I lager di Petain (Francia)
di Pietro Ramella
Nel proseguire la ricerca storica riguardante il successivo uso dei campi
di internamento francesi, dove nei primi mesi del 1939 furono rinchiusi cinquecentomila
profughi repubblicani in fuga dalla Spagna1, giunsi ad una
delle pagine più buie della storia di Francia: la partecipazione del governo
collaborazionista di Vichy alla "soluzione finale della questione ebraica".
Argomento ritornato di attualità con il processo, davanti al tribunale di Bordeaux, a
Maurice Papon, segretario generale della Prefettura della Gironda negli anni 1942-44,
accusato di aver fatto arrestare e trasferire verso il campo di transito di Drancy circa
millesettecento ebrei, che poi finirono nelle camere a gas di Auschwitz.
La Francia ha vissuto con malessere questa vicenda, avrebbe preferito lasciarla sepolta
nell'oblio del tempo: sono infatti passati oltre cinquant'anni e, mentre i giovani non
conoscono gli avvenimenti, una parte di quelli che li vissero ritiene ingiusto processare
l'Administration, colonna portante della nazione.
22 giugno 1940
Il governo Pétain firma l'armistizio con i tedeschi, in base al quale la Francia subisce
la divisione del territorio nazionale in due grandi zone: quella occupata dai tedeschi,
comprendente il Nord, l'Est e Parigi, l'altra cosiddetta libera, comprendente i
dipartimenti mediterranei ed il Sud, sotto l'autorità del governo di Pétain, con sede a
Vichy; la perdita dell'Alsazia e Lorena; l'asservimento delle risorse tecniche e materiali
allo sforzo bellico tedesco; l'avvio di una politica di esclusione contro quelli che
Charles Maurras, il teorico de "L'Action française" e de "La révolution
nationale", chiamò "l'anti-France": ebrei, apolidi,
comunisti, massoni, nomadi e resistenti.
Le considerazioni sulla persecuzione degli ebrei in Francia non possono pertanto
prescindere dalla sua divisione in due zone, infatti mentre in quella occupata la presenza
dei tedeschi, soprattutto della Gestapo e delle Ss, era incombente ed i funzionari statali
erano rigidamente controllati, nella zona libera l'État français godeva di una
pur limitata sovranità che i tedeschi dovevano rispettare, per cui, se è condannevole la
collaborazione prestata da Papon e da altri che come lui operarono nella Francia occupata,
risulta ripugnante quella dei burocrati della zona non occupata, che furono acquiescienti
nei confronti della persecuzione: infatti nell'intera tragica storia dell'Olocausto i soli
ebrei deportati da un Paese europeo non occupato dai tedeschi provennero dalla Francia di
Vichy. I "grands et petits commis" avrebbero potuto non evadere il
dossier "internamento, rastrellamento e deportazione" alla stregua di una
qualsiasi pratica amministrativa secondo le qualità intrinseche dei funzionari francesi:
neutralità politica, competenza e disciplina, qualità che si ritorsero contro gli
inermi. Non fu neanche questione di razzismo, quanto di ottusa indifferenza e di
malprestata efficienza fondate su un credo: gli ordini superiori non si discutono, anche
se inumani. Pochissimi preferirono dimettersi piuttosto che ubbidire. Indifferenza,
opportunismo ed efficienza furono le premesse alla tragedia che deportò dalla zona libera
ad Auschwitz più di diecimila ebrei "apatrides" (apolidi o stranieri non
protetti dalle autorità consolari del paese di origine), parte dei settantaseimila
israeliti, francesi e stranieri, che partirono verso l'Est per un viaggio senza ritorno
tra il 1942 e il 1944.
In attuazione delle norme dell'armistizio il 3 ottobre 1940 venne promulgato il
"Premier Statut des juifs" e il 4 la "Loi sur l'internement des étrangers
de race juive".
Ora, mentre per gli ebrei francesi le conseguenze dello statuto comportarono
l'allontanamento da alcune professioni, in particolare l'insegnamento pubblico
(provvedimento in pratica inattuato), la legge autorizzò i prefetti ad internare gli
"apatrides", cioè di massima, gli israeliti che avevano lasciato la
Germania dopo la promulgazione delle "leggi di Norimberga", del settembre 1935,
e soprattutto dopo la "notte dei cristalli", tra l'8 e il 9 novembre 1938, o
quelli che erano fuggiti dall'Austria e Cecoslovacchia dopo l'assorbimento nel grande
Reich e dal Belgio, Olanda e Polonia dopo l'occupazione.
