LERBA NON CRESCEVA AD AUSCHWITZ Autrice: Mimma Paulesu Quercioli Mimma Paulesu Qurcioli è nata a Ghilerza (Oristano) e vive a Milano, dove ha insegnato per quasi trentanni.
Lautrice giustamente non interviene con un proprio commento, lasciando
che le storie parlino da sole. Non è necessario infatti esprimere
delle proprie emozioni, perché soltanto sentendo la parola Auschwitz
si capisce molto.
La presentazione è stata scritta da Gianfranco Maris (Presidente Nazionale
dell ANED, una Associazione Nazionale degli ex Deportati ).
La prefazione invece è stata scritta da Silvia Vegetti Finzi.
In questa introduzione non ha voluto spiegare in modo dettagliato la storia,
ma come Maris ci vuole fare riflettere facendoci domande, per esempio chiedendo
se veramente tutti noi sappiamo che cosa è accaduto.
Questo libro è diviso in quattro autobiografie di donne segnate dalla
terribile esperienza della deportazione e vengono esposti i fatti nella loro
nuda drammaticità.
Arianna era una bambina cattolica , ma suo padre era un ebreo.Era molto ingenua e molto candida.
Loredana invece, non stava molto bene come condizione economica e così già fin da piccola diventò una brava lavoratrice. Lunico suo problema forse era lamore che non aveva mai avuto da sua madre e perfino da suo marito (pag. 70 ) e oggi quello che ancora più la rattrista è il disinteressamento dei suoi figli e dei suoi nipoti nei suoi confronti ( pag. 72 ).Lunico posto in cui si trova a suo agio è lAssociazione Deportati , ma i suoi ricordi le pesano sempre sul cuore, le amarezze di ieri e di oggi. Zita ha un carattere ribelle alle ingiustizie, non le era congeniale una sofferenza silenziosa e passiva, infatti dopo qualche tempo decise di vendicarsi per i disagi subiti e fece causa a governi e stati, soprattutto a quello tedesco ottenendo una vera giustizia. Da quel giorno Zita fu molto contenta e iniziò a scrivere poesie. I suoi genitori erano ebrei ungheresi. Per i problemi che si riscontravano nella Repubblica dellUngheria si trasferirono a Milano ma per questioni finanziarie causate dalla morte di suo padre ritornarono in Ungheria; qui decise di essere battezzata cattolica, ma questo non cambiò le cose, perchè fu presa e portata in Germania nel lager di Auschwitz, così per lei iniziò il periodo inaspettato della guerra. I suoi spostamenti non furono molti, perchè arrivata in questo terribile posto fu deportata per questioni di lavoro a Lippstadt. Nei lager era riuscita a fare molte amicizie, tra qui una ragazza sedicenne francese di nome Marcelle, che incontrò perché come Zita le piaceva cantare e faceva parte dei musicisti del lager. Questa amicizia però non durò molto, perché Marcelle fu portata via...(pag. 123). Zita credeva molto in Dio e fino alla fine pregò, per fare sì che presto venisse salvata; infatti dopo un po di tempo gli americani liberarono tutti i prigionieri. Nei suoi pensieri non cera la speranza di rivedere sua madre, sua sorella e suo nipote(anche loro deportati), perché era sicura che non li avrebbe più rivisti. Il libro è formato, come sè detto, da quattro autobiografie, le quali hanno un po una trama simile; lautobiografia è un modo completo che fa capire direttamente i sentimenti, il dolore; la drammaticità insomma. Penso che la curatrice abbia voluto riportare queste autobiografie, perché è molto importante ricordare oggi che la guerra cè stata e che molta gente ha sofferto e come dice Gianfranco Maris nella presentazione dobbiamo sapere tutto quello che è successo in passato per far sì che non ci siano altri disastri. |