ANTOLOGIA - fonti letterarie
ITALO
CALVINO -
LA SPECULAZIONE
EDILIZIA
(pag. 14 - 19)
Era
un uomo della campagna, questo Caisotti, che dopo la guerra s'era messo
a fare il costruttore, e aveva sempre tre o quattro cantieri in
movimento: comprava un'area, tirava su una casa alta quanto
permettevano i regolamenti del Comune, con dentro quanti più
appartamentini ci potevano stare, questi appartamentini li vendeva
mentre erano ancora in costruzione, finiva alla bell'e meglio e col
ricavato comprava subito altre aree da costruire. Quinto venne
subito chiamato da una lettera della madre, per concludere l'affare.
Ampelio mandò un telegramma che non poteva venire per via di certi
esperimenti, ma che non si scendesse sotto
una data cifra. Caisotti non ci scese; a Quinto sembrò stranamente
arrendevole; lo disse alla madre, dopo.
E lei: - Ma non hai visto che faccia falsa, che occhi piccoli?
- Falsissima, - disse Quinto. - E con ciò? Perché dovrebbe avere una
faccia sincera? Per darcela meglio a intendere? Quella sì, sarebbe una
falsità... -S'interruppe, accorgendosi che si stava accalorando con la
madre come se la cosa più importante fosse quella faccia.
- Io comunque diffiderei... - disse la madre.
- Certo, - disse Quinto avanzando le mani aperte. - Anch'io. E anche
lui, diffida di noi, non lo vedi come si ferma davanti a ogni cosa che
diciamo, come la tira in lungo prima di rispondere... - Questa era una
cosa che dava soddisfazione a Quinto, peccato che sua madre non
l'intendesse, questo rapporto di spontanea reciproca diffidenza che
s'era subito instaurato tra il costruttore e loro, un vero rapporto tra,
gente che bada ai propri interessi, tra gente che sa il fatto suo.
Caisotti era tornato alla villa per definire le trattative, presente
Quinto. Era entrato a labbra arricciate, compunto come in chiesa, s'era
tolto con un certo ritardo il berrettino cachi a visiera, all'americana.
Era un uomo sui quarantacinque anni, di statura piuttosto bassa, ma
spesso e largo di spalle, di quelli che in dialetto si dicono
"tagliati col piccozzino" intendendo dire con l'accetta.
Aveva una camicia a quadri, da cow-boy, che prendeva spicco sul ventre
un po' pronunciato. Parlava adagio, con la cadenza piangente, come in un
acuto lamento interrogativo, dei paesi delle prealpi liguri.
- E così, come le ho detto già a sua signora mamma, se un passo lo
fate voi un passo lo faccio anch'io e ci incontriamo a mezza strada. La
mia offerta è quella.
- E' troppo bassa, - disse Quinto sebbene già avesse deciso
d'accettarla.
La faccia dell'uomo, larga e carnosa, era come fatta di una materia
troppo informe per conservare i lineamenti e le espressioni, e questi
erano subito portati a sfarsi, a franare, quasi risucchiati non tanto
dalle grinze che erano marcate con una certa profondità solo agli
angoli degli occhi e della bocca, ma dalla porosità sabbiosa di tutta
la superficie del viso. Il naso era corto, quasi camuso, e l'eccessivo
spazio lasciato scoperto tra le narici e il labbro superiore dava al
viso una accentuazione ora stupida ora brutale, a seconda ch'egli
tenesse la bocca aperta o chiusa. Le labbra erano alte intorno al cuore
della bocca, e come alonate d'arsura, ma scomparivano del tutto sugli
angoli come la bocca si prolungasse in un taglio fino, a metà guancia;
ne veniva un aspetto di squalo, aiutato dal poco rilievo del mento,
sopra la larga gola. Ma i movimenti più innaturali e faticosi erano
quelli che spettavano alle sopracciglia: al sentire per esempio la secca
risposta di Quinto: "E ' troppo bassa", Caisotti fece per
raccogliere le chiare e rade sopracciglia nel mezzo della fronte, ma non
riuscì che a sollevare d'un mezzo centimetro la pelle sopra l'apice del
naso rincalzandola in un'instabile ruga circonflessa e quasi ombelicale;
tirate su da questa, le corte sopracciglia canine da spioventi che erano
diventarono quasi verticali, tutte tremanti nello sforzo di star tese, e
propagando il loro increspio alle palpebre che s'arricciavano in una
frangia di rughine minutissime e vibranti quasi volessero nascondere
l'inesistenza delle ciglia. Così rimase, a occhi semiciechi, con
quell'aria da cane bastonato, e disse lamentosamente: - E allora mi
direte voi cosa devo fare: io vi faccio vedere i preventivi, vi faccio
vedere i prezzi che vanno i locali d'una casa come ci può venire li,
allo stretto e senza sole, vi faccio vedere tutto, e mi direte voi
quanto ci posso guadagnare o se devo pure lavorare in perdita: io mi
rimetto a quello che direte voi. ..