I benestanti vennero concentrati negli alberghi delle stazioni termali pirenaiche, mentre
quelli privi di mezzi furono raccolti nei campi di internamento, via via aperti nella zona
non occupata a: Brens (Tarn), Casseneuil (Lot et Garonne), Gurs2 (Basses
Pyrénées), Les Milles (Bouches du Rhône), Le Récébédou (Haute Garonne), Le
Vernet (Ariège), Noé (Haute Garonne), Rivesaltes (Pyrénées Orientales),
Saint Sulpice (Tarn), Septfonds (Tarn et Garonne), o in strutture di minor
importanza sorte nelle località di Caylus, Clairfont, Masseube, Montech.
All'epoca, i nazisti avevano progettato l'espulsione dall'Europa occupata di tutti gli
ebrei (esclusi i polacchi) e la loro deportazione nell'isola di Madagascar, colonia
francese, dove intendevano creare una "riserva ebraica". Prima tappa il Sud
della Francia, da dove, una volta conclusasi vittoriosamente la guerra, avrebbero
raggiunto la sistemazione definitiva.
La prima operazione di trasferimento verso la Francia non occupata fu attuata nell'ottobre
1940, quando vi vennero inviati a forza 6.538 ebrei tedeschi vittime dell'
"operazione Bürckel": si trattava di uomini, donne e bambini strappati dalla
Gestapo alle loro case nel Baden, Palatinato e Sarre, caricati su nove treni composti da
vagoni bestiame, che, dopo un viaggio di tre giorni e due notti, giunsero sulla linea di
demarcazione tra la zona occupata e quella libera. Il governo di Vichy elevò vibrate
proteste alla Commissione di armistizio, ma dopo averli bloccati per un giorno, dovette
cedere per l'intervento di Hitler, che in quei giorni incontrava a Montoire il maresciallo
Pétain.
Vennero sistemati a Gurs3, nel campo creato
l'anno precedente per internare, in 428 baracche, i combattenti spagnoli dell'armata
repubblicana, in particolare baschi, aviatori e brigatisti internazionali.
Questa operazione era la prova per la deportazione sempre verso la Francia di altri
duecentodiecimila ebrei dal Reich, dalla marca dell'Est e dal protettorato di
Boemia-Moravia.
La vita degli internati in campi dislocati in località prossime ai Pirenei, quindi in
zone di montagna piovose e fredde, fu subito disumana; anche se non conobbero né i
reticolati elettrificati né le sevizie dei guardiani, dovettero sopportare l'isolamento
dalla vita civile, la fame, la promiscuità in spazi ristretti, il freddo, l'umidità
determinata dalla fanghiglia, la carenza di igiene, la miseria psicologica e morale, alla
mercè dei parassiti, in baracche fatiscenti, prive di stufe ma ricche di topi. A tutto
ciò si aggiunse l'indifferenza dei servizi amministrativi francesi e delle popolazioni
dei paesi circostanti.
Era soprattutto la mancanza di tre elementi fondamentali dell'alimentazione (grassi,
albumina e farinacei), che raggiungevano appena un quarto del necessario, a debilitare i
prigionieri. Infatti la razione media giornaliera di calorie oscillava tra le 980 e le
1.250, quando un essere umano in riposo totale utilizza da 30 a 32 calorie per chilo di
peso, per cui un uomo di 60 chili necessita in media di 1.800 calorie.
Trovare il mezzo di migliorare il vitto dei campi fu una delle preoccupazioni fondamentali
degli internati; in alcuni di essi venne creata una "cooperativa di acquisto",
funzionante in contatto con le organizzazioni umanitarie, che si fecero carico di
alleviare tante sofferenze, quali il Soccorso svizzero ai bambini, il Soccorso
protestante, i quaccheri, la Croce rossa francese e, naturalmente, quelle ebraiche.
Il mercato nero ebbe un ruolo fondamentale, se ne conosce l'ampiezza grazie all'esame dei
giornali locali su cui non passò settimana senza che vi fosse il resoconto di un processo
riguardante i campi celebrato davanti al tribunale correzionale. La maggior parte dei casi
riguardava internati puniti per "acquisto di merci contingentate-tesserate", ma
numerosi anche i mercanti che, installati nei pressi dei campi, furono perseguiti per
"vendita illecita". Vennero condannati anche spagnoli dei Groupements des
travailleurs étrangers, che, approfittando della possibilità di uscire dal campo,
praticavano il commercio clandestino, o guardiani, perlopiù residenti nei paesi
circostanti, accusati di trarre profitto dall'intermediazione tra i reclusi e l'esterno. I
prezzi variavano tra il doppio e il decuplo del normale, mentre numerosi pagamenti
avvenivano in natura: gioielli, orologi, penne.
