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Il Presidente Andrew Jackson  espresse il suo pensiero a favore dell’allontanamento

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«La condizione e il destino ultimo delle tribù indiane all’interno di alcuni dei nostri Stati sono diventati oggetto di molta importanza e interesse. Da lungo tempo la politica del Governo è stata quella di introdurre tra loro le arti della civilizzazione, nella speranza di riscattarli gradualmente della vita nomade. Questa politica, comunque, è stata affiancata da un’ altra completamente incompatibile con la sua riuscita. Professando il desiderio di civilizzarli e di renderli stabili, non abbiamo perso Occasione, allo stesso tempo, per acquisire le loro terre e spingerli sempre più nei territori incolti. In tal modo essi non solo sono stati mantenuti in uno stato nomade, ma sono stati portati a considerarci come ingiusti e indifferenti alloro destino. Quindi, sebbene munifico nelle sue spese relative a tale argomento, il Governo ha costantemente vanificato la sua stessa politica, e gli indiani in generale. retrocedendo sempre più verso Occidente, hanno mantenuto i loro selvaggi costumi. Tuttavia, una parte delle tribù del Sud, essendosi meglio amalgamata con i bianchi e avendo effettuato alcuni progressi nelle arti della vita civilizzata, ha tentato ultimamente di costituire un governo indipendente all’interno dei confini della Georgia e dell’Alabama. Questi Stati, rivendicando di essere i soli sovrani entro i loro territori, hanno esteso le proprie leggi agli indiani, inducendo questi ultimi a invocare la protezione degli Stati Uniti. In queste circostanze il quesito presentato è se il Governo Generale abbia diritto di sostenere questo popolo nelle sue pretese. La Costituzione dichiara che “nessun nuovo Stato può essere fondato o costituito entro la giurisdizione di un altro Stato” senza il consenso della sua legislazione. Se al Governo Generale non è permesso tollerare la costituzione di uno Stato confederato all’interno del territorio di uno dei suoi membri senza il di lui consenso, molto meno esso può permettere a un governo estero e indipendente di stabilirsi in tal luogo. La Georgia divenne membro della Confederazione, ed entrò nella nostra Unione Federale come Stato sovrano, rivendicando sempre il suo diritto a determinati confini, dei quali essa ha da allora continuato a godere, essendo stati originariamente definiti dalla carta coloniale e successivamente riconosciuti nel trattato di pace, eccetto le parti del suo territorio volontariamente trasferite all’Unione nella dichiarazione di cessione deI 1802. L’Alabama è stato ammesso nell’Unione sulla stessa base degli Stati originari, con i confini che furono prescritti dal Congresso. Non esiste alcuna norma costituzionale, formale o legale, che all’interno dei loro confini conceda loro un potere minore sugli indiani di quanto non ne possiedano il Maine o New York. La gente del Maine permetterebbe alla tribù Penobscot di costituire un governo indipendente all’interno del proprio Stato? La gente di New York permetterebbe all’interno dei propri confini che i resti delle Sei Nazioni si dichiarassero popolo indipendente sotto la protezione degli Stati Uniti? Gli indiani possono fondare una repubblica separata in ognuna delle riserve dell’Ohio? E qualora fossero disposti a ciò, sarebbe tenuto questo Governo a proteggerli nel loro tentativo? Se il principio implicito nell’ovvia risposta a queste domande fosse abbandonato, ne seguirebbe che gli obiettivi di questo Governo sono ribaltati, e che è divenuto parte del suo dovere aiutare a distruggere gli Stati per la cui protezione è stato costituito. Motivato da questo parere sull’argomento, ho informato gli indiani abitanti nelle zone della Georgia e dell’Alahama che il loro tentativo di costituire un governo indipendente non potrebbe essere tollerato dall’Esecutivo degli Stati Uniti, e ho consigliato loro di emigrare oltre il Mississippi o sottomettersi alle leggi di quegli Stati. La nostra condotta verso queste popolazioni ha un profondo interesse per la nostra reputazione nazionale. La loro condizione presente, paragonata a quello che erano una volta, è un più che potente appello alle nostre simpatie. I nostri antenati li trovarono possessori incontrastati di queste vaste regioni. Grazie alla persuasione e alla forza essi sono stati fatti retrocedere di fiume in fiume di montagna in montagna, fino a che alcune delle tribù si sono estinte e altre non hanno lasciato che resti a preservare nomi una volta terribili. Sconfitti dai bianchi con le loro arti della civilizzazione, i quali distruggendo le risorse del selvaggio lo condannano alla debolezza e alla decadenza, il destino dei Mohegan dei Narragansett e dei Delaware sta rapidamente raggiungendo quello dei Choctaw, dei Cherokee e dei Creek. Non si ammette dubbio che tale destino li attenda sicuramente se essi rimangano all’interno dei confini degli Stati. L'umanità e l’onore nazionale richiedono che ogni sforzo sia fatto per evitare una calamità così immensa. E' troppo tardi per indagare se fu giusto per gli Stati Uniti includere loro e il loro territorio entro i confini dei nuovi Stati, i cui confini essi possono controllare. Questo passo non può essere revocato. Uno Stato non può essere smembrato dal Congresso né essere limitato nell’esercizio del suo potere costituzionale. Ma la popolazione di questi Stati e di ogni Stato, mossa da sentimenti di giustizia e dalla considerazione per il nostro onore nazionale, vi sottopone l'interessante domanda se qualcosa possa essere fatto, compatibilmente con i diritti degli Stati, per preservare questa razza tanto danneggiata. Come mezzo per ottenere tale fine, suggerisco alla vostra riflessione l’opportunità di serbare un ampio distretto a occidente del Mississippi, e al di fuori di ogni confine degli Stati o Territori finora costituiti, da assegnare alle tribù indiane fino quando esse lo occuperanno, ogni tribù avendo un distinto controllo sulla parte designata per il proprio uso. Qui essi potranno essere sicuri di godere dei governi di loro scelta, soggetti a nessun altro controllo da parte degli Stati Uniti se non quello che possa essere necessario per mantenere la pace alla frontiera e fra le diverse tribù. Qui il bene intenzionato può tentare di insegnargli le arti della civilizzazione, e, promovendo l’unione e l’armonia tra di loro, creare un interessante comunità, destinata a perpetuare la razza e attestare l’umanità e la giustizia di questo Governo. Questa emigrazione deve essere volontaria, perché sarebbe crudele quanto ingiusto obbligare gli aborigeni ad abbandonare le tombe dei loro padri e andare in cerca di una casa in una terra lontana. Ma essi devono essere chiaramente informati che se rimangono nei confini degli Stati devono essere soggetti alle loro leggi. In cambio della loro obbedienza come individui saranno senza dubbio protetti nel godimento di quei possedimenti che essi hanno aumentato grazie alla loro industriosità. Ma mi sembra visionario supporre che in questo stato di cose possano essere permesse rivendicazioni su spazi del paese sui quali essi non hanno dimorato né promosso miglioramenti, solamente perché essi li hanno visti da una montagna o percorsi durante una caccia. Sottomettendosi alle leggi degli Stati, e ricevendo, come gli altri cittadini, protezione per le loro persone e proprietà, essi si fonderanno in breve tempo con la massa della popolazione».

FONTE: Raffaele D'Aniello
             Dizionario degli indiani d'America
             Grandi Manuali Newton & Compton
             Roma, 1999