La
persecuzione degli zingari
LO STERMINIO DEGLI ZINGARI DURANTE LA SECONDA
GUERRA MONDIALE (parte III)
di Giovanna Boursier
in
Studi Storici 2, aprile-giugno 1995 anno 36
Troppo poco si è detto e scritto su queste pagine tragiche della storia. Nel
dopoguerra pochi storici si sono dedicati a uno studio scientifico per raccontare e
approfondire queste vicende: se ne trovano solo cenni o riferimenti in lavori che si
occupano del nazismo in generale, della questione razziale o del sistema concentrazionario
dei lager. Annoverati tra le vittime del nazismo gli zingari sono poi ignorati
dalla storiografia ufficiale che accredita l'ipotesi per cui furono deportati e sterminati
in quanto asociali e criminali. Pochi si preoccupano di raccontare che gli zingari erano
invece, per i nazisti, una ben delimitata categoria di persone perseguitate e
perseguitabili in quanto razza nociva, da eliminare dalla faccia della terra.
Stranamente, ma non senza che questo fatto assuma un certo significato, la prima
studiosa ad occuparsi dello sterminio degli zingari fu una ricercatrice di origine ebrea,
Miriam Novitch, che alla fine della guerra, e probabilmente anche con l'intento di
stimolare ulteriori approfondimenti, si dedicò a raccogliere documenti e testimonianze su
quanto accaduto agli zingari durante la seconda guerra mondiale. In un saggio importante,
tradotto in italiano nel 196545,
la Novitch sosteneva che « motivi e metodi impiegati dai nazisti per perpetrare il
genocidio del popolo zigano risultano identici a quelli impiegati per lo sterminio degli
ebrei» .
Già solo in base a queste ricerche si sarebbe probabilmente potuta attivare un'analisi
coerente dei fatti e sostenere conclusioni già note ma sempre tralasciate.
Fino almeno a oltre la metà degli anni Settanta, invece, nessuno si è dedicato ad
approfondire questi temi.
Paradossalmente, l'unica eccezione, ma con un numero limitato di pubblicazioni, risulta
essere la Germania. Ciò è anche dovuto al fatto che i tribunali tedeschi dovevano
comunque esaminare le richieste di risarcimento degli zingari ex deportati che -
parallelamente all'ufficialità tendente a negare ogni diritto sostenendo che non si
trattava di uno sterminio razziale - tentavano di raccogliere quanti piú documenti e
fonti possibili per dimostrare l'accaduto. Uno dei primi lavori sullo sterminio degli
zigani è quello di Döring46:
l'autore anche se propende per la tesi della persecuzione razziale, la suddivide in fasi e
tempi diversi, sostenendo, di fatto, la scansione tra una persecuzione razziale e una non.
In particolare Döring fa una lunga analisi delle diverse fasi della guerra per
indicare anche i motivi di ordine militare che, secondo la sua opinione, avrebbero indotto
le alte gerarchie naziste a decretare i diversi momenti della persecuzione.
Come abbiamo visto sul finire degli anni Settanta incominciano a emergere prove
inconfutabili dello sterminio degli zingari (i decreti di Himmler sugli internamenti, le
deportazioni e la soluzione finale della questione zingara) e l'interesse cresce anche in
altri paesi.
In Germania si chiariscono i presupposti della ricerca, si amplia l'utilizzo delle
fonti e si approfondiscono i dati. Dopo una storia della persecuzione degli zingari in
Germania, scritta da Hohmann nei primi anni Ottanta, nel corso del decennio sono usciti
altri lavori di un certo interesse47.
Tra i lavori piú completi e recenti, quello di Michael Zimmermann, studioso tedesco che
in questo momento si sta occupando di trovare tracce di questa storia negli archivi russi48.
Sono ricerche che si occupano dello sterminio degli zingari in generale, ne chiariscono i
presupposti teorici e l'attuazione pratica, e informano sullo stato attuale della ricerca.