La salute fu l'altra grave emergenza; durante l'autunno e l'inverno le intemperie, in zone
soggette a forti piogge ed abbondanti nevicate, determinavano un freddo glaciale, che
obbligava per diversi mesi gli internati a dimorare nell'esiguo spazio delle baracche;
promiscuità che favoriva il rapido propagarsi di malattie, per la cui cura mancavano
medicinali specifici.
Nel campo di Gurs nell'ultima settimana di ottobre morirono venti persone, di massima
anziani. All'inizio del mese di novembre i medici internati, circa una dozzina, si
organizzarono: tutte le mattine uno di loro visitava le baracche per constatare eventuali
sintomi ed evitare ulteriori contagi. In ogni raggruppamento di baracche in cui era diviso
il campo funzionava un'infermeria con una ventina di letti ove venivano ricoverati i
pazienti contagiosi assistiti da un infermiere. Nell'ospedale centrale del campo venivano
ricoverati i malati più gravi. Quelli che necessitavano di trattamenti specialistici o di
essere operati venivano trasferiti una volta alla settimana negli ospedali delle città
vicine. Malgrado questa organizzazione e gli sforzi del personale sanitario i risultati
furono irrisori.
Altri gravi problemi derivarono dall'invasione di pulci, cimici e pidocchi, che non era
possibile eliminare, e dalle malattie nervose, che colpivano persone facilmente irascibili
e suscettibili o soggette a gravi forme di depressione fisica e morale.
Dall'esame dei dossier individuali conservati negli archivi dipartimentali di Pau (questo
a merito della burocrazia) è possibile conoscere il destino dei 6.538 internati. Essi
risultano: trasferiti in altri campi o strutture esterne (3.588, pari al 54,9 per cento),
emigrati negli Usa (943, pari al 14,5 per cento), deportati (1.090, pari al 16,6 per
cento), deceduti nel campo (820, pari al 12,5 per cento), liberati o evasi (97, pari
all'1,5 per cento).
I trasferimenti dipesero essenzialmente dall'apertura, nel marzo 1941, dei
"campi-ospedale" di Noé e Récébédou: non si trattava in effetti di strutture
sanitarie, ma semplicemente di campi meglio costruiti, con baracche in pietra, i tetti di
lamiera ondulata ed il terreno interno ed esterno praticabile tutto l'anno. Altri, in
possesso di disponibilità personali, vennero assegnati a residenze esterne soggette ad
una sorveglianza molto blanda. Tuttavia pochi di questi si salvarono dalla deportazione in
Germania.
Gli emigranti negli Stati Uniti attendevano l'imbarco, se uomini, nel campo di Les Milles,
se donne, negli alberghi "Bompart" o "du Levant" di Marsiglia.
I deportati furono quanti non trovarono il modo di lasciare il campo.
I decessi furono più frequenti nei primi mesi. Durante l'inverno 1940-41 morirono i più
deboli, soprattutto anziani, con una media di otto persone al giorno (un massimo di dodici
morti nei giorni 4 e 13 dicembre).
I liberati furono quelli che poterono dimostrare di essere stati vittime di un arresto
irregolare, gli evasi furono poche decine perché, se per lasciare il campo era
sufficiente passare, di notte, sotto i reticolati, era difficile poi non farsi catturare
dai gendarmi, magari avvisati da qualche contadino. I pochi che riuscirono a fuggire
raggiunsero, attraverso i Pirenei, la vicina Spagna, dove venivano internati nel campo di
Miranda de Ebro.
I nazisti pretesero dalla Francia il rispetto delle clausole dell'armistizio per cui
imposero la creazione, nel marzo 1941, del Commissariato generale per la Questione ebraica
(Cgqj), la promulgazione, il 2 giugno, del "Deuxième Statut des juifs", da cui
derivò la legge di arianizzazione dei beni ebrei.
