NOVEMBRE

ASCOLTA LA POESIA

Gémmea l’aria, il sole così chiaro
Che tu ricerchi gli albicocchi in fiore,
e del prunalbo l’odorino amaro
                         senti nel cuore.

Ma secco è il pruno, e le stecchite piante
Di nere trame segnano il sereno,
e vuoto il cielo, e cavo al piè sonante
                                 sembra il terreno.

Silenzio, intorno: solo, alle ventate,
odi lontano da giardini ed orti,
di foglie un cader fragile. E’ l’estate,
                               fredda, dei morti.

L’aria è limpida e splendente come se fosse una gemma e il sole è così chiaro che tu cerchi gli albicocchi fioriti e hai l’impressione di sentire dentro di te l’odore amaro del biancospino.

Ma il rovo è secco, e i rami delle piante senza foglie tracciano un disegno nero nel cielo limpido e senza uccelli in volo. Il passo risuona sul terreno che, indurito dal gelo, sembra vuoto all’interno.

Tutto intorno c’è silenzio, e solo al soffio del ventosi sente lontano dai giardini e dagli orti il rumore delle foglie secche che cadono dagli alberi e vengono calpestate. È l’estate di San Martino.

 

 

1. CARATTERISTICHE FORMALI

La poesia è costituita da 12 versi suddivisi in tre strofe, le quali sono composte da tre endecasillabi e un quinario ciascuna. La rima è di tipo alternata, infatti: ABAB CDCD EFEF.

Come figura di timbro troviamo soltanto l’allitterazione per assonanza in “e” e “o” e per consonanza in “s” e in “r”. e in f r g nell'ultima strofa che tende a riprodurre il suono delle foglie (funzione onomatopeica)

Le figure retoriche di significato sono:

- sinestesia: “cader fragile” e “odorino amaro”

- ossimoro: “estate fredda” 

Le figure retoriche d’ordine sono:

- iperbato: “secco è il pruno”, “stecchite piante”, “vuoto il cielo”, “sembra il terreno”, “di foglie un cader fragile”

- anastrofe: “gemmèa l’aria”, “l’dorino amaro senti”

Il lessico non è né complicato e né ingenuo, lo si può individuare in una fascia media.

Il titolo è di tipo interpretativo perché dietro ad una parola si nascondono aspetti che non si comprendono alla prima lettura della poesia, poiché si comprende subito che il titolo si riferisce ad una collocazione nel tempo mentre significa anche il mese nel quale si ricordano i propri cari che sono venuti a mancare.

2. INTENZIONE COMUNICATIVA

Una serena e tersa giornata di novembre può per un attimo suggerire un'illusione di primavera e riportare quasi il profumo degli albicocchi in fiore. Ma si tratta di un'illusione che presto scompare, e alle iniziali impressioni subentra la constatazione di un inverno che non è solo indicazione stagionale ma metafora dell'esistenza.

In questa poesia, come spesso accade in Pascoli, il paesaggio mostra un duplice aspetto. Sotto un'apparenza di armonia e di positività possono nascondersi la presenza e la minaccia della morte. Quindi una giornata mite e serena può trasmettere per un attimo la sensazione di vivere il tepore della primavera, mentre in realtà è novembre. In questo mese cade la cosiddetta "estate di San martino", termine con il quale Pascoli ha voluto fondere due caratterizzazioni particolari, quali: la presenza frequente di giornate calde, quasi estive, e la ricorrenza dei morti che cade agli inizi di novembre.

