Desidero brevemente spiegare come si svolge l’attività. Innanzitutto è stato predisposta una mostra laboratorio permanente nei locali dell’Associazione culturale Il Capitello perduto, che si trova proprio di fronte alla biblioteca. Una sintetica documentazione fotografica è osservabile cliccando su La mostra. Tale allestimento ha un valore eminentemente didattico ed è utilizzato un prevalenza dalle scuole di Bibliolab, ma potrà essere visitata in particolari occasioni e senz’altro in tutti i giorni di apertura pomeridiana al pubblico della biblioteca. Si è poi proceduto alla ricerca e alla duplicazione (con finalità didattiche) di materiale fotografico in grado di documentare o spiegare l’uso di molti oggetti esposti. Laddove è stato possibile, si sono ritagliate testimonianze video al medesimo scopo. E’ stato infine raccolto un nutrito patrimonio librario su tali tematiche all’interno di Bibliolab. Ai ragazzi che vengono in biblioteca a svolgere, in una mattinata, l’attività di RebusLab vengono all’inizio proiettate sul grande schermo e discusse le fotografie (quelle anche qui presenti alle diciture il fuoco, l’acqua, la terra, l’aria). A questo punto il gruppo classe viene suddiviso in due parti che a turno svolgono due attività: alcuni visitano la mostra e scoprono, con l’aiuto dell’insegnante, le caratteristiche e le funzioni degli oggetti della raccolta; gli altri restano a Bibliolab alle prese con i libri e con “la testa” a fare inferenze e a compilare una scheda di dieci oggetti portati direttamente nei locali della biblioteca. Quando entrambi i gruppi hanno svolto le due attività ci si trova nuovamente tutti insieme per verificare chi ha meglio interrogato le “cose” e fatto le ipotesi più interessanti. Infine è possibile vedere alcuni degli spezzoni video predisposti.
Perché svolgere un laboratorio storico “con le cose”?
Ci sono innanzitutto delle ragioni educative. Che valore diamo noi oggi agli oggetti, quelli che riempiono le nostre case e le nostre discariche? Che forma di controllo intellettuale esercitiamo nei loro confronti? Proviamo a decentrarci e a relativizzare, come sempre quando si fa ricerca storica. Guardiamo immagini di qualche anno fa, tocchiamo gli oggetti, analizziamo i materiali, cerchiamo di capire quando i bisogni si sono moltiplicati, quando la produzione ha cominciato a accelerare la nascita e la morte di intere generazioni di prodotti. Poi, naturalmente ci sono degli obiettivi “di conoscenza”. Tra gli oggetti “banali”, cioè quotidiani, usati da tutti, troviamo fonti dirette ed eloquenti per leggere le nostre grandi e recenti trasformazioni economiche e sociali. Moltissime “cose” appartengono al passato contadino, altre sono da collegare al boom industriale italiano, altre ancora all’affermarsi della società dell’informazione. Quanti oggetti ha bruciato il secolo scorso! E quali diverse durate incorporano! E ancora. Quale futuro potrebbe aspettarci? Ragioniamo sul fatto che vi sono oggi molti “non luoghi” e molte “non cose”, come dicono alcuni antropologi. Potremmo preferire prodotti con caratteri distintivi, singolari (così come alcuni esposti nella mostra) oppure generici, con diffusione globale, universali? Può dipendere da tutti noi. E poi. Che cosa ha voluto dire “modernità”? Anche oggi, ovviamente, ci si può affezionare alle nostre cose, come trasmettitrici di memoria personale e collettiva, ma tendiamo ad affidare alle cose un valore tendenzialmente funzionale. Un tempo, si può osservare, era molto diverso: le cose avevano un’anima, trascendevano il valore d’uso e si caricavano di significati simbolici. Infine. “Con le cose” costruiamo a scuola “quadri storici” d’insieme di grande immediatezza. Vi è chi ha definito l’oggetto un “condensatore di relazioni”. Possiamo evocare persone, luoghi, storie. Vi sono, in conclusione, obiettivi formativi. Il metodo del laboratorio ci può consentire di lavorare sull’abilità di interrogare fonti storiche. Quali domande posso rivolgere a un qualsiasi oggetto della vita materiale? Lo faccio, in modo guidato, sugli oggetti della mostra per farlo, in modo spontaneo, sugli ambienti e sugli oggetti che mi sono intorno, tutti i giorni.
EZIO PAVIA
Piccola bibliografia teorica
Daniel Roche, Storia delle cose banali. La nascita del consumo in Occidente, Roma, Editori Riuniti, 1999
Eleonora Fiorani, Il mondo degli oggetti, Milano, Lupetti, 2001
Jean Baudrillard, Il sistema degli oggetti, Bologna, Tascabili Bompiani, 2004
Gorge Ritzer, La globalizzazione del nulla, Bra, Slow Food Editore, 2005
Franco La Cecla, Non è cosa. Vita affettiva degli oggetti, Milano, Eléuthera, 2002
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