ANTOLOGIA
- fonti letterarie
ITALO
CALVINO
- MARCOVALDO
MARCOVALDO
AL SUPERMARKET
Alle sei di sera la città cadeva in mano dei consumatori. Per tutta la
giornata il gran daffare della popolazione produttiva era il produrre:
producevano beni di consumo. A una cert'ora, come per lo scatto d'un
interruttore, smettevano la produzione e via! Si buttavano tutti a
consumare. Ogni giorno una fioritura impetuosa faceva appena in
tempo a sbocciare dietro le vetrine illuminate, i rossi salami a
penzolare, le torri di piatti di porcellana a innalzarsi fino al
soffitto, i rotoli di tessuto a dispiegare drappeggi come code di
pavone, ed ecco già irrompeva la folla consumatrice a smantellare a
rodere a palpare a far man bassa. Una fila ininterrotta serpeggiava
per tutti i marciapiedi e i portici, s'allungava attraverso le porte a
vetri nei magazzini intorno a tutti i banchi, mossa dalle gomitate di
ognuno nelle costole di ognuno come da continui colpi di stantuffo.
Consumate! e toccavano le merci e le rimettevano giù e le riprendevano
e se le strappavano di mano; consumate e obbligavano le pallide commesse
a sciorinare sul bancone biancheria e biancheria; consumate! e i
gomitoli di spago colorato giravano come trottole, i fogli di carta a
fiori levavano ali starnazzanti, avvolgendo gli acquisti in pacchettini
e i pacchettini in pacchetti e i pacchetti in pacchi, legati ognuno col
suo nodo a fiocco. E via pacchi pacchetti pacchettini borse borsette
vorticavano attorno alla cassa in un ingorgo, mani che frugavano nelle
borsette cercando i borsellini e dita che frugavano nei borsellini
cercando gli spiccioli, e giù in fondo in mezzo a una foresta di gambe
sconosciute e falde di soprabiti i bambini non più tenuti per mano si
smarrivano e piangevano.
Una di queste sere Marcovaldo stava portando a spasso la famiglia. Essendo
senza soldi, il loro spasso era guardare gli altri fare spese;
inquantoché il denaro, più ne circola, più chi ne è senza spera:
"Prima o poi finirà per passarne anche un po' per le mie
tasche". Invece, a Marcovaldo, il suo stipendio, tra che era poco e
che di famiglia erano in molti, e che c'erano da pagare rate e debiti,
scorreva via appena percepito. Comunque, era pur sempre un bel guardare,
specie facendo un giro al supermarket.
Il supermarket funzionava col self-service. C'erano quei carrelli, come
dei cestini di ferro con le ruote e ogni cliente spingeva il suo
carrello e lo riempiva di ogni bendidio. Anche Marcovaldo nell'entrare
prese un carrello lui, uno sua moglie e uno ciascuno i suoi quattro
bambini. E così andavano in processione coi carrelli davanti a sé, tra
banchi stipati da montagne di cose mangerecce, indicandosi i salami e i
formaggi e nominandoli, come riconoscessero nella folla visi di amici, o
almeno conoscenti.
- Papà, lo possiamo prendere questo? chiedevano i bambini ogni minuto.
- No, non si tocca, è proibito, - diceva Marcovaldo ricordandosi che
alla fine di quel giro li attendeva la cassiera per la somma.
- E perché quella signora lì li prende? - insistevano, vedendo tutte
queste buone donne che, entrate per comprare solo due carote e un
sedano, non sapevano resistere di fronte a una piramide di barattoli e
tum! tum! tum! con un gesto tra distratto e rassegnato lasciavano cadere
lattine di pomodori pelati, pesche sciroppate, alici sott'olio a
tambureggiare nel carrello.