Questa parte di vittima remissiva aveva già messo Quinto in soggezione.
- Però, - egli disse, conciliante, disposto all'equità, - il posto è
centrale...
- Sì, centrale è centrale... - convenne Caisotti, e Quinto fu contento
che avessero ritrovato un punto d'accordo e che la ruga sulla fronte
dell'impresario si spianasse, ammainando le sopracciglia dalla loro
posizione innaturale. Ma Caisotti continuava sullo stesso tono: -
Certo, non sarà un palazzo - tanto bello, - disse, e fece quella che la
madre di Quinto avrebbe poi chiamato " la sua brutta risata
",- loro capiscono che una costruzione la posso fare solo girata in
questo senso, - e faceva gesti con le sue braccia tozze, - certo non sarà
un palazzo tanto bello, ma lei mi dice: è centrale, e io le do ragione
...
Quella frase del palazzo non tanto bello aveva però messo in allarme la
madre. -Però noi vorremmo vedere prima il suo progetto, - disse, -
riservarci d'approvarlo. Sa, è una casa che dovremo avere sempre sotto
gli occhi...
Quinto aveva avuto un'espressione insieme di fatalismo e di
sufficienza, come l'uomo che sa bene che tutto si poteva chiedere a
quella futura costruzione tranne d'essere bella, anzi ci si doveva
augurare che fosse anonima, squallida, che si confondesse con i più
anonimi edifici intorno e marcasse la sua totale estraneità dalla loro
villa.
Ma Caisotti faceva l'accondiscendente: - Ma certo, vedranno il
progetto. Guardi, è una casa di quattro piani, ne posso fare solo
quattro perché c'è la disposizione del Comune, e verrà una casa
uguale a tutte le altre case di quattro piani. Ma il progetto, per avere
l'approvazione dell'Ufficio Tecnico lo devo pur fare, e una volta che
l'ho fatto ve lo porto anche a voi e voi mi direte... - e il suo tono
remissivo diventava opprimente, minaccioso, -e io vi porto tutto e vuol
dire che mi direte voi... Vi porto anche le cifre di quel che mi viene
il lavoro e di quel che ci ricavo, e voi che siete istruiti e ne sapete
più di me...
Non è questione d'essere istruiti, Caisotti, disse Quinto subito
infastidito, suscettibile com'era a tutto ciò che gli ricordava la sua
condizione d'intellettuale, - lei sa benissimo fino a che punto può
salire con l'offerta come noi sappiamo fino a che punto possiamo
scendere... - E se lei pensa già di scendere, cosa stiamo qui a
parlare? - disse Caisotti e rise per conto suo, abbassando e scuotendo
il capo (Quinto notò la collottola taurina e come sottoposta a un
continuo sforzo), e muovendo in su gli angoli della bocca, ed era
squalo, squalo e toro che sbuffa dalle narici, non si sa se in un ghigno
o in un contenimento d'ira, ma nello stesso tempo era anche un poveruomo
che dice tra sé: "E' inutile, tanto lo so che questi vogliono
prendermi in giro e dicono una cosa per l'altra e finirò per cascarci
... "
Quinto senti che quella frase dello "scendere" era l'ultima
che doveva dire. - Comunque, ci metteremo d'accordo, - fece, ripiegando
sulle formule vaghe preferite da Caisotti.
Ma non andava bene neanche ora; perché Caisotti, sempre con quel
risolino doloroso d'uomo sottoposto a vessazioni, disse: - Ci metteremo
d'accordo, si, vuol dire che mi direte voi cosa devo fare, perché
rimanda rimanda io se non lavoro d'estate quando lavoro? Quando comincia
a piovere per me c'è più poco da fare.
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