Tutti ormai danno per assodato che si sia trattato di una persecuzione razziale, e
sostengono che il reperimento di nuova documentazione e di nuove fonti risulta oggi ancora
prezioso da due punti di vista: uno, piú generale, è quello di arrivare a un chiarimento
dello svolgersi degli avvenimenti storici, del perché ad esempio solo alla fine del 1944
si decreti l'eliminazione e la gasazione degli zigani prigionieri, o della ragione per cui
ad Auschwitz venissero tenuti in condizioni particolari, o ancora del perché le
deportazioni di massa inizino nel marzo del 1943; l'altro è quello di approfondire la
realtà dei vari paesi occupati o satelliti della Germania, il che potrebbe anche fornire
dati utili a stabilire una cifra delle vittime prossima a quella reale.
In Austria, sottoposta subito dopo l'occupazione alla legislazione del Reich, un grande
contributo alla ricerca era stato dato, fin dal 1966, dal lavoro di Selma Steinmetz49,
oggi approfondito e reso ancor piú coerente da quello di Erika Thurner50.
Le prime deportazioni si effettuano in base a un'ordinanza del ministero degli Interni
emanata nel giugno del 1936. Da quell'anno sono registrati prigionieri zingari a Dachau.
La documentazione al riguardo fa parte della corrispondenza tra la direzione del lager e
la polizia politica bavarese. Una lettera del 1° luglio 1936 riguarda la lotta contro
mendicanti e zigani, e annuncia al comandante di Dachau l'invio di 100-120 deportati.
Un'altra lettera annuncia tre trasporti dello stesso tipo di 400 zingari e specifica che i
due trasferimenti avverranno in vetture cellulari per i prigionieri. Erika Thurner ha
trovato 6 zingari anche tra i prigionieri di Mauthausen, ma i dati su questo lager sono
ancora incompleti: tra i deportati Milan Kostic - fatto prigioniero a soli 13 anni a
Belgrado - racconta che nel 1938 suonava nell'orchestrina del lager. Sempre a
Mauthausen, nel luglio 1941 è documentato un trasporto di 91 zingari, dei quali almeno
uno è sopravvissuto, Robert Schneeberger. Subito dopo il decreto di Himmler dell'8
dicembre 1938, venne creato il campo di lavoro forzato per zigani di Salzburg-Leopolskron,
soppresso nella primavera del 1943 quando gli internati vennero trasportati ad Auschwitz,
tranne un piccolo gruppo a Lackenbach. Erika Turner ha studiato in particolare « il campo
per zingari di Lackenbach» , nel Burgenland, anticamera di Chelmno e di Lodz: dal 1940 vi
furono internati piú di 2.000 zigani dei quali nessuno è sopravvissuto. Sembra che il
totale degli zingari austriaci vittime della politica nazista sia stato di circa 6.500
persone, su 11.200 che erano.
La Polonia, ribattezzata dai nazisti Governatorato generale, è la destinazione delle
deportazioni dell'aprile 1940. Da allora, per tutto il corso della guerra, trasporti di
zingari continuarono ad arrivare nei territori polacchi. All'inizio gli zingari erano
raccolti in campi di lavoro o nei ghetti: nel gennaio del 1941 è documentato un trasporto
di 5.007 zigani austriaci nel ghetto di Lodz. Nessun sopravvissuto. Tra il 9 e l'11
novembre dello stesso anno vi giungono altri cinque convogli di soli zingari. Sulla storia
di questo ghetto manca però ancora una documentazione precisa. La maggior parte degli
zingari polacchi venne invece uccisa in esecuzioni di massa: ne parla Fikowskie
51
numerose testimonianze in questo senso sono state raccolte dalle commissioni
distrettuali polacche per i crimini di guerra. Non potrà mai essere accertato il numero
degli uccisi dalle Einsatztruppen, anche perché zingari ed ebrei erano contati
insieme. Solo alcune volte si facevano distinzioni: cosí il 2 gennaio 1942 è attestata
la fucilazione di 824 zingari sul confine occidentale della Crimea; in marzo 19.433
zingari risultano « sottoposti a trattamento speciale» in territorio polacco.
Naturalmente la ricerca va avanti. Waclaw Dlugoborski, direttore del museo di Auschwitz,
sta lavorando alla compilazione di una tabella che fornisca date e cifre delle esecuzioni
di massa compiute in Polonia: secondo le sue fonti, nel 1943 oltre il 50% di zingari
polacchi era già stato ucciso.
