Cesare Pavese
LA LUNA E I FALO'
1950
Nel romanzo, ambientato in una
realtà ancora precedente al miracolo economico, è presente un'opposizione tra
due mondi: quello della
campagna, arcaico, povero e chiuso, l'altro della città, ricco, affascinante, già aperto a qualche cambiamento.
In campagna l’alimentazione è
essenziale e poco variata, in quanto il consumo è condizionato dalla stagione
di raccolta; ci si nutre prevalentemente di ceci, polenta e pane, mentre nella
città si consumano prodotti voluttuari, come il caffè e il torrone. Gli animali
vengono allevati per la protezione (cani), per l’autoproduzione di beni
(indumenti, coperte di lana, latte), oppure per il lavoro nei campi o gli spostamenti. In città si diffonde lentamente
l’uso di nuovi mezzi di trasporto, come le motociclette.
La struttura
della famiglia è patriarcale: la figura
predominante è quella del padre e i ragazzi sono chiamati precocemente alla
collaborazione nel lavoro, duro e faticoso, tanto che a 15 anni sono già
considerati degli uomini. In alcuni casi i contadini ospitano dei
"bastardi" per avere un aiuto nel lavoro, ma anche per poter fruire
dei sussidi dello Stato.
Le abitazioni rurali sono
principalmente cascine sparse, con gli interni poveramente arredati, i
pavimenti in terra battuta e la scarsa illuminazione delle lampade ad olio; al contrario nelle città le case sono
costituite da palazzine concentrate, che offrono già servizi confortevoli, come l'acqua corrente.
I momenti di
ritrovo nelle campagne sono prevalentemente le feste, i balli, le gare con le
bande rivali, la pesca; nelle città ci si può invece ritrovare nei bar, nei
caffè, nei cinema.
Le telecomunicazioni sono inesistenti; vi è soltanto
una limitata diffusione dei giornali. Gli abitanti dei paesi per comunicare
utilizzano esclusivamente il dialetto (in questo caso il piemontese).
Il romanzo documenta infine lo sviluppo consistente
del fenomeno dei movimenti migratori, sia interni (dalla campagna verso la
città), sia, soprattutto, diretti verso l'estero (America).