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CONSEGNE
Sviluppa l’argomento
scelto o in forma di “saggio breve” o di “articolo di giornale”, utilizzando i
documenti e i dati che lo corredano.
Se scegli la forma del SAGGIO
BREVE interpreta e confronta i documenti e i dati forniti e svolgi su questa
base la tua trattazione anche con opportuni riferimenti alle tue conoscenze
personali o di studio.
Dà al tuo saggio un titolo
coerente e ipotizza una destinazione editoriale ( rivista specialistica,
fascicolo scolastico di ricerca e documentazione, rassegna di argomento
culturale, altro).
Se scegli la forma dell’ARTICOLO
DI GIORNALE individua nei documenti e nei dati uno o più elementi che ti
sembrano rilevanti e costruisci su di esso il tuo “pezzo”.
Dà all’articolo un titolo
appropriato e indica il tipo di giornale sul quale ne ipotizzi la pubblicazione
( quotidiano, rivista
divulgativa, giornale scolastico, altro).
Per attualizzare l’argomento,
puoi riferirti a circostanze immaginarie o reali ( mostre, anniversari,
convegni o eventi di rilievo).
Non superare le quattro o cinque
colonne di metà di foglio protocollo.
ARGOMENTO: L'Italia del boom economico.
DOCUMENTI
Già all'inizio degli anni '60 il reddito
nazionale era letteralmente raddoppiato, passando da 10.000 miliardi a 20.000.
Era soprattutto nei tre anni dal '59 al 62 che i tassi di crescita
raggiungevano le punte più alte (…).
A
questo sviluppo il maggior contributo veniva dato dalle attività industriali il
cui valore tra il'52 e il '62 passava dal 27% al 44% del prodotto nazionale.
I
disoccupati, anche grazie ad un consistente flusso di emigrazione in Germania,
Francia e Svizzera, si erano drasticamente ridotti a meno di un milione. Nel
1958 il totale dei lavoratori nell'industria superava quelli dell'agricoltura.
Ben 2.500.000 italiani avevano lasciato la terra - di essi 1.700.000
provenivano dal Sud - e si erano distribuiti tra le attività manifatturiere
(1.700.000) e nel terziario (900.000). In un decennio l'Italia si era
trasformata da paese prevalentemente agricolo in paese prevalentemente
industriale e occupava già il decimo posto nella graduatoria degli stati più
industrializzati dell'Occidente; passerà al settimo durante gli anni '70.
G.Mammarella,
La storia dei nostri anni. Fatti Idee Problemi dal 1939 ad oggi, 1993
[…]
E’ stato anche osservato che la funzione dei consumi “novatori” – prima che di
definire compiutamente uno stile di vita – è “di cancellare gli schemi e i
condizionamenti della cultura tradizionale, vale a dire i vecchi sistemi di
preferenza che gli emigranti di tutti i tipi e di tutte le condizioni si
portavano dietro e che non erano ovviamente compatibili con il sistema di vita
urbano-industriale”. Tutto ciò è indubbiamente vero per i beni superflui –
articoli da decorazione, prodotti di bellezza, accessori domestici che
rientrano nel dominio della ricerca di cose che non obbediscono a necessità
precise ma promettono genericamente felicità, avvenenza, prestigio -; nel campo
primario dell’alimentazione, invece, il passaggio ad usanze convenzionalmente
moderne è molto più lento e costellato da processi di riciclaggio piuttosto che
di sostituzione.
[…]
L’autentica “rivoluzione” di questi anni è la comparsa quotidiana della carne,
stimolata anche da una campagna delle autorità sanitarie che si preoccupano per
le carenze e lo scarso sviluppo della popolazione.
[…]
Nulla interpreta le leggi che governano il consumismo meglio dell’abbigliamento
e della moda, dove subito trionfano gli abiti confezionati e i préts-à-porter. Ma la moda ora non mira
a rinnovare la foggia degli strumenti, bensì a sottolineare la struttura del
corpo di chi li indossa; e poiché la più potente metafora del “nuovo” è la
gioventù, il corpo giovane deve essere snello e flessuoso, elastico e asciutto,
longilineo e sportivo.
[…]
Questi e altri comportamenti standard sono fortemente condizionati dalla
pubblicità, che nell’era delle comunicazioni di massa non si limita a vantare i
pregi intrinseci di una merce ma suggerisce stili di vita che non si possono
adottare senza l’uso di determinati prodotti, né si possono eludere senza una
più o meno esplicita riprovazione sociale.
S.Lanaro, Storia dell’Italia repubblicana,
1992
Ho
a organizzarmi: grazie all’orario della ditta, otto ore divise a metà tra il
mattino e il pomeriggio, la mia vita è diventata molto più razionale e
ordinata. Mi scopro a fare gesti che non avevo mai fatto prima e tutti più o
meno in funzione del mio lavoro.
[…]
Ci sono momenti in cui, nel sentirmi perduto e al tempo stesso potentemente
protetto tra la folla, per esempio in filobus, o alla mensa, o in ufficio (le
spalle coperte dalla nuova sede formicante di persone che come me si
preoccupano), provo un senso di ebbrezza e di grande felicità. C’è in questa
sensazione di spersonalizzazione e di anonimia qualche cosa qualche cosa di
naturale e di religioso, la stessa inconsapevole ebbrezza che devono provare le
formiche quando si aggirano frenetiche in lunghe file, una di andata e una di
ritorno, dalla tana al luogo del cibo. Mi sento come una di quelle formiche e
proprio come una formica sarei tentato di salutare tutti, di riconoscermi negli
altri, e così vorrei che gli altri facessero con me. Credo che anche le
religioni accomunino in questo modo gli uomini ma non c’è paragone tra la
religiosità che respira nelle chiese e quella che sprigiona invece dai grandi
agglomerati urbani, soprattutto dalle ditte, dalle officine e, in generale, dai
luoghi dove si lavora. Perché la prima è una religiosità che si rivolge sempre
alla morte, cioè a qualcosa di immobile e anche astratto, la seconda invece
appartiene alla vita e alla realtà.
Goffredo
Parise, “Il Padrone” ,1965