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ALCUNE NOTIZIE SULLA BATTAGLIA
PER IL VOTO FEMMINILE Finita
la prima guerra mondiale in molti paesi viene concesso il voto alle donne. 1. il voto politico, malgrado alcuni progetti, non fece mai parte delle reali possibilità; 2. il voto amministrativo ebbe molte possibilità, ma non arrivò mai in porto. Il dibattito venne chiuso brutalmente nel 1888 in occasione della riforma della legge comunale e provinciale in un intervento di Crespi. Passò il principio che per lungo tempo chiuderà la questione: non si nega il diritto delle donne al voto, ma l’opportunità del suo esercizio. Per quasi venti anni non ci saranno discussioni parlamentari sul voto alle donne. L’affermazione del suffragio universale maschile nel 1912, voluto da Giolitti, che ancora una volta escludeva le donne, segnò ancora una sconfitta del movimento femminista italiano Come
prima accennato, sembra che nel primo dopoguerra, la situazione stia
cambiando. Il
programma del partito popolare indica come obiettivo il voto alle donne. Nel
1919 è approvato un ordine del giorno che impegna il governo ad ammettere le
donne al voto politico ed amministrativo ed infine viene votata una legge che
realizza questo principio. La
fine anticipata della legislatura impedisce il passaggio della legge al
Senato. Sempre
nel 1919, viene emanata una legge fondamentale: Disposizione
sulla capacità giuridica della donna con
la quale viene abolita l’autorizzazione maritale, ma sono ancora negati i
diritti politici. L’abolizione dell’autorizzazione maritale è considerata la “sola grande riforma della famiglia attuata dall’Italia liberale”. Nell’800
le privilegiate erano state le vedove e le nubili, in questo modo si inizia a
privilegiare anche le sposate. Nel
1921 un deputato socialista ritenta la prova con una proposta in un solo
articolo: “Le leggi vigenti sull’elettorato politico e amministrativo sono
estese alle donne.” Ma la questione non viene neppure discussa. Benito Mussolini marcia su Roma.
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