ANTOLOGIA - fonti letterarie
ITALO
CALVINO - MARCOVALDO
I
figli di Babbo Natale
Non
c'è epoca dell'anno più gentile e buona, per il mondo dell'industria e
del commercio, che il Natale e le settimane precedenti. Sale dalle vie
il tremulo suono delle zampogne; e le società anonime, fino a ieri
freddamente intente a calcolare fatturato e dividendi, aprono il cuore
agli affetti e al sorriso. L'unico pensiero dei Consigli
d'amministrazione adesso è quello di dare gioia al prossimo, mandando
doni accompagnati da messaggi d'augurio sia a ditte consorelle che a
privati; ogni ditta si sente in dovere di comprare un grande stock di
prodotti da una seconda ditta e fare i suoi regali alle altre ditte; le
quali a loro volta comprano da una ditta altri stock di regali per le
altre; le finestre aziendali restano illuminate fino a tardi,
specialmente quelle del magazzino, dove il personale continua le ore
straordinarie a imballare pacchi e casse; al di là dei vetri appannati,
sui marciapiedi ricoperti da una crosta di gelo s'inoltrano gli
zampognari, discesi da buie misteriose montagne, sostano ai crocicchi
del centro, un po' abbagliati dalle troppe luci, dalle vetrine troppo
adorne, e a capo chino danno fiato ai loro strumenti; a quel suono tra
gli uomini d'affari le grevi contese d'interessi si placano e lasciano
il posto ad una nuova gara: a chi presenta nel modo più grazioso il
dono più cospicuo e originale.
Alla Sbav quell'anno l'Ufficio Relazioni Pubbliche propose che alle
persone di maggior riguardo le strenne fossero recapitate a domicilio da
un uomo vestito da Babbo Natale.
L'idea suscitò l'approvazione unanime dei dirigenti. Fu comprata
un'acconciatura da Babbo Natale completa: barba bianca, berretto e
pastrano rossi bordati di pelliccia, stivaloni. Si cominciò a provare a
quale dei fattorini andava meglio, ma uno era troppo basso di statura e
la barba gli toccava per terra, uno era troppo robusto e non gli entrava
il cappotto, un altro troppo giovane, tiri altro invece troppo vecchio e
non valeva la pena di truccarlo.
I Mentre il capo dell'Ufficio Personale faceva chiamare altri possibili
Babbi Natali dai vari reparti, i dirigenti radunati cercavano di
sviluppare l'idea: l'Ufficio Relazioni Umane voleva che anche il
pacco-strenna alle maestranze fosse consegnato da Babbo Natale in una
cerimonia collettiva; l'Ufficio Commerciale voleva fargli fare anche un
giro dei negozi; l'Ufficio Pubblicità si preoccupava che facesse
risaltare il nome della ditta, magari reggendo appesi a un filo quattro
palloncini con le lettere S, B, A, V.
Tutti erano presi dall'atmosfera alacre e cordiale che si espandeva
per la città festosa e produttiva; nulla è più bello che sentire
scorrere intorno il flusso dei beni materiali e insieme del bene che
ognuno vuole agli altri; e questo, questo soprattutto -come ci
ricorda il suono, firulì firulì, delle zampogne -, è ciò che conta.
In magazzino, il bene - materiale e spirituale -passava per le mani di
Marcovaldo in quanto merce da caricare e scaricare. E non solo caricando
e scaricando egli prendeva parte alla festa generale, ma anche pensando
che in fondo a quel labirinto di centinaia di migliaia di pacchi lo
attendeva un pacco solo suo, preparatogli dall'Ufficio Relazioni Umane;
e ancora di più facendo il conto di quanto gli spettava a fine mese tra
"tredicesima mensilità" e "ore straordinarie". Con
quei soldi, avrebbe potuto correre anche lui per negozi, a comprare
compre comprare per regalare regalare regalare, come imponevano i più
sinceri sentimenti suoi e gli interessi generali dell'industria e del
commercio.