Insomma, se il tuo carrello è vuoto e gli altri pieni, si può
reggere fino a un certo punto: poi ti prende un'invidia, un
crepacuore, e non resisti più. Allora Marcovaldo, dopo aver
raccomandato alla moglie e ai figlioli di non toccare niente, girò
veloce a una traversa tra i banchi, si sottrasse alla vista della
famiglia e, presa da un ripiano una scatola di datteri, la depose nel
carrello. Voleva soltanto provare il piacere di portarla in giro per
dieci minuti, sfoggiare anche lui i suoi acquisti come gli altri, e poi
rimetterla dove l'aveva presa. Questa scatola, e anche una rossa
bottiglia di salsa piccante, e un sacchetto di caffè, e un azzurro
pacco di spaghetti. Marcovaldo era sicuro che, facendo con delicatezza,
poteva per almeno un quarto d'ora gustare la gioia di chi sa scegliere
il prodotto, senza dover pagare neanche un soldo. Ma guai se i bambini
lo vedevano! Subito si sarebbero messi a imitarlo e chissà che
confusione ne sarebbe nata!
Marcovaldo cercava di far perdere le. sue tracce, percorrendo un cammino
a zig zag per i reparti, seguendo ora indaffarate servette ora signore
impellicciate. E come l'una o l'altra avanzava la mano per prendere una
zucca gialla e odorosa o una scatola di triangolari formaggini, lui
l'imitava. Gli alto parlanti diffondevano musichette allegre: i
consumatori si muovevano o sostavano seguendone il ritmo, e al momento
giusto protendevano il braccio e prendevano un oggetto e lo posavano nel
loro cestino, tutto a suon di musica.
Il carrello di Marcovaldo adesso era gremito di mercanzia; i suoi passi
lo portavano ad addentrarsi in reparti meno frequentati; i prodotti
dai nomi sempre meno decifrabili esano chiusi in scatole con figure da
cui non risultava chiaro se si trattava di concime per la lattuga o di
seme di lattuga o di lattuga vera e propria o di veleno per i bruchi
della lattuga o di becchime per attirare gli uccelli che mangiano quei
bruchi oppure condimento per l'insalata o per gli uccelli arrosto.
Comunque Marcovaldo ne prendeva due o tre scatole.
Così andava tra due siepi alte di banchi. Tutt'a un tratto la corsia
finiva e c'era un lungo spazio vuoto e deserto con le luci al neon che
facevano brillare le piastrelle. Marcovaldo era lì, solo col suo ,carro
di roba, e in fondo a quello spazio vuoto c'era l'uscita con la cassa.
Il primo istinto fu di buttarsi a correre a testa bassa spingendo il
carrello davanti a sé come un carro armato e scappare via dal
supermarket col bottino prima che la cassiera potesse dare l'allarme. Ma
in quel momento da un'altra corsia lì vicino s'affacciò un carrello
carico ancor più del suo, e chi lo spingeva era sua moglie Domitilla. E
da un'altra parte se n'affacciò un altro e Filippetto lo stava
spingendo con tutte le sue forze. Era quello un punto in cui le corsie
di molti reparti convergevano, e da ogni sbocco veniva fuori un bambino
di Marcovaldo, tutti spingendo trespoli carichi come bastimenti
mercantili. Ognuno aveva avuto la stessa idea, e adesso ritrovandosi
s'accorgevano d'aver messo insieme un campionario di tutte le
disponibilità dei supermarket. - Papà, allora siamo ricchi? - chiese
Michelino. - Ce ne avremo da mangiare per un anno?
. - Indietro! Presto! Lontani dalla cassa! - esclamò Marcovaldo facendo
dietrofront e nascondendosi, lui e le sue derrate, dietro ai banchi; e
spiccò la corsa piegato in due come sotto il tiro nemico, tornando a
perdersi nei reparti. Un rombo risuonava alle sue spalle; si voltò e
vide tutta la famiglia che, spingendo i suoi vagoni come un treno, gli
galoppava alle calcagna.
- Qui ci chiedono un conto da un milione!
