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Sul lager
Primo Levi, da La Stampa |
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"... un
destino strano, addirittura provocatorio, mi ha messo anni fa sulle
tracce di "uno dell'altra parte", non certo un grande nel
male, forse neppure un malvagio a pieno titolo, tuttavia un campione e
un testimone. Un testimone suo malgrado, che non voleva esserlo, ma che
ha deposto senza volerlo e forse addirittura senza saperlo. Coloro che
testimoniano attraverso il loro comportamento sono i testi più
preziosi, perché certamente veridici. Era un qusi-me, un altro me stesso ribaltato. Eravamo coetanei, non dissimili come studi, neppure come carattere; lui, Mertens, giovane chimico tedesco e cattolico, e io, giovane chimico italiano ed ebreo. Potenzialmente due colleghi: di fatto lavoravamo nella stessa fabbrica, ma io stavo dentro il filo spinato e lui fuori. Tuttavia eravamo quarantamila a lavorare nel cantiere dei Buna-Werke di Auschwitz, e che noi due, lui Oberingenieur e io chimico-schiavo, ci siamo incontrati, è improbabile, comunque non più verificabile. Neppure dopo ci siamo mai visti In una raccolta di articoli scritti da Primo Levi per il quotidiano La Stampa, uno in particolare è significativo dal punto di vista della divisione esistente tra le due parti opposte. Levi parla di un "quasi-me" così simile e nello stesso tempo così lontano, un uomo che poteva essergli collega, per professione, ma che nello stesso tempo si trova proprio dall'altra parte della barricata, dall'altra parte del filo spinato. |