INDICE
1.
UNA POESIA PER
COMINCIARE
2.
VECCHIONI E
PESSOA
3.
CHI SCRIVE
LETTERE D'AMORE E' RIDICOLO?
4. ANALIZZIAMO
LETTERE D'AMORE
5. ANTOLOGIA
AMOROSA
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ANTOLOGIA AMOROSA
Giosuè Carducci
a Carolina Cristofori Piva (Lidia)
Bologna, 17
agosto 1876
Mio amore,
Che vuoi ch'io ti dica? Le tue lettere mi commuovono,
m'inteneriscono, mi ricordano tante e tante dolci cose, e tanto
amore lacrimato, gioito, fatto con tanta verità, che io ho
vergogna e dispetto di trattarti alle volte cosí male, e ne
voglio male a me stesso. Ma d'altra parte grandi ombre nere
sorgono e s'interpongono fra l'amor mio e la verità. Tu hai
troppi segreti, troppi intrighi, troppi sottintesi. Ma lasciamo
di ciò. Lasciamo: tanto... Se bene sarebbe meglio parlarne. Oh,
se tu fossi piú intera, piú schietta, piú una! Se tu volessi e
potessi sacrificare un po' della tua civetteria, della tua
leggerezza crudele, della tua fantasia egoistica per cui intendi
a piacere soltanto, a chiunque siasi, in qualunque modo; se tu
potessi o volessi sacrificare queste tendenze della tua natura
ferocemente feminea all'amor vero, alla vera passione, che tu
non conosci altro che a momenti; le cose andrebbero meglio.
Ma... ma bisogna rassegnarsi, finché potremo rassegnarci.
Vedi: in questi ultimi giorni, io mi sono accorto di tre o
quattro cose passabilmente oscure o misteriose o incerte o
involute. E tu hai la superba e candida pretesa, che un uomo
come me, il quale ebbe dalla natura il triste privilegio di una
perspicacia sicura a diffidare e conoscere il male; tu hai,
dico, la superba e candida pretesa che io mi stia a' tuoi piedi
tutto credulo e contento alle parole che dici. Tu credi che le
parole, quando escono dalla bocca tua e perché escono dalla
bocca tua debbano sonar per me verità. Ah, dolce amica! Io sono
uno strano uomo: il cuor mio arde e ama sempre; il mio cervello
è gelido e diffida e ride sempre. Come accozzare i due contrari?
Tanto piú che la mia ragione è fieramente ammaestrata e maestra
nella scherma nel dare e riparare i colpi dell'odio, del dubbio,
della diffidenza, del disprezzo? Meglio sarebbe, amor mio,
abbracciarci e carezzarci, quando possiamo; e poi, del resto,
non vederci; non parlarci, non discuter mai, l'un con l'altro.
Io e tu non possiamo stare insieme due giorni senza contendere;
non possiamo scriverci due lettere, che una punta d'ironia, o di
diffidenza, o d'odio, o d'insulto non ci traspaia. Ah, no! non
c'intendiamo. Guardino gli iddii che fossimo marito e moglie,
come tu ne' tuoi slanci lirici vorresti. Finirebbe alla corte di
assise. Basta, amor mio, quel troppo che mi hai fatto soffrire
come amante. Con ciò, non disconosco quel molto di bello e di
buono e di tenero e di sublime che è in te. Ma in te anche
predomina la fantasia sul cuore e la ragione. Tu veramente non
hai cuore. Tu ami solamente con l'imaginazione. Quindi ogni tuo
difetto. E bada che l'imaginazione sola nell'amore o nel
desiderio di piacere conduce alla corruzione, alla depravazione,
all'abominio. Tu di queste cose sostieni di non capir nulla, ma
ne sai, viceversa, piú di me. Credi, amica mia, che, dopo
quattro anni, le frasi non mi convincono piú; amerei i fatti.
I fatti? i fatti? tu dici. Ma che non ho fatto per te?
Rimproveri e rimpianti inutili. Tu non vuoi metter giudizio: tu
sei e sarai sempre cosí: l'intrigo, la falsità, e la gran
vernice ideale e sentimentale e superba, è il tuo destino.
Povera donna! sciagurata e deplorabile donna! Non si può barare
col destino e con gli iddii. Tu sei cosí. Tu sei la falsità
ideale, la menzogna sentimentale, l'equivoco romantico, la viltà
eroica, la cabala, l'imbroglio armonizzato in un'arietta
classica. Addio, mia cara. Ti sentiresti proprio di rispondere
con fatti a certe opposizioni che potrei moverti? con fatti,
bada, non con parole. Di queste ne ho avute tante da quattro
anni, e tutte sono state contraddette, invalidate, provate false
da altre parole; che io per me rinunzio ad averne di nuove.
Ti saluto e ti abbraccio, perché ti amo. E darei non so che,
perché si potesse mutare in te la natura e tu potessi risolverti
a essere schietta, vera, una. Tu non sai, e non puoi concepire,
quanto l'uomo cresce a essere schietto e vero, anche contro di
sé; e come è debole, vile, spregevole la creatura falsa,
riconosciuta falsa, e che si ostina a esser falsa.
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