L'Hautpsturmführer Ss Theodore Dannecker, capo del servizio per la questione ebraica
della Gestapo in Francia, sollecitò la creazione di campi di raccolta anche nella Francia
occupata, sostenuto dall'esperto dell'ambasciata tedesca di Parigi, Zeitschel. Le loro
pressioni portarono alla costituzione di due campi a Pithiviers e Beaune-la-Rolande
(Loiret), dove vennero internati, a cura della Prefettura di polizia, 3.333 israeliti
stranieri. Ma nell'intenzione dei tedeschi questi campi avrebbero dovuto adempiere solo la
funzione di campi di transito per il successivo trasferimento degli ebrei nella zona non
occupata. Nell'agosto venne aperto il tristemente famoso campo di Drancy nella banlieue
di Parigi, con il primo internamento di quattromila ebrei rastrellati in città.
Le eclatanti vittorie in Russia e la conseguente conquista di vasti territori fecero
rivedere i piani nazisti circa la costituzione della "riserva ebraica" nel
Madagascar a favore di una sua dislocazione ad Est. L'Inghilterra non era ancora vinta e
controllava i mari con la sua flotta, per cui era impensabile trasferire gli
indesiderabili. Inoltre apparve evidente che anche dopo la fine della guerra si sarebbero
incontrate notevoli difficoltà a trasportare tutti gli ebrei dell'Europa occidentale (per
quelli dell'Est era già stata programmata l'eliminazione) in quanto il tonnellaggio
navale mondiale, fortemente decimato dal conflitto, avrebbe dovuto essere destinato a
compiti più urgenti.
20 gennaio 1942
Conferenza di Wannsee (Berlino) presieduta dal Ss Obergruppenführer Reinhard Heydrich,
capo dello Ufficio centrale di sicurezza del Reich (Rsha) con la collaborazione del Ss
OberSturmbanfhürer Adolf Eichmann, nel corso della quale viene concertata la criminale
"soluzione finale", cioè la deportazione per lo sterminio di tutti gli ebrei
europei verso i campi all'uopo allestiti all'Est secondo i metodi (gasificazione e
cremazione) già sperimentati con russi e polacchi.
4 marzo 1942
Nel corso di una conferenza di lavoro del Rsha, riunita sotto la direzione di Eichmann,
Dannecker, riferendo sulla situazione francese, fa presente che per prelevare gli ebrei
della zona non occupata si deve ottenere il consenso del governo di Vichy. "Occorre -
aggiunge - proporre qualcosa di veramente positivo" per saggiarne la disponibilità a
collaborare alle previste deportazioni. Heydrich, che assiste ai lavori della conferenza,
si dice d'accordo per la formazione di un primo convoglio dalla Francia occupata previsto
per il 27 marzo, parte di quella che la Gestapo classifica come "la quota 1942",
nella quale dovranno essere inclusi cinquemila ebrei parigini, perché è nella capitale
che la questione ebraica è più urgente, e si impegna egli stesso a risolvere in loco il
problema con le autorità francesi.
5 maggio 1942
Heydrich si reca a Parigi per insediarvi il rappresentante personale di Himmler, il
generale Karl Albrecht Oberg, quale capo delle Ss e della polizia tedesca, ed incontra il
sottosegretario di stato René Bousquet, nuovo capo della polizia del governo di Vichy.
Questi è un giovane prefetto di 33 anni, avvocato a 19, insignito della Legion
d'honneur a 20, capo di gabinetto del ministro degli Interni a 22. Nel corso
dell'incontro viene preso in esame il problema delle deportazioni, Heydrich informa
Bousquet che si stanno predisponendo i treni per trasferire gli ebrei apolidi della zona
occupata internati a Drancy con destinazione Est, dove saranno impiegati in lavori utili
al Reich.
Quasi sorprendendo il suo interlocutore, Bousquet suggerisce ad Heydrich di prelevare
anche gli ebrei apolidi internati dopo il 1940 nella zona non occupata. Egli non protesta
contro la deportazione, anzi si dichiara disposto a consegnare ai nazisti gli israeliti
sotto la giurisdizione di Vichy, lasciando presagire la piena disponibilità della polizia
francese. L'inattesa offerta viene lasciata in sospeso per le difficoltà di organizzare i
trasporti, infatti al momento le autorità tedesche hanno programmato solo il
trasferimento di seimila ebrei tutti dalla zona occupata.
