ROCCO E I SUOI
FRATELLI
Luchino Visconti 1960
La storia di una madre e dei suoi cinque figli, cinque come le dita di
una mano: così Visconti espose l'idea-base del film a Suso Cecchi
d'Amico e Vasco Pratolini, per la stesura del soggetto.
L'espressione, sibillina, contiene in nuce i motivi dominanti in Rocco:
una madre possessiva ed ambiziosa che considera i figli come lo
strumento della sua volontà di affermazione; una famiglia che si
articola e si muove come le dita di una mano. Su questo primo nucleo si
innesta la questione meridionale, si delinea l'ambientazione milanese e
si affaccia successivamente il mondo della boxe. Per documentarsi,
Visconti e la d'Amico frequentarono a Roma le squallide palestre di
piazza Vittorio. Nel frattempo nella storia confluiscono una serie di
reminiscenze culturali che ne ampliano la portata e ne chiariscono il
senso. Visconti vuole girare un'opera realistica sul fenomeno della
migrazione interna, ma anche dare al tema un tono da epopea, una
risonanza mitica , attingendo alle fonti letterarie predilette: il ciclo
di Giuseppe e i suoi fratelli, di Thomas Mann; l'Idiota di Dostooevskij,
dai cui protagonisti mutua alcuni tratti essenziali del carattere dei
personaggi, come la bontà fine a se stessa di Rocco, la brutalità di
Simone, l'impossibile riscatto di Nadia. Dal romanzo mutua anche l'idea
che uno sviluppo economico cui manchi una base morale, ne rende
impossibile il godimento. E infatti, contrariamente ai Valastro de La
terra trema, qui i Parondi si disgregano proprio in un momento di
relativo assestamento economico, per la crisi di tutti i suoi arcaici
valori morali.
Si sente l'eco della letteratura meridionalistica, di cui sta a simbolo
Rocco Scotellaro, il “profeta disarmato” lucano, al cui nome è
dedicato quello del protagonista; c'è la squallida periferia milanese
di Testori, dai cui racconti è tratto l'episodio della lotta tra i
fratelli rivali alla Ghisolfa; c'è uno Sguardo dal ponte di Miller, con
cui Rocco condivide il tema dell'immigrazione e del conflitto tra
l'antica morale tribale ed il nuovo contesto sociale proposto
dall'inurbamento.
Prendendo spunto dal fenomeno dell'emigrazione interna, Visconti
trasferisce nel contesto milanese quel mondo di passioni titaniche, di
mito e di epopea, quale il meridionale era apparso ai suoi occhi
attraverso la mediazione del Verga.
Cambia quindi il paesaggio milanese e lo reinventa facendolo diventare
come doveva apparire agli occhi degli immigrati: estraneo, grigio,
avvolto nella nebbia, illuminato da una luce velata, senza ombre.
Il contrasto tra due modelli opposti di civiltà consente al regista di
narrare la decadenza di un modello familiare atavico e tribale che i
protagonisti vivono come una struttura forte e soffocante come un pugno.
All'attaccamento allo scoglio dei Valastro si sostituisce qui il
desiderio di emigrazione di Parondi.
Dalla Lucania, la vedova Rosaria Parondi si trasferisce, con i figli
Simone, Rocco, Ciro, Luca, a Milano dove è già immigrato il
primogenito Vincenzo. La madre lo costringe ad assumersi la
responsabilità della famiglia, pregiudicando il suo matrimonio. I
Parondi si sistemano in un seminterrato a Lambrate. Qui conoscono una
ragazza di vita, Nadia, che prospetta loro la possibilità di
arricchirsi con la boxe. Simone comincia la carriera di pugile sotto la
protezione di un ex campione, l'omossessuale Morini. Per frequentare
Nadia, si procura denaro con piccoli furti, ma la ragazza, stanca di
lui, lo lascia. Passano i mesi. Finito il servizio militare, Rocco
incontra Nadia, appena uscita di prigione. Tornati a Milano, i due
cominciano insieme una nuova vita. Quando Simone apprende della loro
relazione, li aggredisce e violenta la ragazza sotto gli occhi del
fratello. Rocco si sente colpevole di fronte a Simone e abbandona Nadia
a lui. Inoltre, per impedire che Simone sia denunciato per furto dal
Morini, è costretto ad abbracciare la carriera di pugile. Scacciato dai
fratelli, Simone cerca di ricondurre a sé Nadia, che ritrova prostituta
all'Idroscalo e, al suo rifiuto, la uccide. Mentre la famiglia festeggia
una vittoria di Rocco, ricompare Simone, che confessa il delitto. Ciro
vorrebbe denunciarlo, ma gli altri, capeggiati da Rocco, decidono di
proteggerlo. Simone è tuttavia scoperto ed arrestato. Ciro si fa
portavoce col piccolo Luca di una nuova morale familiare e di una
diversa prospettiva di vita.
