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storia delle donne - TAPPA 5

ALLEGATO 20

  di Agnese Argenta

ALCUNE NOTIZIE SULLA BATTAGLIA PER IL VOTO FEMMINILE 

Finita la prima guerra mondiale in molti paesi viene concesso il voto alle donne.
Anche in Italia, grazie al lavoro delle donne che si sono sostituite ai maschi in tutte le attività, la lunga battaglia sembrava vinta.

La battaglia per il voto alle donne, era iniziata fin dall’ottocento e nonostante la rimozione operata dagli storici, il tema fu presente nel dibattito politico e culturale italiano.
Con la nascita del Regno d’Italia, dal 1861 al 1888, quasi ogni anno furono presentati disegni di legge o si svolsero dibattiti parlamentari sul voto alle donne.
Il dibattito diventava più intenso in coincidenza con i progetti di riforme elettorali generali e proseguì per tutta l’età liberale.  Si distinse sempre fra due tipi di diritto di voto:

1.    il voto politico, malgrado alcuni progetti, non fece mai parte delle reali possibilità;

2.    il voto amministrativo ebbe molte possibilità, ma non arrivò mai in porto.

Il dibattito venne chiuso brutalmente nel 1888 in occasione della riforma della legge comunale e provinciale in un intervento di Crespi. Passò il principio che per lungo tempo chiuderà la questione: non si nega il diritto delle donne al voto, ma l’opportunità del suo esercizio.

Per quasi venti anni non ci saranno discussioni parlamentari sul voto alle donne.

L’affermazione del suffragio universale maschile nel 1912, voluto da Giolitti, che ancora una volta escludeva le donne, segnò ancora una sconfitta del movimento femminista italiano

Come prima accennato, sembra che nel primo dopoguerra, la situazione stia cambiando.

Il programma del partito popolare indica come obiettivo il voto alle donne.

Nel 1919 è approvato un ordine del giorno che impegna il governo ad ammettere le donne al voto politico ed amministrativo ed infine viene votata una legge che realizza questo principio.

La fine anticipata della legislatura impedisce il passaggio della legge al Senato.

Sempre nel 1919, viene emanata una legge fondamentale: Disposizione sulla capacità giuridica della donna con la quale viene abolita l’autorizzazione maritale, ma sono ancora negati i diritti politici.

L’abolizione dell’autorizzazione maritale è considerata la “sola grande riforma della famiglia attuata dall’Italia liberale”.

Nell’800 le privilegiate erano state le vedove e le nubili, in questo modo si inizia a privilegiare anche le sposate.

Nel 1921 un deputato socialista ritenta la prova con una proposta in un solo articolo: “Le leggi vigenti sull’elettorato politico e amministrativo sono estese alle donne.” Ma la questione non viene neppure discussa.

Benito Mussolini marcia su Roma.

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