Sul lager di Auschwitz esiste una buona documentazione anche se, come abbiamo
detto, alcune domande restano senza risposta. Si sa quando fu attivato lo Zigeunerlager
e all'incirca quante persone vi morirono. Anche se non sono ancora stati ritrovati
tutti gli elenchi dei deportati zingari o le registrazioni del loro arrivo, dalla
documentazione disponibile si può ipotizzare una cifra di circa 23.000 persone. Auerbachscrive 52
che di questi 23.000 almeno 13.000 erano morti per fame e malattie, o in esperimenti
medici compiuti nel lager. Langbein sostiene che ad Auschwitz furono internati
10.849 zingare e 10.094 zingari, ricavando queste cifre dalle immatricolazioni datate
dall'inizio del 1943. Kenrick e Puxon compilano delle tabelle sulle scadenze di arrivo e
sostengono una cifra tra le 20.000 e le 23.000 persone. Probabilmente gli archivi russi
adesso accessibili potrebbero fornire dati ulteriori, ma la ricerca è ancora tutta da
compiere.
Su Treblinka si hanno rarissime testimonianze e quasi nessuna documentazione scritta.
Alcuni sopravvissuti hanno raccontato di un gruppo di circa 1.000 persone provenienti
dalla Bessarabia e « giunte a piedi, seguiti dai loro carrozzoni trainati da cavalli» ,
tutti immediatamente condotti nelle camere a gas.
La storia della deportazione degli zingari francesi e di quelli arrivati in Francia dai
paesi confinanti è raccontata molto bene da Christian Bernadac53.
Il resoconto dettagliato dei fatti e lo studio delle fonti atte a suffragarli è anche un
pesante atto d'accusa contro il collaborazionismo francese. Bernadac sostiene che dei
60.000 deportati francesi morti nei campi di concentramento, eccettuati gli ebrei, 15.000
erano zingari, uno su quattro. I primi internamenti si basavano su ordini del 6 e del 29
aprile 1940, quindi precedenti all'armistizio. Dopo l'occupazione tedesca risultano in
funzione 26 campi principali nella zona Sud e 16 in quella Nord. Bernadac ha lavorato sui
rapporti dei campi francesi dove erano internati zingari: il principale era
Montreuil-Bellay, nel dipartimento Maine-Loire, dal 1941 destinato solo agli zingari. L'8
novembre vi giunge il primo convoglio, di 265 zingari, e, da allora fino al gennaio del
1945, si susseguono continuamente trasporti di zingari. Bernadac racconta anche la
situazione in Belgio. In base a un decreto di Himmler datato 29 marzo 1943, viene ordinata
la deportazione di tutti gli zingari olandesi e belgi ad Auschwitz. Gli zingari, già
detenuti o appena rastrellati, sono rinchiusi soprattutto nella caserma di Malines, dalla
quale il 15 gennaio 1944 partono per Auschwitz. Erano 351 persone, ne sopravvissero circa
10. Secondo i dati piú accreditati, e in particolare grazie agli studi di José Gotovitche 54
di Kenrick e Puxon, la cifra degli zingari in Belgio prima della guerra era di 600
persone, delle quali 500 morirono nei lager.
Sui paesi dell'Est esistono, per il momento, studi sparsi. Pochissimi sono i lavori
completi, mentre in generale si può dire che alcune informazioni si trovano su riviste
specializzate nello studio dei problemi e delle questioni sugli zingari. Recentemente è
cominciata la ricerca sulle fonti rumene, bulgare e ungheresi, ma i dati sono ancora
frammentari. Secondo la documentazione finora raccolta risultano oltre 28.000 vittime in
Ungheria e 36.000 in Romania.