Il capo dell'Ufficio entrò in magazzino con una barba finta in
mano: - Ehi, tu! - disse a Marcovaldo. - Prova un po' come stai con
questa barba. Benissimo! Il Natale sei tu. Vieni di sopra, spicciati.
Avrai un premio speciale se farai cinquanta consegne a domicilio al
giorno.
Marcovaldo camuffato da Babbo Natale percorreva la città, sulla sella
del motofurgoncino carico di pacchi involti in carta variopinta, legati
con bei nastri e adorni di rametti di vischio e d'agrifoglio. La barba
d'ovatta bianca gli faceva un po' di pizzicorino ma serviva a
proteggergli la gola dall'aria.
La prima corsa la fece a casa sua, perché non resisteva alla tentazione
di fare una sorpresa ai suoi bambini. "Dapprincipio, - pensava, -
non mi riconosceranno. Chissà come rideranno, dopo! "
1 bambini stavano giocando per la scala. Si voltarono appena. - Ciao papà.
Marcovaldo ci rimase male. - Mah... Non vedete come sono vestito?
- E come vuoi essere vestito? - Da Babbo Natale, no?
- E m'avete riconosciuto subito?
- Ci vuol tanto! Abbiamo riconosciuto anche il signor Sigismondo che era
truccato meglio di te!
disse Pietruccio.
- E il cognato della portinaia - E il padre dei gemelli che stanno di
fronte! - E lo zio di Ernestina quella con le trecce!
Tutti vestiti da Babbo Natale? - chiese Marcovaldo, e la delusione nella
sua voce non era soltanto per la mancata sorpresa familiare, ma perché
sentiva in qualche modo colpito il prestigio aziendale.
- Certo, tal quale come te, uffa, - risposero i bambini, - da Babbo
Natale, al solito, con la barba finta, - e voltandogli le spalle, si
rimisero a badare ai loro giochi.
Era capitato che agli Uffici Relazioni Pubbliche di molte ditte era
venuta contemporaneamente - la stessa idea; e avevano reclutato una gran
quantità di persone, per lo più disoccupati, pensionati, ambulanti,
per vestirli col pastrano rosso e la barba di bambagia. 1 bambini dopo
essersi divertiti le prime volte a riconoscere sotto quella mascheratura
conoscenti e persone del quartiere, dopo un po' ci avevano fatto
l'abitudine e non ci badavano più.
Si sarebbe detto che il gioco cui erano intenti li appassionasse molto.
S'erano radunati su un pianerottolo, seduti in cerchio. - Si può sapere
cosa state complottando? - chiese Marcovaldo.
- Lasciaci in pace, papà, dobbiamo preparare i regali.
- Regali per chi?
- Per un bambino povero. Dobbiamo cercare un bambino povero e fargli dei
regali.
- Ma chi ve l'ha detto?
- C'è nel libro di lettura.
Marcovaldo stava per dire: "Siete voi i bambini poveri! ", ma
durante quella settimana s'era talmente persuaso a considerarsi un
abitante del Paese della Cuccagna, dove tutti compravano e se la
godevano e si facevano regali, che non gli pareva buona educazione
parlare di povertà, e preferì dichiarare: - Bambini poveri non ne
esistono più!
S'alzò Michelino e chiese: - E per questo, papà, che non ci porti
regali?
Marcovaldo si sentì stringere il cuore. - Ora devo guadagnare degli
straordinari, - disse in fretta, - e poi ve li porto.
- Li guadagni come? - chiese Filippetto.
- Portando dei regali, - fece Marcovaldo
- A noi?
- No, ad altri.
- Perché non a noi? Faresti prima...
Marcovaldo cercò di spiegare: - Perché io non sono mica il Babbo
Natale delle Relazioni Umane: io sono il Babbo Natale delle Relazioni
Pubbliche. Avete capito?
- No.
- Pazienza -. Ma siccome voleva in qualche modo farsi perdonare d'esser
venuto a mani vuote, pensò di prendersi Michelino e portarselo dietro
nel suo giro di consegne. - Se stai buono puoi venire a vedere tuo padre
che porta i regali alla gente, - disse, inforcando la sella del
motofurgoncino.
