Le testimonianze dei nonni
Mia nonna Luigia è nata l'11 novembre del 1922, al Torrazzo a casa
Ramello. Sua mamma Francesca aveva avuto due figli: mia nonna e Felicina.
Aveva molti terreni e una vigna, a cui ogni anno ne togliamo un pezzettino,
per non lavorare troppo.
Mia nonna ha frequentato le scuole elementari; per andare a scuola camminava
mezz'ora, a volte nel fango, nell'acqua e nella neve.
Le persone non erano libere come adesso, non potevi neanche dire quello che
pensavi chè i fascistinte lo impedivano.
Mio nonno nel 1926 incominciò a frequentare la scuola elementare. Lui ha fatto solo la prima. Con la maestra non aveva un buon rapporto perchè era uno scolaro un po' vivace e lei lo picchiava con la bacchetta di legno. Ogni tanto lo faceva inginocchiare sui gusci delle nocciole. I voti erano così così.
Mia nonna a volte mi racconta episodi della sua infanzia e mi dice che ai
suoi tempi la vita non era facile come ai giorni nostri; non avevano giocattoli
e anche i bambini, finita la scuola, dovevano lavorare.
D'inverno, tornando da scuola, andavano a pattinare sui laghetti ghiacciati
e se i loro genitori se ne accorgevano, li castigavano perchè gli
zoccoli si rovinavano.
La nonna racconta che dalla primavera all'autunno toccava a lei portare le
mucche al pascolo ed i suoi genitori, siccome tornava nel tardo pomeriggio,
le davano appresso la merenda: un pezzo di pane e un grappolo d'uva.
Mio nonno dice che una volta i ragazzi non avevano nè vestiti nè scarpe. Alla mattina, per andare a messa, qualcuno indossava il grembiule nero della scuola. I ragazzi si scambiavano gli zoccoli. Mentre un fratello andava a messa gli altri tre stavano a casa. Tutti i fratelli non potevano andare a messa alla stessa ora, perchè dovevano passarsi gli zoccoli l'un l'altro.
La mia nonna mi ha raccontato che quando c'era la guerra lei aveva circa
dieci anni; si ricorda che per andare a scuola doveva sempre passare tra
vigneti e boschi, perchè le strade erano pericolose: potevano essere
bombardate in qualsiasi momento.
Si ricorda che a casa stavano solo le donne, i vecchi e i bambini; gli uomini
giovani o erano in guerra, oppure erano in giro per i boschi e facevano i
partigiani. Le donne a casa lavoravano la terra o la vigna, aiutate dai vecchi;
i bambini aiutavano anche loro, dopo aver fatto i compiti portavano al pascolo
le mucche o le capre.
Le bimbe si chiamavano "Piccole italiane", invece i ragazzi si chiamavano
"Balilla". Imparavano a voler bene e rispettare il Duce Benito Mussolini.
A scuola le maestre erano molto severe e tutti, ragazzi e ragazze, portavano
una divisa.
Raccontano i signori Pollone Ernesto e Pollone Michele:
Al mattino, da colazione, mangiavamo polenta. Venivamo a scuola a piedi,
con gli zoccoli; durante la brutta stagione, lr strade erano fangose e noi
arrivavamo a scuola con i piedi bagnati.
Si veniva a scuola mattino e pomeriggio, allora andavamo a mangiare in una
stalla vicino alla scuola; mangiavamo quasi sempre pane e noci.
La maestra usava la bacchetta, i bambini più indisciplinati venivano
messi nel banco degli asini oppure chiusi in cantina.
A Cantarana c'erano solo le classi fino alla terza; chi voleva continuare
doveva andare a Villafranca
Racconta il signor Giancarlo Daroda:
L'attuale edificio scolastico è in funzione dal 1984; una volta era
situata in locali oggi utilizzati dal comune. Le stanze erano ampie e alte,
con il soffitto a arco. Erano riscaldate da una stufa a legna o carbone.
A volte una classe veniva utilizzata per gruppi molto numerosi, per esempio
una prima e una seconda insieme con più di cinquanta persone, sei-sette
per banco quando i banchi potevano contenerne al massimo quattro.
I servizi igienici non c'erano all'interno della scuola; c'era un piccolo
gabinetto nel cortile che esiste ancora oggi; l'acqua corrente non c'era
a scuola, come non c'era in nessuna cas di quel tempo, i bambini andavano
a bere fuori alla fontana.
Consultando l'archivio comunale ho scoperto che l'edificio era stato costruito
nel 1861 dall'impresa Volpiano di Valfenere per il costo complessivo di lire
14.976.