In Slovacchia il regime clerico fascista modificò la propria legislazione antizigana
sulla base di quella nazista. Dalla corrispondenza del ministero degli Interni sembrerebbe
che alla « liquidazione del problema zingaro» si opponessero qui ostacoli di carattere
economico, dovuti soprattutto all'altissima densità di popolazione zingara, se paragonata
a quella tedesca. Nei primi anni di guerra gli zingari erano comunque costretti al lavoro
forzato sotto minaccia di internamento. Dopo la repressione dell'insurrezione nazionale
slovacca gli invasori tedeschi e i collaborazionisti slovacchi cominciarono la repressione
radicale del « problema zingaro» . Gli zingari vennero quasi tutti trucidati in
esecuzioni di massa, oppure rinchiusi nelle loro abitazioni poi incendiate. Sembra che le
vittime slovacche ammontino a circa 1.000. Ctibor Necasdocumenta 55
le stragi compiute nei villaggi di Tisovec, Kremnicka e Nemecka nad Hronom tra la fine
del 1944 e l'inizio del 1945.
La situazione jugoslava è conosciuta nelle sue linee generali ma ancora molto da
approfondire. Subito dopo l'occupazione Artukovic, « l'Himmler croato» , emana a getto
continuo norme e leggi che limitano e annullano i diritti della popolazione zingara sul
territorio. Nel 1942 iniziano sicuramente le deportazioni di massa degli zingari: tra
maggio e giugno ne risultano internati 30.000, in prevalenza donne e bambini. Ma già
prima gli zingari venivano imprigionati e uccisi. In Jugoslavia durante la seconda guerra
mondiale c'erano 71 campi di concentramento e 329 carceri per interrogatori. Uno dei piú
noti campi di sterminio era Jasenovác, alla confluenza dei fiumi Sava e Una. Il primo
trasporto di 300 zingari vi giunse il 27 aprile 1941, da Zagabria. Il numero esatto delle
persone imprigionate e morte in questo lager non è stato accertato, e
probabilmente non lo sarà mai: nel 1945 gli ustascha cercarono di far sparire le
prove dei loro crimini, esumando le vittime dalle fosse comuni e bruciando i cadaveri.
Solo nel 1957 si è iniziato a raccogliere sistematicamente la documentazione su questo lager 56,
a fare rilevamenti fotografici e scavi che, nel 1964, hanno portato alla scoperta di 289
fosse comuni. Durante il processo Eichmann la segreteria di Stato per gli Affari esteri
della Jugoslavia ha presentato un documento che elenca la costituzione dei campi di
concentramento decretata dalle autorità italiane e tedesche nel 1941: tra questi figura
anche Jasenovác. Dopo la seconda guerra mondiale su Jasenovác hanno anche testimoniato i
sopravvissuti e sono stati pubblicati gli interrogatori dei criminali di guerra, in
particolare di Ljudo Milos, ex comandante del lager. Oggi le nuove dirigenze della
ex Jugoslavia smentiscono l'esistenza stessa dei lager sul loro territorio durante
la seconda guerra mondiale e ancor piú lo sterminio di zingari ed ebrei, ma Rajko Djuric'
ha recentemente riassunto i dati e le testimonianze oggi disponibili su Jasenovác e, in
particolare, ha pubblicato un elenco, proveniente da archivi ustascha, di 2.046
nomi di deportati zingari in quel lager. Fikreta Jelic-Butic e Lengel Kritzman -
che purtroppo hanno dovuto interrompere le loro ricerche per la guerra in corso - hanno
stabilito che in Jugoslavia sono stati uccisi circa 40.000 zingari57.
In Serbia la legislazione « antigitana» era emanata direttamente dal Reich e i lager
erano sotto il controllo delle autorità tedesche. Sono documentate esecuzioni
sistematiche di massa di ebrei e zingari nell'ottobre del 1941. Nell'agosto 1942 il
governatore militare Turner scriveva che « la Serbia è il solo paese dove la questione
ebraica e quella zingara sono state risolte» .
Per quel che riguarda la ricerca e lo studio sugli zingari in Italia durante la
dittatura fascista la situazione è ancora molto lacunosa: non esiste alcun lavoro storico
italiano dedicato all'argomento. Cenni generali si trovano nel volume di Vittorio Giuntellae58,
piú recentemente, in quello di Loredana Narcisoche 59
dedica un capitolo alla persecuzione nazista degli zingari, ma senza riferimenti
particolari al caso italiano. Una documentazione interessante e, per quanto possibile
metodica, è stata raccolta, nel corso degli anni, sulla rivista « Lacio Drom»
pubblicata dal Centro studi zingari di Roma. La presidente del Centro, Mirella Karpati, ha
anche recentemente curato un lavoro dove si trovano spunti interessanti60.