Nella prima strofa vi è inizialmente un'immagine primaverile (gemmea l'aria - il sole è così chiaro), l'immagine di una giornata soleggiata nel mese di novembre, durante la cosiddetta "estate di S. Martino". Ma ciò che il poeta vuole realmente rappresentare è la breve illusione della felicità. Nella bella giornata autunnale, la luce del sole e l'aria limpida danno per un istante l'illusione che sia primavera. Ma subito ci si rende conto che le piante sono secche e spoglie, lo si può dedurre dal fatto che questi elementi aprono la seconda strofa. Quindi inutilmente si cerca di scoprire gli alberi in fiore e di percepire il profumo intenso del biancospino, perché è tutto un’illusione, infatti, Pascoli ha voluto iniziare con un “Ma”, che segna un netto rovesciamento della situazione precedente, è il ritorno alla realtà dopo l'illusione di dolcezza primaverile, quindi della delusione; ciò è evidenziato dalle parole chiave "secco – stecchite – nere – vuoto – cavo", le quali danno la sensazione di vuoto, di silenzio.

Nella terza strofa viene confermata la realtà di morte, infatti, la poesia si conclude con la parola “morti”, preceduta da parole chiave (campo semantico della morte dalla seconda strofa) che contengono un significato di vuoto, solitudine: “silenzio – solo – lontano – fragile - fredda” .

3. PROBLEMATICA AFFRONTATA

Novembre è una delle composizioni più suggestive dell'intera produzione poetica pascoliana. Come la maggior parte delle poesie di Myricae, anche questa più che a descrivere la natura in un particolare momento, come si può intuire dal titolo, è rivolta a penetrare nel segreto senso delle cose, e a scoprire in esse un messaggio di morte o un precario senso di fragilità, di vuoto.

Pascoli ha voluto qui accostare due elementi fondamentali che danno il senso alla poesia: il fascino della vita e il mistero della morte.

La meraviglia della vita la si può comprendere, poiché essa è unica, quindi di per sé è un dono che assume valori supremi, ma più in particolare nalla poesia, questa sensazione trabocca grazie alla descrizione incantevole dell’autunno sotto sembianze primaverili, quindi anche in un periodo cupo, dove il sole è chiaro ma non cocente, dove l’aria è limpida ma non afosa, dove le piante sono spoglie e non in fiore, si può ritrovare la bellezza della natura nel veder cadere le foglie e nell’assaporare il profumo del biancospino, il quale lo si può vedere solo in questo periodo. Sono tutte caratteristiche positive dell’autunno, che rendono più lieve la lontananza dalla bella stagione.

Voltando la faccia della medaglia si possono riscontrare elementi opposti, tristi, malinconici, come ad esempio la ricorrenza di San Martino, ossia l’occasione in cui le persone si recano nei cimiteri a ricordare l’anima dei propri cari. Con riferimento anche qui alla poesia, il poeta si illude di sentire richiami di luce e di gioia portati dall'aria, ma la natura non parla: tutto è secco, e il colore funebre dell'autunno fa da cornice al ricordo di coloro che non ci sono più.

Novembre è una poesia simbolica, poiché l'improvviso incanto dell'"estate di san Martino", quel breve periodo di belle giornate che si hanno spesso ai primi di Novembre, è l’esito dello smarrimento e dell'angoscia esistenziale che Pascoli è stato costretto a vivere, in seguito ad avvenimenti precari per la sua infanzia, che l’hanno toccato in particolar modo, costringendolo a vivere nel ricordo della famiglia perduta. Si inserisce in questo contesto il tema dei morti che riposano nel camposanto e che attendono che egli li raggiunga. E quindi il tema della morte, non percepita come semplice privazione della vita, ma come passaggio in un mondo misterioso che è al di là del nostro.

4. COLLEGAMENTO CON ALTRE POESIE (temi ricorrenti)

In molte opere pascoliane ritroviamo il culto della morte come "situazione di assenza", cioè come sistema di segni che rimandano costantemente al ricordo di chi non c'è più.

Così in X AGOSTO l’immagine della rondine uccisa mentre faceva ritorno al suo nido significa l’usuale vicenda della violenza assassina che colpisce animali e uomini.

Anche in “Nebbia”, la quale svolge il suo ruolo protettivo grazie alla capacità di nascondere le cose, e quindi di rispondere al desiderio del poeta, più volte espresso, di non vedere il male che è onnipresente.

