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uomo politico iraqeno (Tikrit 1937). Vicesegretario del partito Baath (1964),
fu uno degli organizzatori del colpo di Stato del 1968. Nel 1979 succedette a
Hussein al-Bakr a capo dello Stato. Instaurato un regime personale, brutalmente
repressivo verso tutte le opposizioni politiche e contro le minoranze etniche (curdi)
e religiose (sciiti), per accelerare la modernizzazione del paese, Hussein puntò
sullo sfruttamento delle rendite petrolifere e dei rapporti abilmente stretti
sia con l'URSS sia con gli occidentali in funzione antiraniana. Dopo una lunga
guerra contro l'Iran per l'egemonia nella regione (1980-88), nel 1990 ordinò
l'invasione e l'annessione del Kuwait, ma fu severamente sconfitto da una
coalizione internazionale sotto l'egida dell'ONU nella guerra del Golfo del
1991. Pur vinto militarmente, Hussein non solo riuscì a mantenere intatto il
suo potere all'interno (avendo ragione anche di una serie di defezioni e
tentativi di ribellione da parte di alcuni stretti collaboratori, 1995-96) e a
non permettere alcuna effettiva forma di controllo internazionale sul suo
operato, ma risolse anzi a suo favore il lungo scontro armato con gli
indipendentisti curdi e sciiti (1993). Confermato plebiscitariamente alla
presidenza (1995), ha sfidato nuovamente l'ONU espellendone gli osservatori nel
1997 e, ancora ostacolandone l'attività nel 1998; nonostante gli attacchi aerei
anglo-americani 1998-1999) e l'inasprimento delle condizioni della popolazione a
causa dell'embargo è restato alla guida del paese. Nel corso del 2002 si sono
intensificate le pressioni internazionali contro il dittatore che, nel 2003, con
la Seconda guerra del Golfo, è divenuto il bersaglio principale della campagna
anti-terrorismo del presidente statunitense George
W. Bush. |