Annamaria Masseriniha 61
pubblicato un libro che offre stimoli a ulteriori ricerche.
I dati e le fonti sono comunque ancora pochi e non chiariscono del tutto quale fosse la
politica fascista nei confronti degli zingari, e in particolare del gruppo dei Sinti,
presenti in Italia da oltre tre secoli.
La politica della razza occupò uno spazio rilevante nell'ambito del pensiero fascista
e della conseguente politica. Già in un discorso del 1921 Mussolini sosteneva che « i
fascisti devono preoccuparsi della salute della razza con la quale si fa la storia» . Dal
5 settembre 1938 - anno della promulgazione delle leggi razziali - esistevano un Consiglio
superiore della demografia e della razza, un Tribunale della razza e una Commissione per
le discriminazioni62.
Il problema, per noi, diventa capire se e in che modo gli zingari ne fossero oggetto.
Per i fascisti gli zingari rappresentavano sicuramente un problema di ordine pubblico. I
provvedimenti in merito sono chiariti da una circolare del ministero degli Interni datata
8 agosto 1926: si tratta di « epurare il territorio nazionale dalla presenza di carovane
di zingari [...] ammettendo al transito solo quelle che si munissero di documenti di
viaggio [...] provvedendo anche alle segnalazioni affinché il viaggio sia contenuto nei
limiti di tempo e nell'itinerario previsti» . Nelle leggi razziali del 1938 gli zingari
non sono direttamente menzionati, anche se si dice che « il matrimonio del cittadino
italiano di razza ariana con persona appartenente ad altra razza è proibito» . Nel
novembre 1940 sulla rivista « La difesa della razza» un articolo di Guido Landra in
riferimento al « pericolo dell'incrocio con gli zingari, dei quali sono note le tendenze
al vagabondaggio e al ladronaggio» , sostiene la necessità di provvedimenti contro «
questi eterni randagi, privi in modo assoluto di senso morale» .
È anche attestato un telegramma circolare del ministero degli Interni datato 11
settembre 1940 e indirizzato ai prefetti del Regnonel 63
quale si danno disposizioni circa « i provvedimenti di internamento degli zingari» .
Probabilmente la politica discriminatoria colpí soprattutto gli zingari stranieri
penetrati in territorio italiano, ma si sa anche di deportati Sinti che all'epoca della
guerra vivevano già da molto tempo in Italia. Del resto le misure persecutorie verso gli
zingari possono essere aumentate e divenute piú intransigenti nel momento in cui Lubiana
e il suo territorio diventano parte del Regno d'Italia anche solo per il fatto che molti
zingari scappavano dalla Jugoslavia verso i nostri territori.
Al momento, comunque, nulla ci permette di parlare di una « questione zigana»
nell'Italia fascista, e forse questo è il punto centrale da approfondire.
Dalle testimonianze apprendiamo l'esistenza di campi di concentramento per zingari: Perdazdefogu64,
in Sardegna, Tossicia, vicino a Teramo, Agnone, nella provincia di Campobasso, dove gli
zingari erano imprigionati nel convento di S. Bernardino. Un libro testimonianza è quello
di Giuseppe Levakovicche 65
racconta la fuga dalla Jugoslavia e l'incontro con zingari detenuti a Tossicia. Thulo Reinhardtracconta 66
di essere stato deportato con la sua famiglia e altri sinti alle isole Tremiti. Oltre
a questo è documentata la presenza di zingari in campi non specificamente per loro:
Poggio Mirteto e Ferramonti.
Diversamente da quanto accade per gli altri, la cui documentazione risulta ancora
scarsissima e contraddittoria, l'unico campo sul quale si hanno dati abbastanza certi è
quello di Tossicia. Le carte e gli atti degli archivi comunali dicono che risulta
funzionante dal 21 ottobre 1940 e che, dall'estate del 1942, ci sono prigionieri zingari.