11 giugno 1942
I responsabili della questione ebraica in Francia, Belgio e Olanda sono in riunione con
Eichmann a Berlino per dare attuazione all'ordine di Himmler di deportare ad Auschwitz gli
ebrei di quei paesi, di età compresa tra i sedici e i quarant'anni, adatti al lavoro. È
con questo "camouflage" del lavoro che egli ha deciso le quote da
deportare dai paesi occupati: centomila dalla Francia, quindicimila dal Belgio e diecimila
dall'Olanda. La quota francese è stata suggerita da Dannecker che, imprudentemente, ha
previsto un contingente così elevato contando anche sugli ebrei internati nella zona
libera, senza considerare l'attuale scarsa collaborazione del governo di Vichy, che tra
l'altro procrastina la promulgazione della legge che impone agli ebrei di portare la
stella gialla. Dannecker ha dato mandato al Rsha perché si metta in contatto con il
servizio trasporti ferroviari su queste basi: stazione di destinazione: Auschwitz; data
inizio partenze: 13 luglio 1942; convogli ferroviari: tre alla settimana, per un totale di
cento treni in otto mesi; provenienza deportati: Parigi (circa trentaduemila),
dipartimenti occupati (circa quindicimila), zona libera (cinquantamila).
Rientrato a Parigi, Dannecker incontra Louis Darquier, commissario francese per la
questione ebraica, per coordinare le operazioni di arresto, ma questi gli fa presente che
come massimo potrà contare su trentamila ebrei della zona occupata ed un imprecisato
numero di alcune migliaia della zona non occupata. Egli vede così drasticamente
ridimensionato il suo programma di deportazione da centomila persone a poco più di
quarantamila. Se così fosse, sulla base di tre treni alla settimana, il programma
verrebbe a essere liquidato in poco più di tre mesi. I responsabili nazisti pretendono
allora di conoscere dalle autorità francesi l'esatto numero di internati della zona non
occupata, la loro suddivisione per età, per sesso e nazionalità. Essi puntano a farsi
consegnare gli ebrei internati da più di diciotto mesi, che nel maggio Bousquet si era
spontaneamente offerto di consegnare in quanto apolidi, probabilmente considerando che
essi erano stati trasferiti in Francia senza l'autorizzazione del governo francese ed
inoltre, poiché erano in prevalenza di nazionalità tedesca, la questione poteva
configurarsi come un affare interno del Reich.
12 giugno 1942
Eichmann informa telegraficamente Dannecker che il Ministero dei Trasporti ha predisposto
i convogli per trasferire gli ebrei dalla Francia. Con grande imbarazzo questi è
costretto a precisare al suo superiore che al momento non è in grado di garantire più di
quarantamila partenze. Ma poiché risultano sbagliate per difetto le previsioni circa le
deportazioni dal Belgio e dall'Olanda, aumentate da diecimila a sedicimila nel primo Stato
e da quindicimila a trentaseimila nel secondo, risultano compensate le deficienze francesi
ed i programmi possono essere rispettati.
Iniziano le deportazioni al campo di Auschwitz di quarantamila ebrei dalla Francia
occupata e di cinquantamila dal Belgio e dall'Olanda. Dannecker contatta Jean Legauy,
delegato di Bousquet a Parigi, ma poiché questi al momento può mettere a disposizione
solo i tremila internati nei campi della zona occupata, gli impone di predisporre il
rastrellamento di altri trentamila ebrei nella Francia occupata, di cui ventiduemila nel
Grand Paris (il 40 per cento costituito da francesi). Agli arresti deve collaborare in
modo massiccio la polizia francese, in quanto quella nazista non è in grado di eseguire
retate di tale portata e non si può contare sull'esercito di occupazione, già restio a
fornire le scorte ai convogli.
Legauy obietta che sarebbe meglio rastrellare un maggior numero di ebrei stranieri nella
zona libera. Non protesta per un'operazione così detestabile, ma cerca di facilitare il
compito al governo di Vichy, stornando la minaccia dagli ebrei francesi. Tuttavia prende
tempo, dovendo informare Bousquet, che a sua volta fa sapere che deve conferire con il
capo del governo Laval. Dannecker si arrabbia per questa perdita di tempo, ma soprattutto
perché il potere di decisione circa la partecipazione della polizia francese alle
operazioni resta attribuito al governo francese. Egli dichiara che non si può discutere
della evacuazione degli ebrei dalla zona occupata perché si tratta di una decisione
tedesca a cui la polizia francese deve cooperare anche in assenza di disposizioni del suo
governo. Per la zona libera mitiga i termini, facendo presente che si tratta di un'offerta
tedesca per sbarazzare i francesi da decine di migliaia di indesiderabili, gravosi per il
bilancio dello Stato.
