| |
La Repubblica - Esteri 30.05.03
Il Pentagono adesso spiega: la nostra priorità
era far saltare il regime per poi ritirarci dall'Arabia
Iraq, ora gli Usa ammettono
"Le armi furono un pretesto"
E il "falco" Wolfowitz: "Era la sola ragione che poteva
mettere d'accordo tutti, ma non è mai stata la vera motivazione"
dal nostro inviato VANNA VANNUCCINI
|
NEW YORK - Ricorderete
come Bush presentò la guerra al popolo americano, e Colin Powell alle
Nazioni Unite: Saddam - dissero - è il Male, ma quello che lo rende
pericoloso, e rende necessaria una guerra preventiva, sono le sue Armi di
Distruzione di Massa.
Due mesi dopo la fine della guerra, nemmeno un'arma di distruzione di
massa è stata trovata. E mentre escono notizie su come siano stati
gonfiati i rapporti d'intelligence americani e britannici, i falchi del
Pentagono vanno all'attacco. "Abbiamo messo l'accento sulle armi di
distruzione di massa per motivi burocratici. Erano la sola ragione che
poteva mettere d'accordo tutti. Ma in realtà non è mai stata questa la
motivazione principale della guerra", ha detto chiaro Paul Wolfowitz,
che è l'inventore della dottrina della guerra preventiva adottata da Bush |
In un'intervista a Vanity Fair il numero due del Pentagono confida che
"la ragione principale della guerra era un'altra" passata, a suo
dire, "quasi inosservata": "Il rovesciamento di Saddam
avrebbe permesso agli Stati Uniti di ritirare le loro truppe dall'Arabia
Saudita. Il solo fatto di togliere questo fardello dalle spalle dei
sauditi apre la porta a un Medio Oriente più pacifico".
Il ministro della Difesa Donald Rumsfeld non è stato da meno. Con la sua
solita nonchalance ha spiegato ieri che se Saddam non ha usato le armi di
distruzione di massa è perché "probabilmente aveva deciso di
distruggerle prima". E a chi gli faceva notare che proprio questa era
stata la richiesta dell'Onu, o comunque si meravigliava che il disastrato
esercito iracheno avesse potuto distruggere le armi senza lasciar traccia,
"col tempo sapremo di più", ha detto Rumsfeld sorridendo.
Ha poi paragonato il dopoguerra iracheno a quello in America dopo la
Guerra d'Indipendenza: "Non ci possiamo aspettare di essere
trasferiti dal dispotismo alla libertà su un letto di piume", ha
detto citando Jefferson.
L'Amministrazione americana appare tranquilla: Bush gode di alti consensi,
che si sono estesi ora anche ai militari i quali secondo il 75% degli
americani "fanno la cosa giusta". Né il presidente ha di che
temere dai nove sconosciuti candidati democratici che si contendono la
nomina per sfidarlo alle presidenziali del 2004. Vanity Fair riferisce che
Wolfowitz fu il primo a dire a Bush, quattro giorni dopo l'attacco alle
Torri Gemelle: "Abbiamo buone opzioni per poterci occupare
dell'Iraq".
All'osservazione dell'intervistatore che nell'ufficio di Wolfowitz c'è
"un governo ombra segreto" che ha usurpato le operazioni della
Cia, il numero due del Pentagono risponde che "c'è piena
trasparenza". E tranquillamente ammette: "Per normalizzare
l'Iraq ci vorranno anni". Wolfowitz è ora il capofila
nell'Amministrazione di chi vuole dare avvio ora a una massiccia azione di
destabilizzazione in Iran contando anche sull'aiuto delle milizie armate
dei Mojaheddin-e Khalq, un'organizzazione che il Dipartimento di Stato
annovera tra i gruppi terroristi.
(30 maggio 2003)
|
|
|