La corrispondenza del direttore del campo e dell'ufficiale sanitario - sulla quale ha
lavorato la Masserini - dipinge il quadro di una situazione assolutamente invivibile resa
ancora peggiore dall'arrivo degli zingari. Esiste anche una lista di zingari internati
nell'agosto 1942: sono 108 persone appartenenti in maggioranza al gruppo degli Hurodovic.
Tra l'agosto del 1942 e il 6 settembre del 1943 si registrano nove nascite67.
Dopo la liberazione i prigionieri scappano: da un rapporto del maresciallo dei carabinieri
al podestà locale, datato 27 settembre 1943, si sa che 118 sopravvissuti sono scappati
diretti verso nord, « senza produrre alcun rumore perché tutti privi di scarpe» .
Non sappiamo, purtroppo, quale futuro Mussolini riservasse agli zingari. Sappiamo però
che alcuni zingari italiani arrivarono nei campi di concentramento tedeschi: Erika Thurner
ha documentato la loro presenza in due campi di concentramento austriaci, Lachenback e
Mauthausen.
La necessità è quindi innanzitutto quella di capire se in Italia la persecuzione e
l'internamento degli zingari fossero dovuti solo a ragioni di ordine e sicurezza o
preannunciassero intenzioni di politica razziale. È dunque fondamentale ricercare ancora
tra i documenti d'archivio (provvedimenti del ministero degli Interni, archivi comunali e
corrispondenza locale dei luoghi di internamento) per comprenderne le ragioni e cercare di
capire quale doveva essere, anche solo nelle intenzioni, la destinazione dei prigionieri
zingari.
Per ciò che riguarda invece le fonti relative al periodo successivo alla guerra il
discorso diventa piú complesso. Come abbiamo visto gli atti dei grandi processi contro i
criminali nazisti forniscono dati relativi al periodo precedente: nei resoconti degli atti
processuali si trovano infatti molti riferimenti indiretti al problema degli zingari, ma
sul periodo nazista.
Sul dopoguerra la gran parte della documentazione non è accessibile. Si tratta infatti
soprattutto di fonti dirette, richieste di risarcimento e relativi atti dei tribunali
competenti, sulle quali, in molti casi, grava ancora il segreto istruttorio.
Ma la Convenzione di Bonn - che dimentica gli zingari anche dove sarebbe stato non solo
doveroso ma logico includerli - e la sentenza del 1956 - che divide la storia della
persecuzione nazista degli zingari in due fasi - oltre ad alcuni « atti personali» degli
zingari oggi disponibili risultano comunque sufficienti a raccontare i fatti e la tendenza
alla discriminazione sempre presente.
Per quel che riguarda il 1956 esistono, in realtà, almeno due sentenze del Tribunale
supremo (Bgh), entrambe datate 7 gennaio e firmate dagli stessi giudici. Sono revoche di
precedenti sentenze di prima istanza che avevano, invece, riconosciuto gli indennizzi per
« persecuzione razziale» . Le due sentenze sono praticamente identiche (differiscono,
ovviamente, solo nelle premesse che riguardano dati sulla storia personale dei due
zingari): si riferiscono a casi di zingari deportati in Polonia nel 1940 in seguito
all'ordinanza di Himmler del 27 aprile.
Un caso è quello di Klager68,
zingaro « meticcio» , che « fin dalla prima guerra mondiale risiede stabilmente a Trier
[...] e il 21 maggio 1940 viene catturato, insieme a molti altri zingari, condotto a
Colonia e da qui verso il Governatorato Generale» , e infine in vari altri lager.
L'altro è il caso Katharina Weiss69,
zingara, nata a Pfeil, « a causa dell'ordinanza del RFSSuChDtPol del 27/4/40 [...]
coinvolta nell'azione di deportazione di Koblenz [...] e, insieme al marito [...]
deportata in Polonia, dapprima nel lager di Warschau-Marimont e poi in diversi
altri lager, ultimo dei quali fu Konepol [...]» .