26 giugno 1942
Laval sottopone la questione al Consiglio dei ministri, presieduto dal maresciallo
Pétain, facendo presente che se la Germania aveva risolto in maniera estremamente severa
la questione ebraica, la stessa non era sentita in termini così drastici dall'opinione
pubblica francese. Per cui, davanti alle richieste tedesche di maggior coercizione,
dichiara che si deve agire con la massima prudenza, suggerendo di fare un censimento in
modo da distinguere gli ebrei francesi da quelli stranieri o apolidi. Leguay informa Laval
della promessa fatta ad Heydrich da Bousquet circa la consegna di diecimila ebrei della
zona libera e della richiesta di utilizzare la polizia francese nelle retate previste
nella zona occupata. Riguardo alla prima notizia Laval cade letteralmente dalle nuvole,
circa la seconda precisa: "Risponderò negativamente io stesso". Legauy riporta
queste decisioni a Dannecker, che, furioso, dichiara che si metterà direttamente in
contatto con il prefetto di polizia di Parigi perché vengano posti ai suoi ordini
duemilacinquecento uomini in uniforme al giorno per circa due settimane, anche senza
l'autorizzazione delle autorità francesi. Imprudentemente egli non informa i suoi
superiori, Oberg ed Helmut Knochen (capo dei servizi di sicurezza tedeschi), per cui in
caso di rifiuto del prefetto verrebbe ad essere messa in gioco la credibilità ed il
prestigio della potenza occupante.
2 luglio 1942
Incontro tra Oberg e Knochen da una parte e Bousquet dall'altra, in cui quest'ultimo
ripete ai tedeschi le istruzioni ricevute dal governo francese: nessuna interferenza sugli
arresti nella zona occupata, a cui però la polizia francese non deve partecipare, e
nessuna decisione al momento circa la consegna di diecimila internati nella zona libera.
Per Knochen è un disastro, egli assolutamente non può impiegare la polizia tedesca per
la progettata operazione di arresti, essa è numericamente insufficiente per una
operazione di tale ampiezza, il che vuol dire mettere a repentaglio l'intera operazione.
Bousquet spiega che da parte francese non c'è nessuna obiezione contro gli arresti
stessi, è solo l'esecuzione da parte di poliziotti francesi che è "genante"
(Knochen nella sua relazione ai superiori usa il termine francese). A questo punto i
nazisti replicano in tono minaccioso, contrapponendo alle decisioni del governo francese
la volontà del führer circa l'assoluta necessità di una soluzione definitiva della
questione ebraica anche in Francia. Bousquet allora cede; poiché non si parla di
arrestare ebrei di nazionalità francese, a cui Pétain si è dichiarato contrario,
accetta di "arrestare in un'azione di polizia unificata su tutto il territorio
francese il numero di ebrei stranieri che i tedeschi desiderano". Egli si piega, più
che di fronte alle minacce sottintese di Knochen, ad un calcolo politico. Laval gli aveva
certamente concesso un certo spazio di manovra nel caso che egli giudicasse che la sorte
del suo governo venisse messa in pericolo da un irrigidimento tedesco, ma Bousquet, da
freddo tecnocrate, intravede, pur nel momento in cui il prestigio del governo francese
viene gravemente sminuito, nell'intervento della polizia unificata il suo riconoscimento
quale capo della stessa su tutto il territorio nazionale.
Nei due giorni seguenti Laval fa il punto sulla situazione davanti a Pétain e ai
ministri, chiede cioè l'approvazione all'operato di Bousquet. Per lui la distinzione
fondamentale è tra ebrei francesi e "rifiuti mandati dai tedeschi",
suddivisione accettata dal maresciallo, che la ritiene condivisibile anche dall'opinione
pubblica, così da aumentare la sua popolarità per la protezione assicurata dal suo
governo agli ebrei francesi, anche se a spese di un vile baratto con loro correligionari.
Dopo le grandi retate Knochen scriverà a Bousquet: "Vi confermo che la polizia
francese ha svolto un compito degno di elogio".
4 luglio 1942
Nuova riunione tra Knochen, al cui fianco riappare Dannecker, tenuto in disparte per le
sue intempestive affermazioni, e Bousquet. I tedeschi a questo punto avanzano la pretesa
di visitare i campi di internamento della zona non occupata per rendersi conto della
situazione e predisporre i trasferimenti. In un primo tempo Bousquet è contrario:
verrebbe sminuita la sovranità della Repubblica francese. Dannecker replica che la
Germania è spinta esclusivamente da spirito di collaborazione verso la Francia per
sbarazzarla degli ebrei nell'ambito della soluzione della questione a livello europeo e
che tutte le operazioni sarebbero rimaste di pertinenza dell'autorità francese. Bousquet,
consultato Laval, accetta. Dannecker telegrafa ad Eichmann il positivo risultato degli
incontri, che stabiliscono: partecipazione della polizia francese alle retate e
possibilità di arrestare tutti gli ebrei apolidi nelle due zone. Tace naturalmente sugli
ebrei francesi, ma, una cosa per volta, sembra sottintendere. Sappiamo che i tedeschi
erano al tempo interessati solo a persone tra i sedici ed i quarant'anni, e qui nuovamente
interviene la cecità di Laval, che propone ai tedeschi di prelevare le famiglie intiere.