Utilizzazione didattica
Il film, inteso da Visconti come una grande opera realista, affronta il
fenomeno dell'emigrazione, della disgregazione sociale e dello
sfruttamento del mezzogiorno, essenzialmente alla luce delle analisi
gramsciane e cerca una sintesi tra impegno civile e dimensione epica.
Predilige perciò i contrasti assoluti, forti.
Le linee geometriche della stazione di Milano, delle guglie del Duomo,
dei caseggiati di Lambrate e del Giambellino, degli scheletri delle case
in costruzione, dello stadio Vigorelli, le sponde dell'Idroscalo, fanno
da sfondo a passioni violente, estreme, inconciliabili.
Anche la scelta del bianco e nero si presta ad esaltare i contrasti
forti, il bene ed il male, come nella scena dell'abbraccio dopo il
delitto, quando si stagliano uno bianco e l'altro nero.
La musica partecipa agli avvenimenti: una canzone popolare, intonata
alla nostalgia per il paese natio apre e chiude il film; un tema
drammatico accompagna la decadenza di Simone e Nadia; temi leggeri e
banali canzonette sottolineano il modello di vita proposto dalla città.
Alcune scene possono essere utilizzate per completare il quadro storico
che analizzi la questione dell'emigrazione interna, dal distacco dalla
terra di nascita, ai rituali che inevitabilmente la famiglia Paroni
consuma, alla coralità delle emozioni, al senso dell'onore che emerge
in diverse occasioni:
• l'arrivo alla stazione di Milano dei treni dal sud, carichi di
emigrati con i loro beni racchiusi in valigie di cartone, sommariamente
fermate con un cordino
• la tristezza dei volti, consapevoli delle difficoltà cui andranno
incontro e assaliti dalla nostalgia per la terra abbandonata
• lo squallore degli ambienti, al limite del degrado, in cui trovano
ospitalità
• la precarietà del lavoro, temporaneo e provvisorio
• la modestia del cibo, frugale e legato ai prodotti della terra
d'origine
• lo straniamento di fronte agli aspetti innovativi e moderni che la
città offre
• la figura della donna, ora intesa come elemento coagulante della
famiglia, ora come elemento disgregatore del nucleo
• l'abbigliamento, arcaico ed incongruente con il tipo di vita nuovo
• il perpetuarsi dei riti collettivi, dei momenti familiari comuni,
anche se con stili e forme mutuate da un'altra civiltà
• la voglia di scolarizzarsi per migliorare
SCHEDA
FILM |
Regia:
Luchino Visconti
Anno: 1960
Con: Alain Delon (Rocco Parondi), Renato
Salvatori (Simone Parondi), Katina Paxinou (Rosaria Parondi),
Annie Girardot (Nadia), Roger Hanin (Morini), Paolo Stoppa (Cecchi),
Claudia Cardinale (Ginetta).
Soggetto e sceneggiatura: Luchino Visconti,
Suso Cecchi D’amico, Pasquale Festa Campanile, Massimo
Franciosa, Enrico Medioli (dal romanzo Il ponte della
Ghisolfa di Giovanni Testori)
Durata: 116'
Genere: drammatico |
indietro
|