INDICE
1.
UNA POESIA PER
COMINCIARE
2.
VECCHIONI E
PESSOA
3.
CHI SCRIVE
LETTERE D'AMORE E' RIDICOLO?
4. ANALIZZIAMO
LETTERE D'AMORE
5. ANTOLOGIA
AMOROSA
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ANTOLOGIA AMOROSA
Ippolito Nievo
a Matilde Ferrari
26 febbraio
1850
Matilde, io
le aveva scritto un'altra volta; le aveva scritto a lungo,
perché sperava ch'ella avrebbe avuto compassione se non di me,
almeno del mio povero Attilio; Dio non ha esaudito i miei voti,
e Dio solo ne sa il perché. Ma la speranza io l'ho ancora: la
speranza non mi abbandonerà giammai, fino a che un soffio di
vita riscalderà le mie vene. Oh non v'ha bisogno, Matilde, di
scrivere ch'io l'amo! S'ella sapesse quante volte questa parola
io l'ho proferita! L'ho proferita sfiduciato di tutto e fin di
me stesso; l'ho proferita nell'ebbrezza dell'estasi, e
nell'orrore della sciagura, nelle veglie e nei sogni, nelle
allegrezze, negli stenti! Il suo nome è stato il mio angelo, e
l'amore la sola mia vita: senza di lei cos'era per me il futuro?
Era un deserto... era un inferno..., e quel deserto,
quell'inferno mi spaventavano assai piú della morte. Io sono
stato otto mesi lontano da lei; sono stato otto mesi p senza
vederla! ... Senza vederla? No; non è vero! Io la vedeva sempre,
io la vedeva davanti agli occhi miei, come un'aurora di pace; ma
quell'aurora era un fantasma, e quando io desioso stendeva le
mani per abbracciarla, quel fantasma fuggiva, fuggivano con esso
le piú soavi illusioni dell'anima mia ed io restava solo, senza
presente, senza avvenire, abbandonato da tutti.
Ma finalmente io son tornato! Son tornato in questa cara
Lombardia, cara perché è il paese di Matilde! Oh come esprimere
i sentimenti che mi balzarono in cuore nell'appressarmi a questa
terra beata? Oh lo confesso, Matilde, e, quasi mi vergogno nel
dirlo, non era per riveder mio padre, non era per riabbracciare
mia Mamma che palpitava il mio cuore, v'era un'altra cagione a'
suoi palpiti, piú potente ancora, e santa al pari dell'amor
figliale! Una cagione misteriosa e segreta, una cagione veemente
e pura, che aveva nome l'Amore.
Lascia ch'io mi ricordi sempre del primo istante che ti rividi!
Lascia ch'io pensi sempre a quel momento divino in cui l'Occhio
affaticato e piangente si riposò felice sulla tua fronte! Non è
vero che il tempo fugge per non tornar piú indietro: quel
momento io io lo tengo sempre nel mio cuore, la memoria di quel
momento mi farà sempre beato, e la memoria vive con noi, e ci
accompagna al di là del sepolcro.
Matilde! Matilde! Io l'amo come si può amare una donna! Io l'amo
col trasporto della passione, coll'immensità dell'estasi! Ch'io
la veda un'ora sola, ch'io le parli un solo minuto, e piú non
chiedo a Dio perché quello è il mio Paradiso. Il mio amore è
grande! Grande come il mio pensiero, esso diverrà eterno sol
ch'ella lo voglia. Cosa posso dirle di piú! Nulla! nulla...
perché la favella degli uomini non può esprimere i sensi
infiniti d'un'anima.
L'uomo che non ama è come un viandante smarrito in questa valle
di lagrime; ogni sventura lo opprime, ogni pericolo lo
atterrisce, ma quando egli sente un'anima che risponde ai gemiti
del suo cuore, quando egli trova un seno in cui versare la piena
de' suoi affanni, allora egli è forte, allora egli cammina con
passo sicuro, e non teme di sfidar il destino! Trovare, o
Matilde, un'anima pura come la sua, ravvisare in lei lo specchio
delle immagini piú caste, dei pensieri piú angelici e soavi,
confidarsi in lei colla cieca fiducia della passione,
raccogliere i suoi sospiri, sentirsi sulla guancia il profumo
virginale del suo fiato, oh non è questo il Paradiso per l'uomo?
Oh quanto erano felici per me quei giorni di quiete e d'amore,
in cui lo spirito nella vastità delle campagne s'inebbriava di
sogni, e beveva a sorsi, a sorsi il calice della felicità! Le
ore ch'io passava vicino all'amor mio erano ore celesti, il
resto della giornata non era che un eco indistinto, una
reminiscenza di quelle ore beate! Se una parola usciva dalle mie
labbra, era per parlare di Matilde; se un canto, una melodia
sfuggiva alla mia penna, era per rammentare Matilde!
[..]
O amore! amore, vita della vita, anima dell'anima, quando verrà,
o Matilde, il giorno ch'io sarò certo dell'amor suo? Dio voglia,
ch'egli sia vicino, e ch'io possa dirle: Ecco i nostri destini
uniti per sempre! Sí, per sempre; perché una promessa uscita dal
mio labbro sarà mantenuta anche a prezzo di tutto il sangue,
perché il mio amore è santo e leale!
Quando l'anima va spaziando leggiera e contenta nell'ideale
delle sue speranze, quando ella ama nel silenzio e nel
raccoglimento, il balsamo della felicità si spande come per
incanto sulla sua esistenza, ed ogni anelito del cuore è
interprete allo spirito d'una voluttà di delizie. Fino dal primo
giorno ch'io la vidi, o Matilde, un sentimento indefinito
penetrò nella tranquillità de' miei affetti: conobbi
allora che il mio avvenire era deciso, e sentii la vita che
prima mi pesava come una noja, alleggerirsi e volare nei vortici
del pensiero come l'ala d'un angelo. Il mio spirito s'era
ingrandito: egli abbracciava tutto l'universo perché abbracciava
l'amore.
Matilde! Matilde! È la prima volta ch'io amo! ... Deh, lascia
ch'io t'ami sempre! ... Deh non distruggere questa speranza
divina che si è incarnata con me! Lascia ch'io speri di poter
unire un giorno la tua vita alla mia: scrivimi una sola parola,
una riga di conforto e sarò troppo felice! Perdona, se la
passione detta le mie parole; perdona all'amor mio, e credi che
se v'è uomo che brami di farti felice, se v'è uomo che ti possa
essere riconoscente della tua compassione, quell'uomo son io!
Matilde! Matilde! fa ch'io possa sempre chiamarmi il tuo
Ippolito.
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