- Andiamo, forse troverò un bambino povero, -disse Michelino e saltò
su, aggrappandosi alle spalle del padre.
Per le vie della città Marcovaldo non faceva che incontrare altri Babbi
Natale rossi e bianchi, uguali identici a lui, che pilotavano camioncini
o motofurgoncini o che aprivano le portiere dei negozi ai clienti
carichi di pacchi o li aiutavano a portare le compere fino
all'automobile. E tutti questi Babbi Natale avevano un'aria concentrata
e indaffarata, come fossero addetti al servizio di manutenzione
dell'enorme macchinario delle Feste.
E Marcovaldo, tal quale come loro, correva da un indirizzo all'altro
segnato sull'elenco, scendeva di sella, smistava i pacchi del
furgoncino, ne prendeva uno, lo presentava a chi apriva la porta
scandendo la frase: - La Sbav augura Buon Natale e felice anno nuovo, -
e prendeva la mancia.
Questa mancia poteva essere anche ragguardevole e Marcovaldo avrebbe
potuto dirsi soddisfatto, ma qualcosa gli mancava. Ogni volta, prima di
suonare a una porta, seguito da Michelino, pregustava la meraviglia di
chi aprendo si sarebbe visto davanti Babbo Natale in persona; si
aspettava feste, curiosità, gratitudine. E ogni volta era accolto come
il postino che porta il giornale tutti i giorni.
Suonò alla porta di una casa lussuosa. Aperse una governante. - Uh,
ancora un altro pacco, da chi viene?
- La Sbav augura...
- Be', portate qua, - e precedette il Babbo Natale per un corridoio
tutto arazzi, tappeti e vasi di maiolica. Michelino, con tanto d'occhi,
andava dietro al padre.
La governante aperse una porta a vetri. Entrarono in una sala dal
soffitto alto alto, tanto che ci stava dentro un grande abete. Era un
albero di Natale illuminato da bolle di vetro di tutti i colori, e
ai suoi rami erano appesi regali e dolci di tutte le fogge. Al soffitto
erano pesanti lampadari di cristallo, e i rami più alti dell'abete
s'impigliavano nei pendagli scintillanti. Sopra un gran tavolo erano
disposte cristallerie, argenterie, scatole di canditi e cassette di
bottiglie. 1 giocattoli, sparsi su di un grande tappeto, erano tanti
come in un negozio di giocattoli, soprattutto complicati congegni
elettronici e modelli di astronavi. Su quel tappeto, in un angolo
sgombro, c'era un bambino, sdraiato bocconi, di circa nove anni, con
un'aria imbronciata e annoiata. Sfogliava un libro illustrato, come se
tutto quel che era lì intorno non le riguardasse.
- Gianfranco, su, Gianfranco, - disse la governante, - hai visto che è
tornato Babbo Natale con un altro regalo?
- Trecentododici, - sospirò il bambino, senz'alzare gli occhi dal
libro. Metta lì.
- E' il trecentododicesimo regalo che arriva, - disse la governante. -
Gianfranco è così bravo, tiene il conto, non ne perde uno, la sua gran
passione è contare.
In punta di piedi Marcovaldo e Michelino lasciarono la casa.
- Papà, quel bambino è un bambino povero? chiese Michelino.
Marcovaldo era intento a riordinare il carico del furgoncino e non
rispose subito. Ma dopo un momento, s'affrettò a protestare: - Povero?
Che dici? Sai chi è suo padre? E' il presidente dell'Unione Incremento
Vendite Natalizie! Il commendator...
S'interruppe, perché non vedeva Michelino. -
Miclielino, Michelino! Dove sei? - Era sparito.
"Sta' a vedere che ha visto passare un altro Babbo Natale, l'ha
scambiato per me e gli è andato dietro... " Marcovaldo continuò
il suo giro, ma era un po' in pensiero e non vedeva l'ora dì tornare a
casa.
