ANTOLOGIA
- fonti letterarie
VASCO
PRATOLINI - CRONACHE DI POVERI AMANTI
(Pag. 330 - 333)
Poi
fu inverno veramente, passarono dei mesi, e per scampare al terrore che
incuteva idee di morte, ciascuno guardò piú attentamente alla vita.
Margherita aveva ceduto la mascalcia ad Eugenio: non era piú tornata in
via del Corno. Spesso i giovani approfittavano della domenica per
recarsi a trovarla, al paese dei suoi dov'ella si era ritirata e dove,
da mattina a sera, si dedicava ai nipotini, figli della sorella,
confondendo cosi la propria pena: anch ella, inconsciamente, in
un'espansione verso la vita. Poiché vivere è il nostro destino, fino
al giorno di morire. Mario era il piú assiduo. Una domenica, col
consenso di Alfredo, tuttora in Sanatorio, ed aggravatosi invece di
migliorare, anche Milena venne, con le due coppie di fidanzati. Intanto
il ciaba non aveva mancato di vantarsi, pubblicamente lui, di essere
stato profeta: appena il primo maschio le era capitato tra le sottane,
Gesuina aveva detto di sí. Tutti ora dicono: meglio! Anche le donne
affermano che Gesuina è giovane ed ha diritto di vivere la sua vita,
ora che accanto alla Signora c'è Liliana che assistendola la
ricompensa, se non altro, di tutto il bene che la Signora le ha fatto.
Ma nemmeno Ugo e Gesuina sono piú tornati in via del Corno. Se vorremo
sapere qualcosa su di loro, dovremo essere noi a cercarli, uno dei
prossimi giorni. E dopo i temporali e le nebbie, v'è stato un timido
accenno di neve. La nostra strada è fredda e intirizzita, cova il
calore del proprio sangue e umanamente si consola.
D'inverno, quando il Cecchi spazzino si reca al lavoro, il buio è
ancora fitto, le finestre sono chiuse e il gallo-Nesi sembra cantare da
chilometri distante. Un velo di caligine attenua il chiarore del
lampione, cala come un sipario su Palazzo Vecchio, che volge eternamente
le spalle a via del Corno. In quest'ora la nostra strada appare un
vicolo cieco, una cittadella abbandonata, col suo monumentino per
garitta. A volte, nottetempo, il vento trasporta il nevischio dai monti
al piano: una scialbatura che i primi passanti cancelleranno. Ma basta
questa patina bianca, di pruina, perché il Cecchi si senta in dovere di
partecipare la notizia. "Chi è a letto non si levi, c'è la
neve!" egli grida, nel silenzio, come un antico banditore. Sono in
pochi ad udirlo. I cornacchiai hanno l'abitudine di dormire con le
coperte tirate sulla testa. L'aria, nelle camere, è gelida piú di
quella della strada, umida, e ogni respiro è una fumata.
L'inverno è nemico dei poveri, piú ci si copre piú si mette a nudo la
miseria. Lo Staderini indossa due vecchie giacche, una sull'altra. Nanni
si avvolge dentro una mantellina militare. Il Cecchi porta la divisa
anche fuori servizio: non saprebbe come sostituire il pastrano azzurro,
con gigli sui risvolti e sui bottoni. La festa, Antonio terrazziere
ostenta un "palamidone" nero che lo ricorda giovanotto. Le
madri hanno gli scialli sulle spalle: le piú anziane si riparano la
testa nelle sciarpe di lana. I ragazzi vanno a scuola gonfi di cenci e
di geloni. Ma le giovani escono in cappotti eleganti e modestini, con le
cinture colorate; i giovanotti portano attorno al collo i foulards
venuti di moda. Calata la sizza ciascuno -fu curioso di vedere se Otello
avrebbe usato il pellicciotto che il vecchio Nesi si era goduto un paio
d'inverni appena: e cosi fu, e gli stava come tagliato a suo dosso.