Egli al Consiglio dei ministri spiega: "Per un principio umanitario ho ottenuto,
contrariamente alle prime intenzioni dei tedeschi, che i figli, compresi quelli minori di
sedici anni, siano autorizzati ad accompagnare i genitori".
16-17 luglio 1942
Retate a Parigi e nei dipartimenti occupati eseguite dalla polizia francese agli ordini di
funzionari francesi sotto il controllo delle autorità di occupazione.
Questa collaborazione viene ricordata il 16 luglio di ogni anno sui principali quotidiani
dalla comunità ebraica in occasione della "giornata di commemorazione dei crimini di
Vichy" per denunciare l'arresto di "13.152 esseri umani perché nati ebrei, di
cui 4.115 bambini, 5.919 donne, 3.118 uomini.
Essi vennero internati al Vel d'Hiv, a Drancy, Pithiviers, Beaune-la-Rolande, consegnati
agli occupanti tedeschi, che li deportarono ad Auschwitz, dove furono gasati e bruciati
nei forni crematori".
La denuncia si chiude con l'esortazione: "Francese, ricordati di questa ignominia
perpetrata con la complicità criminale del regime di Vichy."
Negli stessi giorni Dannecker visita i campi della zona libera di Les Milles, Rivesaltes e
Gurs; qui resta profondamente deluso per i soli 2.247 ebrei deportabili, lontani dai
diecimila su cui contava, per cui pretende una nuova grande retata in tutti i dipartimenti
sotto la sovranità di Vichy.
Legauy per mitigare l'irritazione dei tedeschi li informa che circa quattromila ebrei, di
cui milleduecento incorporati nelle Gte, denominati dall'amministrazione Groups des
travailleurs palestiniens, raggiungeranno Drancy tra il 7 ed il 13 agosto provenienti da
Gurs, Noé, Récébédou, Le Vernet e Rivesaltes. Dannecker, poco dopo sostituito dal suo
vice Rothke, accusa ricevuta di quello che chiama "questo primo piccolo
acconto".
25 agosto 1942
Nel Sud della Francia viene organizzata dalle autorità petainiste, con l'impiego di forze
di polizia locali, una grande retata, che dà però risultati deludenti con
"soli" 6.584 arresti, che diventeranno 7.100 il 1 settembre.
Infatti i censimenti degli ebrei e dei loro beni erano stati fatti con molta
superficialità per cui molti non furono trovati per aver cambiato residenza o perché
precedentemente avvertiti.
In generale solo il 40 per cento del previsto viene catturato. Unico a compiacersi il
prefetto del Tarn: la sua percentuale è la migliore con il 60 per cento di arresti.
Dall'agosto all'ottobre 1942 una dozzina di convogli trasporteranno ad Auschwitz
diecimilacinquecento israeliti provenienti dalla zona libera. Questo mentre sarebbe stato
possibile far espatriare in Spagna gli israeliti; infatti le autorità franchiste, che
respingevano i fuoriusciti politici, avevano un occhio di riguardo per i prigionieri di
guerra e gli aviatori alleati, per ognuno dei quali si disse che la Spagna ricevesse
"un sac de blé" (un sacco di grano), e gli ebrei.
Resta difficile da spiegare questo comportamento del cattolicissimo Franco nei loro
confronti, tenuto conto che ben settemila di loro combatterono nelle Brigate
internazionali e che la "cruzada" era rivolta contro "il marxismo,
la massoneria ed il giudaismo". Il giornalista spagnolo José Antonio Lisbona nel suo
libro "Ritorno a Sefárad" sostiene che tale comportamento dipese, oltre che
dalla - sempre negata - origine ebrea del Caudillo, dal fatto che alcune banche di
famiglie ebree del Marocco e di Gibilterra avevano finanziato le forze franchiste fin
dall'inizio della guerra civile.