A casa, ritrovò Miclielino insieme ai suoi fratelli, buono buono.
- Di' un po', tu: dove t'eri cacciato?
- A casa, a prendere i regali... Sì, i regali per quel bambino
povero...
- Eh! Chi?
- Quello che se ne stava così triste... quello della villa con l'albero
di Natale...
- A lui? Ma che regali potevi fargli, tu a lui?
- Oh, li avevamo preparati bene... tre regali, involti in carta
argentata.
Intervennero i fratellini. - Siamo andati tutti insieme a portarglieli!
Avessi visto come era contento!
Figuriamoci! - disse Marcovaldo. - Aveva proprio bisogno dei vostri
regali, per essere contento!
- Sì, sì, dei nostri… E corso subito a strappare la carta per vedere
cos'erano…
- E cos'erano?
- Il primo era un martello: quel martello grosso, tondo, di legno…
- E lui?
- Saltava dalla gioia! L'ha afferrato e ha cominciato a usarlo!
- Come?
- Ha spaccato tutti i giocattoli! E tutta la cristalleria! Poi ha preso
il secondo regalo…
- Cos'era?
- Un tirasassi. Dovevi vederlo, che contentezza….Ha fracassato tutte
le bolle di vetro dell'albero di Natale. Poi è passato ai lampadari….
- Basta, basta, non voglio più sentire! E….il terzo regalo?
- Non avevamo più niente da regalare, così abbiamo involto nella carta
argentata un pacchetto di fiammiferi da cucina. E' stato il regalo che
l'ha fatto più felice. Diceva: “I fiammiferi non me li lasciano mai
toccare!” Ha cominciato ad accenderli, e….
- E…?
- …..ha dato fuoco a tutto!
Marcovaldo aveva le mani nei capelli. - Sono rovinato!
L'indomani, presentandosi in ditta, sentiva addentrarsi la tempesta. Si
rivestì da Babbo Natale, in fretta in fretta, caricò sul furgoncino i
pacchi da consegnare, già meravigliato che nessuno gli avesse ancora
detto niente, quando vide venire verso di lui tre capiufficio, quello
delle Relazioni Pubbliche, quello della Pubblicità e quello
dell'Ufficio Commerciale.
- Alt! - gli dissero, - scaricare tutto subito!
“Ci siamo!” si disse Marcovaldo e già si vedeva licenziato.
- Presto! Bisogna sostituire i pacchi! - dissero i capiufficio. - L'Unione
Incremento Vendite Natalizie ha aperto una campagna per il lancio del
Regalo Distruttivo
- Così tutt'a un tratto... - commentò uno di loro. - Avrebbero
potuto pensarci prima...
- E' stata una scoperta improvvisa del presidente, - spiegò un altro. -
Pare che il suo bambino abbia ricevuto degli articoli-regalo
modernissimi, credo giapponesi, e per la prima volta lo si è visto
divertirsi...
- Quel che più conta, - aggiunse il terzo, - è che il Regalo
Distruttivo serve a distruggere articoli d'ogni genere: quel che ci
vuole per accelerare il ritmo dei consumi e ridare vivacità al
mercato... Tutto in un tempo brevissimo e alla portata d'un
bambino... Il presidente dell'Unione ha visto aprirsi un nuovo
orizzonte, è ai sette cieli dell'entusiasmo...
- Ma questo bambino, - chiese Marcovaldo con un filo di voce, - ha
distrutto veramente molta roba?
- Fare un calcolo, sia pur approssimativo, è difficile, dato che la
casa è incendiata...
Marcovaldo tornò nella via illuminata come fosse notte, affollata di
mamme e bambini e zii e nonni e pacchi e palloni e cavalli a dondolo e
alberi di Natale e Babbi Natale e polli e tacchini e panettoni e
bottiglie e zampognari e spazzacamini e venditrici di caldarroste che
facevano saltare padellate di castagne sul tondo fornello nero ardente.
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