INDICE
1.
UNA POESIA PER
COMINCIARE
2.
VECCHIONI E
PESSOA
3.
CHI SCRIVE
LETTERE D'AMORE E' RIDICOLO?
4. ANALIZZIAMO
LETTERE D'AMORE
5. ANTOLOGIA
AMOROSA
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ANTOLOGIA AMOROSA
Gabriele
D'Annunzio a Elvira Natalia Fraternali Leoni (Barbara)
Roma, 31
luglio '87
Il mio
dolore è cosí grande che da ieri io vivo quasi incosciente delle
cose della vita, chiuso in me, col pensiero, col desiderio acuto
e incessante del tuo amore.
Quando io ti lasciai jeri, mi si velarono gli occhi. Mi parve
d'esser per cadere. L'angoscia mia cresceva ogni ora piú. Andavo
per le vie, mentre la sera scendeva, portando miseramente la mia
gran tristezza in mezzo alla gente. Mi avvicinai due o tre volte
alla tua casa. Mi si affacciavano alla mente i pensieri piú
strani e i propositi piú folli. Verso le dieci incontrai gli
amici che mi trassero con loro, al solito luogo, da Morteo, dove
ti ho veduta per tante sere e dove ho bevuto l'amore dai tuoi
occhi lungamente. Avevo la gola cosí serrata e cosí riarsa che
non m'era possibile profferire una sola parola. Quegli ultimi
trentacinque minuti, prima dell'ora precisa della tua partenza,
furono atroci. Io non ti so dire come soffrivo, Barbara.
Tu partivi, tu partivi, senza ch'io ti potessi vedere, coprirti
di baci la faccia, ripeterti ancora un'ultima volta con la voce
soffocata: «Ricordati! Ricordati! ».
[..]
Oh amica mia, tu dovresti amarmi sempre sempre e con infinita
tenerezza, soltanto per ricompensarmi di quei momenti supremi di
spasimo non mai provati!
Rientrai a casa, come pazzo. Ti vedevo, ti vedevo chiaramente,
nel vagone, seduta, alla luce della lampada, tutta triste, fra
il romore monotono del treno che fuggiva. Sentii suonare tutte
le ore, all'orologio della Trinità dei Monti. Ti seguii, nel
viaggio, con tale intensità di pensiero e di morte e di angoscia
che tu certamente avrai dovuto provare nel fondo dell'anima tua
un turbamento misterioso. Non ho mai chiuso gli occhi. Mi son
alzato stamani e, dopo molti e terribili sforzi di volontà, mi
son messo a scrivere l'articolo che ti avevo detto. Scrivevo,
invece d'una prosa per un giornale, una lettera di passione! Ho
strappato i fogli; e poi ho scritta meccanicamente una cosa
volgare. Non la leggere.
Leggimi invece nel pensiero. Io mai mai t'ho amata come ora e
mai ho amata cosí nessun'altra donna, mai, mai. Tutta Roma oggi
mi par vuota, deserta, maliconica come un cimitero. Sono qui, a
casa, da molte ore; rimarrò qui tutta la sera, tutta la notte,
con te, con l'imagine tua, con i ricordi, e con i dubbi tremendi
da cui dispero di guarire, e con le lacrime.
Tu che fai? Tu che pensi? Tu dove sei? Tu sei lontana, fra la
gente che ti ammira e ti circonda, innanzi al mare, e forse tu
sei già serena e forse hai già riacquistato il sorriso, quel
sorriso che io amo e che io veggo raggiarmi nello spirito
inestinguibilmente.
Addio, addio. Amami, amami. Tutti i moti dell'animo tuo, tutti
tutti i tuoi pensieri e i sogni sieno per me, tutti tutti tutti.
Non ti scrivo piú oltre. Io non so quel che ti dico. È quasi
sera, la stanza è piena d'ombra, la casa è silenziosa. Un'onda
di amarezza mi sale dal profondo cuore. Darei non so che cosa
per perdere la coscienza dell'essere, per non sentire, per non
pensare, per non soffrire cosí. È troppo, amica mia.
Che fai? Che fai in questo momento? Che fai? Per saperlo, darei
la metà del mio sangue.
RICORDATI! Addio, addio.
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