Una mamma
Il primo ricordo che, come mamma, ho della scuola elementare di Cantarana,
risale al giugno del '92 : la festa di accoglienza per i nuovi iscritti in
prima che, la sera, sul piazzale del Comune, fu allestita dai bambini della
quinta uscente. Ci furono canti e danze e Marta, per la
prima
volta, fu chiamata ad unirsi a loro. Era piccola e fu con un onda di commozione
forse un po' retorica ma certamente genuina che la vidi allontanarsi ed entrare
a far parte di quel gruppo di bambini ridenti e già grandi. Era l'inizio
della scuola, un nuovo mondo da affrontare, da capire, con cui misurarsi,
e immaginavo che fosse un po' spaventata, magari a disagio, mentre sentivo
che per lei, ma anche per me, si apriva un nuovo mondo, una strada lunga
che l'avrebbe portata, attraverso l'infanzia, verso l'adolescenza e poi la
giovinezza.
Pensai però anche che si trattava di un inizio gioioso, allegro,
promettente.
Ecco, devo dire che la scuola di Cantarana ha mantenuto quelle promesse.
Marta ha trovato un ambiente complessivamente sereno, maestre attente ai
suoi bisogni e convinte che educare non voglia dire soltanto mandare a mente
nozioni o informazioni ma anche imparare a pensare, a porsi domande, a ragionare
con la propria testa e ha incontrato compagni simpatici con cui la relazione
è stata facilitata dall'essere pochi in classe e dal poter così
avere il modo e il tempo per confrontarsi e per collaborare.
Sono volati questi anni e ora che mia figlia affronta le scuole medie, dai
suoi risultati in un ambiente così diverso e certamente più
complesso, ho modo di verificare come la sua preparazione, ma anche la sua
crescita umana, siano state seguite con attenzione e le consentano perciò
di affrontare la nuova esperienza con un bagaglio solido, che le dà
sicurezza.
Forse la scuola chiuderà; pare che sia un residuo di altri tempi,
che il bilancio dello stato non possa consentire la sua sopravvivenza, che
il futuro sia fatto di grandi complessi scolastici polivalenti con una dotazione
di strutture e di risorse certamente superiori a quelle che una piccola scuola
di campagna potrebbe offrire e che quindi se ne gioverà la preparazione
dei ragazzi. Sarà vero.
Io continuo a pensare, però, che "piccolo sia bello", che la scuola
di Cantarana non fosse importante solo per la vita del paese (perché
la vita del paese sono anche i legami che le giovani generazioni mantengono
col suo territorio, i vincoli di ricordi e di esperienze che su quel territorio
vivono, le occasioni di crescita e di incontro che quel territorio offre
loro) ma che costituisse anche un modello possibile di scuola : un luogo
raccolto, a misura di bambino, facilmente personalizzabile, umano.
Ecco, io doterei le piccole scuole di risorse, di tecnologie, ne incentiverei
la permanenza, favorirei in tutti i modi la loro vita, se ne avessi il potere,
piuttosto che percorrere la direzione opposta.
E il bilancio dello Stato ? Non lo so, io credo che esistano, per gli Stati
come per le persone, degli ordini di priorità e credo che tra queste
l'educazione dei bambini venga prima di molte altre cose, perché,
anche se la frase può sembrare retorica, i nostri figli sono il futuro,
e io vorrei tanto che fosse migliore di questo nostro presente.
(Patrizia Vayola)