I campi italiani
1941-43: i campi di
concentramento nella Jugoslavia occupata
Il 6 aprile 1941 l'esercito italiano e quello nazista invasero la
Jugoslavia. La Slovenia viene smembrata fra Italia (il territorio che
diventa provincia di Lubiana) e Germania. Per quanto riguarda la Croazia il 18 maggio
Aimone di Savoia, diventa re di Croazia, con il collaborazionista Ante Pavelic come primo
ministro.
Le prime formazioni partigiane slovene iniziarono la loro azione nel
luglio 1941, con effettivi molto limitati (vengono successivamente indicate in 8-10 mila).
Il primo tentativo di annientamento del movimento di liberazione jugoslavo, con un'azione
congiunta italo-tedesca, viene realizzato nellottobre 1941. Esso termina con un
totale fallimento, malgrado luso sistematico del terrorismo verso le popolazioni
civili, le stragi e la distruzione, le rappresaglie feroci verso i partigiani e le loro
famiglie (solo a Kragulevac, furono fucilate 2300 persone).
Con l'inasprimento della lotta, i nazifascisti tentano una seconda grande offensiva, con
36.000 uomini. Scarsi risultati, moltissime vittime. I partigiani riescono a sfuggire al
tentativo di accerchiamento.
La terza grande offensiva si svolge dal 12 aprile al 15 giugno 1942, sotto la direzione
del generale Roatta. Ancora una volta grandi perdite, stragi e distruzioni: non viene
raggiunto l'obiettivo di annientamento.
Intensificazione delle azioni contro guerriglia in Slovenia da parte delle forze del XI^
Corpo d'Armata (quattro Divisioni italiane, con l'aggiunta dei fascisti sloveni della
"Bela Garda" (Guardia Bianca). Sempre feroci le azioni di terrorismo contro i
civili e la deportazione delle popolazioni di intere zone, senza distinzioni di sesso e di
età.
Bilancio
delle vittime slovene in 29 mesi di terrore fascista, nei 4.550 Km quadrati di questo
territorio:
Ostaggi civili fucilati ................ n. 1.500
Fucilati sul posto.................... n.
2.500
Deceduti per sevizie................................. n.
84
Torturati e arsi vivi
.
n. 103
Uomini, donne e bambini morti nei campi
di concentramento
.
..
n. 7.000
Totale
.....
n. 13.087 |
In Slovenia, già dallottobre del 1941,
il tribunale speciale pronuncia le prime condanne a morte, il mese dopo entra in funzione
il tribunale di guerra. La lotta contro i partigiani, che diventano una realtà in
continua espansione, si sviluppa nel quadro di una strategia politico-operativa rivolta
alla colonizzazione di quei territori. Con lintervento diretto dei comandi militari
italiani la politica della violenza si esercita nelle più svariate forme: iniziano le
esecuzioni sommarie sul posto, incendi di paesi, deportazioni di massa, esecuzioni di
ostaggi, rappresaglie sulle popolazioni a scopo intimidatorio e punitivo, saccheggiamento
dei beni, setacciamento sistematico delle città, rastrellamenti
prende corpo il
progetto di deportazione totale della popolazione, con il trasferimento forzato degli
abitanti della Slovenia, progetto che i comandi discutono con Mussolini in un incontro a
Gorizia il 31 luglio 1942 e che non si realizza solo per limpossibilità di domare
la ribellione e il movimento partigiano. Nel clima di repressione instauratosi con
loccupazione militare nel territorio jugoslavo, per il regime fascista nasce
inevitabilmente lesigenza di creare delle strutture per il concentramento di un gran
numero di civili, deportati da quelle regioni.
In una lettera spedita al Comando supremo dal generale Roatta in data 8
settembre 1942 (N. 08906), viene proposta la deportazione della popolazione slovena.
"In questo caso scrisse si tratterebbe di trasferire al completo masse ragguardevoli
di popolazione, di insediarle all'interno del regno e di sostituirle in posto con
popolazione italiana".
I campi di concentramento e deportazione italiani furono
almeno 31 (a Kraljevica, Lopud, Kupari, Korica, Brac, Hvar, ecc.), disseminati dall'Albania all'Italia meridionale, centrale e
settentrionale, dall'isola adriatica di Arbe (Rab)
fino a Gonars e Visco nel Friuli, a Chiesanuova e
Monigo nel Veneto. Solo nei lager italiani morirono 11.606 sloveni e
croati. Nel lager di Arbe (Yugoslavia) ne morirono 1.500 circa. Vi furono
internati soprattutto sloveni e croati (ma anche "zingari" ed ebrei), famiglie
intere, vecchi, donne, bambini.
A proposito ecco un documento del 15 dicembre 1942, in quella data l'Alto
Commissariato per la Provincia di Lubiana, Emilio Grazioli, trasmise al Comando dell'XI
Corpo d'Armata il rapporto di un medico in visita al campo di Arbe dove gli internati
"presentavano nell'assoluta totalità i segni più gravi dell'inanizione da
fame", sotto quel rapporto il generale Gastone Gambara scrisse di proprio pugno:
"Logico ed opportuno che campo di concentramento non significhi campo
d'ingrassamento. Individuo malato = individuo che sta tranquillo".
Sempre nel 1942, il 4 agosto, il generale Ruggero inviò un fonogramma al Comando dell'XI
Corpo in cui si parlava di "briganti comunisti passati per le armi" e
"sospetti di favoreggiamento" arrestati, in una nota scritta a mano il generale
Mario Robotti impose; "Chiarire bene il trattamento dei sospetti, cosa dicono le
norme 4C e quelle successive? Conclusione: si ammazza troppo poco!".
L'ultima frase è sottolineata, il generale Robotti alludeva alle parole d'ordine
riassuntive del generale Mario Roatta, comandante della II Armata italiana in Slovenia e
Croazia (Supersloda) il quale nel marzo del 1942 aveva diramato una Circolare 3C nella
quale si legge:
"Il trattamento da fare ai ribelli non deve essere sintetizzato dalla formula dente
per dente ma bensì da quella testa per dente".
E infatti furono migliaia i civili falciati dai plotoni di esecuzione italiani, dalla
Slovenia alla "Provincia del Carnaro", dalla Dalmazia fino alle Bocche di
Cattaro e Montenegro senza aver subito alcun processo, ma in seguito a semplici ordini di
generali dell'esercito, di governatori o di federali e commissari fascisti.
Il campo di concentramento di Arbe
(Rab in croato)
Il campo di
concentramento di Gonars