Ancora guerra


Apparendo a una generazione fortunata. Ho visto la guerra al cinema; l' ho vista nelle foto ingiallite, nascoste nel comò di casa: mio padre militare e le macerie di interi paesi sulla linea del Sangro, rasi al suolo. 
A Mostrar, nel cuore della Bosnia Erzegovina, ho visto tutto dal vivo. 
Ho visto una cittā fantasma, un cumulo di macerie. Per le strade deserte, un vento gelido schiaffeggia ruderi e infissi divelti. E' pericoloso. 
Soldati in pattuglia si scaldano attorno a microscopici fuochi: devono durare a lungo.
La tragedia a Mostrar è iniziata il 2 aprile 1992.
Fino a quel giorno la città viveva un armonia conquistata con secoli di convivenza tra Musulmani, Croati e Serbi-Bosniaci.
Le moschee si alternavano alle chiese. I centri culturali di ogni etnia erano ricchezze e civiltà di tutti, un patrimonio comune.
Tre mesi di bombardamento a tappeto hanno distrutto tutto. La popolazione, uscita dai rifugi, ha trovato un città irriconoscibile. Ancora oggi, quasi tutti le notti le artiglierie pesanti piazzate alle pendici della splendida catena montuosa, innevata che avvolge la città, continuano a bombardare per scoraggiare la ripresa di qualsiasi attività.
Dalle 20 alle 8 otto del mattino bige il coprifuoco.
La città è ferma. Dei 120 mila abitanti ne sono rimasti 80 mila, gli altri sono riusciti ad andare via, in luoghi lontani dal conflitto.
Il 70 % della popolazione non dispone di mezzi propri per vivere in modo auto sufficiente; tutte le attività di servizio sono ferme. Di 50 mila lavoratori solo il 50 % lavora, ma senza ricevere stipendio: le industrie sono prima saccheggiate poi bombardate. Tutte le scuole sono distrutte, librerie e biblioteca sono ridotte in cenere. Tra le macerie, mi è capitato di trovare una custodia di violino, uno spartito, un libretto di studi con ottimi voti: forse é stato stroncato il sogno di un futuro artista. 
La guerra è atroce, colpisce i luoghi della cultura, delle tradizioni, della storia calpestando tutto quello che incontra. La vita di ogni giorno è stata cancellata: i grandi magazzini sono bruciati e accartocciati dalle fiamme, i mercatini caratteristici sono deserti (nessuno vende, nessuno acquista). Tutti imbracciano un fucile.
Un bambino gioca alla guerra, ha un fucile finto tra le mani e indossa una tuta mimetica.