I campi italiani
Il campo di concentramento di
Gonars
Il campo di concentramento di Gonars, in provincia di
Udine, quindi vicinissimo alle zone slovene e alle zone in cui era già iniziata la guerra
di liberazione, fu uno dei luoghi in cui si svolse la grande tragedia di questi deportati.
Venne istituito già nel dicembre del 1941, costituito da tre settori, circondato da filo
spinato, controllato dai carabinieri e da circa 600 soldati con 36 ufficiali. Ai lati nord
e sud del vasto spazio recintato da due torri alte sei metri, armate con mitragliatrici
puntate verso il campo, con riflettori che di notte illuminavano a intervalli di pochi
minuti il campo e il circondario. Tutto intorno una "cintura" larga due metri,
in cui le sentinelle avevano lordine di sparare senza preavviso a tutti quelli che
la oltrepassavano.
Allarrivo i nuovi internati venivano denudati,
"disinfestati", rapati a zero. Ma nonostante la pulizia quotidiana delle
baracche tenuta dagli stessi internati, i parassiti si moltiplicavano. Essi si
diffondevano in prevalenza addosso agli internati che, a causa dellindebolimento
fisico, giacevano sempre a letto e si lasciavano andare allapatia.
Il 25 febbraio 1943 ci sono a Gonars 5.343 internati di
cui 1.643 bambini. Ci sono intere famiglie provenienti da Lubiana o dai campi di Arbe
(Rab) o di Monigo (Treviso); due terzi croati e un terzo sloveni. Baracche strette e
lunghe, da 80 a 130 prigionieri per baracca; baracche praticamente senza riscaldamento o
con stufe mal funzionanti, ma molti (specialmente uomini adulti) dormivano in tenda;
igiene impossibile per mancanza di tutto; pidocchi, scabbia erpete e altre malattie
contagiose; per quanto riguarda le donne incinte, l80% dei nati erano morti.
Mangiare del tutto insufficiente, minestrone mezzogiorno e sera, praticamente acqua, +
200g di pane. "La gente è affamata. Ma forse è meglio dire che muore di fame",
scriveva il salesiano padre Tomec, come risulta da una sua lettera in data 6 febbraio
1943. "Queste famiglie non hanno nessuno che possa mandargli i pacchi, perché le
loro case sono state bruciate e i parenti sparpagliati. (
) Una grande maggioranza di
internati è venuta da Arbe (Rab) e sono giunti già esausti, simili a scheletri. (
)
Dal 15 dicembre 1942 al 15 gennaio 1943 ne sono morti 161. In media muoiono 5 persone al
giorno. (
) Il maggiore medico Betti mi ha detto che in due mesi il 60% di questa
gente morirà, se prima non vengono liberati. (
) Una scena triste viene offerta
dalla baracca nella quale ci sono soltanto bambini orfani che hanno perso i genitori ad
Arbe o a Gonars". "Dio ci guardi da qualche epidemia nel campo. Le persone
cadrebbero una dopo laltra come mosche." Così scriveva ancora padre Tomec. E
di una epidemia, si ha proprio notizia dai documenti della censura che si trovano
nellArchivio di Stato di Udine (fascicolo Prefettura). Infatti se in febbraio i
problemi erano soprattutto la fame e il freddo, si ebbe anche unepidemia di tifo
petecchiale, non sappiamo con quali esiti. Di unaltra, nel giugno del 43, si
sa anche per il campo di internamento di Visco (a 3 chilometri da Palmanova, a 10
dallaltro campo, quello di Gonars). Cerano in questo campo 4000 persone, che
in maggio, come risulta sempre da questi documenti della Censura, erano stati picchiati
dai carabinieri con "botte da orbi" perché "quando hanno saputo che
abbiamo perso la Tunisia, si sono messi tutti a gridare "Viva la Russia"".
Mentre sul campo di concentramento di Gonars ci sono stati degli studi che, seppur
conosciuti solo localmente, hanno messo in luce questa tragedia, del campo di
concentramento di Visco si sa poco e niente, ma la grande tragedia che vi si svolse emerge
dai documenti che affiorano oggi dallArchivio di Stato di Udine. Nel monumento
ossario del cimitero di Gonars sono sepolti 453 corpi. I prigionieri vengono liberati nel
settembre del 43. (a cura di Alessandra Kersevan)
(dai siti Pinerolo Cultura e rossaprimavera.org)