Come anche in L'ASSIUOLO, il quale è un rapace notturno spesso presente nella poesia di Pascoli e generalmente sentito quale simbolo di tristezza e di morte.

Troviamo ancora in SCALPITIO il tema ricorrente della morte, dove viene marcato in modo particolare, poiché la poesia si conclude con la frase: “la Morte! La Morte! La Morte!”, frase inquietante che dona perfettamente il significato alla poetica dell’autore.

5. COLLEGAMENTO CON LA POETICA DELL’AUTORE (fanciullino, ideologie)

Nel famoso scritto "il fanciullino", Pascoli definisce ampiamente la sua poetica. La poesia non è razionalità, ma una perenne capacità di stupore tutta infantile, in una disposizione irrazionale che permangono dentro l'uomo anche quando si è cronologicamente lontani dall'infanzia. Il poeta viene paragonato al fanciullino che si mette di fronte alla realtà rendendo inattiva la ragione: sa attribuire significati estremamente soggettivi alle cose che lo circondano. Il poeta è privo di malvagità, è caratterizzato dalla condizione di stupore e dalla capacità di riflettere i propri stati d'animo nelle piccole cose. Il poeta-fanciullino è una figura astratta perché non tutti i fanciulli sono buoni e, imperfetta in quanto il poeta non riuscirà mai pienamente nel suo tentativo di tornare bambino.

Il carattere dominante della poesia del Pascoli è costituito dall’evasione della realtà per rifugiarsi nel mondo dell’infanzia, un mondo rassicurante, dove l’individuo si sente isolato ma tranquillo rispetto ad una realtà che non capisce e quindi teme. Il fatto che la poesia si sviluppi sulla base di una contrapposizione tra mondo esterno e mondo privato, e che il primo sia connotato negativamente, mentre il secondo positivamente, è un'altra costante in Pascoli. Ciò si ricollega al bisogno di affetto e protezione, per cui, proprio come un bambino, il poeta sente la necessità di rinchiudersi in un nido e sfuggire ai pericoli della vita. Quindi Pascoli ci vuole dire che la dolcezza dell'infanzia e della giovinezza dura poco e presto si rivela essere un'illusione. Sulla vita dell'uomo incombono tristezza, silenzio e morte e, per quanto riguarda il caso pascoliano, la nostalgia per qualcosa che è stato perso per sempre, il dolore per gli affetti strappati, lo sconforto per la malvagità umana e per l’ingiustizia che regna sulla terra.

Pascoli è anche poeta del latifondo, cantore della campagna assunta come Paradiso delle umili occupazioni della gente che la popola, di tutti gli animali che la animano, dei fiori e delle piante che la colorano. Troviamo così dei componimenti costituiti da veri e propri quadretti paesaggistici. In "Novembre" ad esempio, in "Arano", oppure in "Lavandare" abbiamo descrizioni minuziose, attraverso le quali il poeta ci trasmette anche particolari stati dell’animo, una sua tensione interiore per cui, poi, ognuno di quegli elementi particolari acquista significazioni simboliche.

Il Male è un tema ulteriore. Esso è dovuto alla malvagità degli uomini stessi. Sono essi che procurano i più grandi dolori a se stessi, con la loro violenza animalesca, con la perfidia, con l’ingiustizia sociale. Ma il Male finisce poi per diventare entità astratta opposto alla natura di Dio stesso. Di fronte alla violenza degli uomini il poeta però si rifugia nella legge cristiana del perdono.

La natura è concepita da Pascoli come una presenza misteriosa e complessa che il poeta deve interpretare attivando l'immaginazione. Inoltre, condividendo le posizioni antipositiviste e negando l'idea che la scienza abbia portato la felicità, Pascoli crede che la società industriale soffochi l'uomo condizionandolo pesantemente. Per questo contrappone la società alla Natura, alla campagna.

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