In entrambi i casi la sentenza finale del 1956 stabilisce che per la loro deportazione
« le ragioni politiche di razza non erano state decisive » e revoca, quindi, i
risarcimenti prima concessi con le seguenti motivazioni:
Paragrafo 1: la deportazione degli zingari nell'aprile 1940 dalle zone di confine verso
il Governatorato generale non è misura coercitiva dei nazisti per ragione di razza [...]
Paragrafo 2: se una persona che ha subito deportazione è rimasta in prigionia dopo il
decreto di Auschwitz del 1° marzo 1943, questa prigionia può essere considerata motivata
da una persecuzione razziale [...].
Secondo la Corte suprema è solo con il decreto del 16 dicembre 1942, quello che
stabilisce la deportazione e l'internamento ad Auschwitz di tutte le persone di razza
zingara, che si arriva « ad una svolta della politica verso gli zingari nel cosiddetto
"Terzo Reich"» . In questo caso lo scopo finale è sufficientemente (!) chiaro:
« il completo sterminio degli zingari viventi che si trovano nella sfera di dominio dei
nazisti» .
Oltre alle considerazioni piú ovvie, vorremmo qui ancora sottolineare il fatto che il
verdetto non tiene minimamente conto di una parte essenziale della legislazione nazista
riguardo agli zingari, precedente alla data indicata come inizio della persecuzione
razziale. Ci sono infatti norme emanate negli anni 1940-41 che riguardano gli zigani e che
non sono affatto originate dalla necessità di arginare la delinquenza o da quella di
limitare il vagabondaggio, ma che limitano invece diritti e garanzie in ambiti che con la
criminalità poco hanno a che fare, quali quello matrimoniale, lavorativo, scolastico
analoghi a quelli prescritti agli ebrei con le leggi di Norimberga e che in questa
sentenza non vengono nemmeno citati.
Le richieste di risarcimento personali sono documentate attraverso gli atti dei
processi conservati negli archivi di Heidelberg, Koblenz e Karlsruhe, ma di difficile
consultazione.
Valga ancora un esempio. Johanna P. è tra coloro che patirono la prima grande
deportazione del 1940. Rinchiusa in vari campi di concentramento (Siedlce, Radom, Sulejow
e altri) per cinque anni dovette subire terribili violenze che la devastarono per sempre.
Le perizie mediche nel dopoguerra riscontrarono danni morali e materiali, ma sostennero
che non erano da ritenere « assolutamente attribuibili alla persecuzione, [...] ma
condizionati da disposizione personale [...]» . Per questo e perché, in base alla
sentenza del 1956, mancavano gli estremi della persecuzione razziale, l'indennizzo le
venne negato. In seguito, nel 1987, quando l'Associazione dei sinti e dei rom tedeschi
ottenne la revisione della sentenza e un risarcimento per danni fisici non riconosciuti
per oltre 40 anni, la popolazione di Karlsruhe insorse contro la donna, ormai ottantenne,
chiedendole di restituire gli aiuti che in quegli anni le erano stati concessi per la sua
sopravvivenza. La richiesta del Consiglio dei sinti e dei rom alla città di Karlsruhe
perché si rinunciasse ai calcoli dell'assistenza sociale non fu accolta e un'ampia
documentazione che vede tra i protagonisti le istituzioni cittadine, il sindaco e il
consiglio comunale, attesta questa ennesima tragedia nella vita di Johanna P. Finí in
modo vergognoso e assurdo: alla donna, che aveva passato 5 anni della sua vita in un lager
e che ne aveva patito le conseguenze per il resto della sua esistenza, la città di
Karlsruhe conferiva un risarcimento di 34.000 -DM, ma a lei, dedotte le spese per
l'assistenza sociale degli anni passati, ne rimanevano solo 13.00070.
Note
45
M. Novitch, Il genocidio degli zingari sotto il regime nazista, in «Quaderni
del Centro studi sulla deportazione», Roma, n. 2, 1965.