A seguito delle rimostranze dei tedeschi per il limitato numero di arresti, Laval e
Bousquet si giustificano facendo presenti le resistenze del clero ed in particolare del
cardinale di Lione, che nasconde i ricercati in conventi e luoghi sacri, e con il crescere
della protesta dell'opinione pubblica. Risulta chiaro in ogni caso che non sarà possibile
riempire un treno al giorno (mille persone) dal 15 al 30 settembre. Oberg e Knochen
comprendono che non è il caso di insistere troppo: la questione ebraica può passare in
secondo ordine, è prioritario conservare la docilità della Francia, essenziale per gli
interessi economici e strategici del Reich e per la tranquillità delle forze di
occupazione garantita dalla polizia agli ordini di Bousquet. Ma Rothke non demorde, cerca
di ottenere altri passeggeri forzati per i convogli di metà ottobre. Dispone al momento
di quattromila internati nella zona occupata, per cui programma di rastrellare tutti gli
ebrei di nazionalità baltica, jugoslava, bulgara, romena, greca e prepara una minuziosa
lista di 5.129 influenti ebrei francesi che prevede di rastrellare il 22 settembre. Ma
Knochen blocca tutto e riferisce a Himmler come ciò può determinare seri problemi alla
politica collaborazionista di Laval. Il Reichcsführer accetta tale tesi e ferma i suoi
uomini. Il 22 ottobre arrivano a Drancy da Rivesaltes 106 ebrei, gli ultimi consegnati dai
francesi.
11 novembre 1942
I tedeschi, in seguito allo sbarco alleato nei territori francesi del Nord Africa,
occupano la zona libera, Pétain e il suo governo perdono ogni autonomia e i funzionari
francesi continueranno a collaborare ma, e non è una scusante, sotto diretto controllo
dei tedeschi.
Dopo la Liberazione vennero intentati numerosi processi a questi solerti "servitori
dello Stato" e in alcuni casi i dibattimenti si conclusero con la pena di morte;
altri erano già stati giustiziati dai partigiani, ma le condanne si basarono più sulle
operazioni anti-maquis che sulle deportazioni degli ebrei. Molti riuscirono a
dimostrare di aver collaborato anche con i seguaci di De Gaulle e non furono perseguiti.
Dei maggiori responsabili del governo di Vichy conosciamo la sorte: ergastolo per Pétain,
pena di morte per Laval; René Bousquet, processato nel 1949, fu assolto; sarà
assassinato da uno squilibrato nel 1991. Ma i prefetti, i sottoprefetti, i burocrati
grandi e piccoli, i guardiani dei campi riuscirono a sfuggire alla resa dei conti, mancò
la volontà politica di perseguirli: a De Gaulle, alle prese con una Resistenza forte e
soprattutto di sinistra, premeva di più la continuità dello Stato. I campi chiusero uno
dopo l'altro: nell'ottobre 1942 Récébédou, nel novembre 1943 Gurs e nel giugno 1944
Vernet d'Ariège. Gli altri dopo la Liberazione divennero "centri di soggiorno
sorvegliato", dove furono internati i collaborazionisti ma, con l'agosto 1945, anche
questi si vuotarono. Poi la Francia ufficiale stese un pietoso velo sul suo passato. Sono
occorsi più di cinquant'anni perché Barbie e Papon affrontassero il giudizio degli
uomini.
Considerando come l'ottusa efficienza dei funzionari francesi ebbe tragiche conseguenze
per gli ebrei, fu certo preferibile un'amministrazione meno strutturata, come quella
italiana, dove i dipendenti erano più accessibili alla compassione, alla solidarietà o
forse anche alla corruzione. Un fatto poco conosciuto avvenne nel mio paese natale,
Castellamonte (nel Canavese), dove dal dicembre 1941 al settembre 1943 trovarono
ospitalità cinquanta ebrei fuggiti da Belgrado. All'armistizio, aiutati dalla famiglia
Olivetti, essi riuscirono a raggiungere la Svizzera e quando, dopo la guerra, alcuni di
loro ritornarono per ringraziare quanti li avevano aiutati, con loro grande sorpresa
vennero invitati a presentarsi in comune per ritirare gli arretrati del sussidio
quotidiano (8 lire per capofamiglia, 5 per la moglie e 3 per ogni bambino, più 50 lire
mensili per l'affitto), che non avevano più percepito dal settembre 1943.
(in "l'impegno", a. XVIII, n. 3, dicembre 1998, Istituto per la storia della
Resistenza e della società contemporanea nelle province di Biella e Vercelli)