Giuseppe
Ungaretti
"Ero
in presenza della morte, in presenza della natura, di una natura che
imparavo a conoscere in modo nuovo, in modo terribile. Dal momento che
arrivo ad essere un uomo che fa la guerra, non è l’idea di uccidere o
di essere ucciso che mi tormenta: ero un uomo che non voleva altro per sé
se non i rapporti con l’assoluto, l’assoluto che era rappresentato
dalla morte, non dal pericolo, che era rappresentato da quella tragedia
che portava l’uomo a incontrarsi nel massacro. Nella mia poesia non
c’è traccia d’odio per il nemico, né per nessuno: c’è la presa
di coscienza della condizione umana, della fraternità degli uomini,
nella sofferenza, dell’estrema precarietà della loro condizione. C’è
volontà d’espressione, necessità d’espressione, c’è
esaltazione, quell’esaltazione quasi selvaggia dello slancio vitale,
dell’appetito di vivere, che è moltiplicato dalla prossimità e dalla
quotidiana frequentazione della morte. Viviamo nella
contraddizione." |