie con le
mandrie di cavalli e buoi. Dalle foreste sui monti, sembrava che voci
chiamassero. Mi pareva di sognare, di non essere più io.
Il combattimento s’inasprì. Più alto si fece il fragore
della fucileria. Mi sollevai e guardai in giro. Ogni cosa era contro
di noi. Nessuna speranza! Solo schiavitù o morte! Qualcosa urlò al
mio orecchio. Una vampata mi accecò. Mi parve di bruciare!poi col
fucile in mano avanzai, dicendo al mio cuore: “Qui voglio morire,
combattendo per il mio popolo e le nostre case!”
TITOLO: Sul sentiero di guerra
AUTORE: Hamilton Charles
DATA EDIZIONE: 1977
CASA EDITRICE: Feltrinelli Economica
LUOGO: Milano
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