Febbraietto corto e maledetto, dice il proverbio. P, in questo mese che
il barometro Sbisà segna solitamente tetmpo nevoso, la sciatica della
vedova Nesi si fa sentire, Elisa viene ai ferri corti col suo cuore, e
il caminetto, in camera della Signora, arde ininterrottamente. Prima che
sia marzo inoltrato, e fioriscano. i gerani che Margherita lasciò in
regalo a Bianca, sarà in tutta la strada un piú intenso consumo di
pastiglie -di potassa, mucillagini per la tosse, unguenti sui geloni,
cataplasmi e camomille. E dai primi freddi allo stiepidire, le lunghe
veglie invernali, trascorse a turno nelle case, giocando a tombola,
conversando.
Il lunedì sera via del Corno si riunisce da Antonio; il martedì è
Revuar che fa gli onori; mercoledì Bruno, e giovedí i coniugi Carresi.
Il venerdì (è un'imposizione delle devote, diventata ormai
consuetudine) si rispetta la legge della Chiesa che comanda la
meditazione, e il mangiar di magro: ma questo è nella tradizione
quotidiana. Ci si corica per tempo, salvo a scambiarsi visite in
privato. li sabato tocca a Milena ospitare i cornacchiai; e la domenica
sera, che prima era riservata a Maciste, si trascorre adesso da Otello,
il quale, morto il padre, accoglie la nostra gente con lo scialo di chi
ha un'azienda che glielo consente. Recandosi a veglia in casa Nesi le
donne non devono portare la sedia, né riempire lo scaldino di fuoco:
Aurora prepara per esse fornellate intere, oltre i due bracieri sotto la
tavola, ed i fiaschi di vino a cui lo Staderini dà eccessiva
confidenza. In piú un lungo vassoio di cioccolatini Viola, di
quelli piccoli, sbucciati, che si chiamano centesimini. Ma per gli
uomini che hanno gli stomachi forti e necessità di fermare il vino, non
mancano le fette di pane col ripieno. Nanni dice che la domenica nessuno
fa da cena in via del Corno, ma la sua malignità odora di vendetta:
spesso, infatti, ci si dimentica di rinnovargli l'invito.
Ma non in tutte le case è cosi: alcune sono tanto piccole e anguste che
metà degli ospiti resterebbe fuori dell'uscio. E' una inferiorità che
il ciaba non avverte, ma di cui lo spazzino soffre. Da Antonio e da
Revuar occorre portarsi le sedie e il fuoco, e mettere ciascuno due
soldi, se si vuole bere un goccio, o sgranocchiare un mezzo
mandorlato: meno del prezzo di costo Revuar non può fare. Da Bruno e
dai Carresi, invece, il ristoro è offerto come in casa Nesi. Si tratta,
naturalmente, di ciò che passa il convento; non v'è certo, conviene lo
stesso Beppino, da farsi i lombi, o "da tirarsi su le cioccìe",
con una tazza d'orzo o un fondo di bicchiere. Al sabato, Gemma
prepara una cioccolata lunga lunga, ma dolce, offerta in tazzine belle,
filettate, che fanno parte di un servizio che Milena ebbe per regalo di
nozze, e ch'ella ha portato apposta dal suo appartamentino delle Cure.
Ciascuno ha le sue cartelle preferite, col proprio nome scritto sul
retro. Tre cartelle si pagano due soldi, sei un ventino, e chi ne
affitta nove ottiene lo sconto. Ma nessuno può badare a nove cartelle
contemporaneamente, specie quando estrae Clara che è veloce come un
diretto. "Non per nulla è promessa a un ferroviere" ha detto
Luisa Cecchi-La Palisse. Clara ha pure la responsabilità della
conservazione della tombola, che fu comperata nuova tre anni fa, ed è
di proprietà comune. Sul cartellone, chissà poi perché, c'è
rappresentato il Duomo di Milano, con sopra la Madonnina e di lato una
Fortuna aerea una ragazza bendata che vola.
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