Il supermarket era grande e intricato come un labirinto: ci si poteva
girare ore ed ore. Con tante provviste a disposizione, Marcovaldo e
familiari avrebbero potuto passarci l'intero inverno senza uscire. Ma
gli altoparlanti già avevano interrotto la loro musichetta, e dicevano:
- Attenzione! Tra un quarto d'ora il supermarket chiude! Siete pregati
d'affrettarvi alla cassa!
Era tempo di disfarsi del carico: ora o mai più. Al richiamo
dell'altoparlante la folla dei clienti era presa da una furia frenetica,
come se si trattasse degli ultimi minuti dell'ultimo supermarket in
tutto il mondo, una furia non si capiva se di prendere tutto quel che
c'era o di lasciarlo lì, insomma uno spingi spingi attorno ai banchi, e
Marcovaldo con Domitilla e i figli ne approfittavano per rimettere la
mercanzia sui banchi o per farla scivolare nei carrelli d'altre persone.
Le restituzioni avvenivano un po' a casaccio: la carta moschicida sul
banco del prosciutto, un cavolo cappuccio tra le torte. Una
signora, non s'accorsero che invece del carrello spingeva una
carrozzella con un neonato: ci rincalzarono un fiasco di barbera.
Questa di privarsi delle cose senz'averle nemmeno assaporate era una
sofferenza che strappava le lacrime. E così, nello stesso momento che
lasciavano un tubetto di maionese, capitava loro sottomano un grappolo
di banane, e lo prendevano; o un pollo arrosto invece d'uno spazzolone
di nylon; con questo sistema i loro carrelli più si svuotavano più
tornavano a riempirsi.
La famiglia con le sue provviste saliva e scendeva per le scale rotanti
e ad ogni piano da ogni parte si trovava di fronte a passaggi obbligati
dove una cassiera di sentinella puntava una macchina calcolatrice
crepitante come una mitragliatrice contro tutti quelli che
accennavano a uscire. Il girare di Marcovaldo e famiglia somigliava
sempre più a quello di bestie in gabbia o di carcerati in una luminosa
prigione dai muri a pannelli colorati.
In un punto, i pannelli d'una parete erano smontati, c'era una scala a
pioli posata lì, martelli, attrezzi da carpentiere e muratore.
Un'impresa stava costruendo un ampliamento dei supermarket. Finito
orario i lavoro, gli operai se n'erano andati lasciando tutto com'era.
Marcovaldo, provviste innanzi, passò per il buco del muro. Di là c'era
buio; lui avanzò. E la famiglia, coi carrelli, gli andò dietro.
Le ruote gommate dei carrelli sobbalzavano su un suolo come disselciato,
a tratti sabbioso, poi su un piancito d'assi sconnesse. Marcovaldo
procedeva in equilibrio su di un asse; gli altri lo seguivano. A un
tratto videro davanti e dietro e sopra e sotto tante luci seminate
lontano, e intorno il vuoto.
Erano sul castello d'assi d'un' impalcatura, all'altezza delle case di
sette piani. La città s'apriva sotto di loro in uno sfavillare
luminoso di finestre e insegne e sprazzi elettrici dalle antenne dei
tram; più in su era il cielo stellato d'astri e lampadine rosse
d'antenne di stazioni radio. L'impalcatura tremava sotto il peso di
tutta quella merce lassù in bilico. Michelino disse: - Ho paura!
Dal buio avanzò un'ombra. Era una bocca enorme, senza denti, che
s'apriva protendendosi su un lungo collo metallico: una gru. Calava
su di loro, si fermava alla loro altezza, la ganascia inferiore contro
il bordo dell'impalcatura. Marcovaldo inclinò il carrello, rovesciò
la merce nelle fauci di ferro, passò avanti. Domitilla fece lo stesso.
I bambini imitarono i genitori. La gru richiuse le fauci con dentro
tutto il bottino del supermarket e con un gracchiante carrucolare tirò
indietro il collo, allontanandosi. Sotto s'accendevano e ruotavano le
scritte luminose multicolori che invitavano a comprare i prodotti in
vendita nel grande supermarket.
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