46
H. J. Döring, Die Zigeuner im NS-Staat, Hamburg, Husum, 1964.
47
J. Hohmann, Geschichte der Zigeunerverfolgung in Deutschland, Frankfurt,
Bochum, 1981; R. Rose-W. Weiss, Sinti und Roma im Dritten Reich, Gottingen, Lamuv, 1991;
T. Zulch, In Auschwitz vergast, bis heute verfolgt, Hamburg, Reinbeck, 1983; A. Geigges-B.
Wette, Zigeuner Heute, Bornheim-Merten, Lamuv Verlag, 1979.
48
M. Zimmermann, Verfolgt, Vertrieben, Vernichtet, Essen, Klartext, 1989.
49
S. Steinmetz, Osterreich Zigeuner im NS-Staat, Frankfurt, Europa Verlag,
1966.
50
E. Thurner, Nationalsozialismus und Zigeuner in Osterreich, Wien und
Salzburg, 1983.
51
In italiano le sue testimonianze sono riportate sulla rivista «Lacio Drom»,
a cura del Centro studi zingari, Roma, n. 1, 1987.
52
H. Auerbach, Gutachten uber... der Verfolgung der Zigeuner unter der
nationalsozialistischen Herrschaft, speziell in Auschwitz, München, Institut fur
Zeitgeschichte, 1987.
53
C. Bernadac, L'holocauste oublieè. Le massacre des Tsiganes, Paris, Ed.
France-Empire, 1979, in parte tradotto in italiano col titolo Sterminateli!, La Spezia,
Fratelli Melita editori, 1991.
54
«Lacio Drom», Roma, n. 4, 1985.
55
«Lacio Drom», Roma, n. 1, 1981; n. 4, 1978; n. 5, 1993.
56
Vladimir Dedijer è stato uno dei primi storici a scrivere di Jasenovac in
Tito, contributi per la biografia, Zagabria, 1953, purtroppo disponibile solo in lingua
croata. Sulla legislazione razziale in Jugoslavia si veda anche J. Podgorsek Di Nola, Al
servizio del duce e della gestapo, in «Bollettino della Comunità israelitica di
Milano», XLII, 1986, n. 4.
57
Cfr. «Lacio Drom», Roma, n. 4, 1992.
58
V. Giuntella, Il nazismo e i lager, Roma, Ed. Studium, 1979.
59
L. Narciso, La maschera e il pregiudizio, Roma, Melusina, 1990.
60
M. Karpati, a cura di, Zingari ieri e oggi, Roma, Centro studi zingari, 1993.
61
A. Masserini, Storia dei nomadi, Padova, Gb, 1990.
62
R. De Felice, Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, Torino, Einaudi,
1961; M. Sarfatti, Mussolini e gli ebrei, Torino, Zamorani, 1994.
63
Archivio centrale dello Stato, Min. Int., Dir. gen. Pubblica sicurezza, M/4,
b. 105, fasc. 16, s. fasc. 1, ins. 19. Riprodotto in La menzogna della razza, a cura della
Regione Emilia-Romagna, Bologna, Grafis ed., 1994, p. 340.
64
Nel 1987 il sindaco di Perdazdefogu ha smentito categoricamente l'ipotesi che
durante la guerra vi fosse un campo di concentramento per zingari. Mirella Karpati invece
ha ritrovato una lettera della Questura di Fiume a proposito di una richiesta di
informazioni su Giovanni Hurodovic e sua moglie, in cui si risponde che «la famiglia
degli Hurodovic, nel 1938, era internata in Sardegna».
65
G. Levakovic-G. Ausenda, Tzigari, Milano, Bompiani, 1975.
66
«Lacio Drom», Roma, n. 2/3, 1984.
67
La «Rivista di studi storici abruzzese», n. VI, 1985, riporta un elenco di
zingari internati a Tossicia nell'agosto del '42: 54 persone.
68
Institut fur Zeitgeschichte, München, doc. Gt. 02.02.
69
Institut fur Zeitgeschichte, München, doc. MS410, sentenza IV ZR 273/55.
70
Zentralrat Deutscher Sinti und Roma, Heidelberg, atti del risarcimento di
Johanna P. (il nome è stato cambiato). Presso lo Stadt-Archiv di Karlsruhe, doc. I/Bez.,
si trovano altri casi analoghi. |