I Giusti italiani
Giorgio Perlasca
Nato a Maserà (Padova) nel 1910. Il padre era segretario comunale.
Entusiasta degli ideali nazionalisti del fascismo, nel '35 andò come volontario prima in
Africa Orientale poi in Spagna, con il Generale Franco. Dopo la fine della guerra di
Spagna, rientrato in Italia, il suo rapporto con il fascismo, inteso come regime, entrò
in crisi per due motivi essenzialmente; lalleanza con la Germania e le leggi
razziali, le inique leggi razziali che anche lItalia ebbe a darsi copiando
lalleato tedesco. Non riusciva a comprendere, a giustificare uno Stato che
discriminava propri cittadini per motivi religiosi e razziali. Così come non poteva
comprendere una alleanza con la Germania contro cui, solo ventanni prima, avevamo
combattuto una feroce guerra che aveva riportato allItalia Trento e Trieste.
Coerente, smise di essere fascista, senza mai diventare antifascista. Scoppiata la seconda
guerra mondiale venne mandato, in pratica come incaricato daffari e con lo status di
diplomatico, nei paesi dellEst per comprare carne per lEsercito italiano. A
Belgrado vide i primi rastrellamenti e le prime deportazioni di ebrei e zingari nel 1941
da parte dei tedeschi.
L 8 di settembre del 1943 lArmistizio tra lItalia e gli
Alleati lo colse a Budapest, sempre con lo stesso incarico; posto di fronte alla richiesta
di aderire alla R.S.I. rifiutò, con un ulteriore atto di coerenza, in quanto si sentiva
vincolato dal giuramento di fedeltà prestato al Re. Venne internato in un castello
riservato ai diplomatici e per alcuni mesi la vita corse tranquilla, anche se il clima
politico andava rapidamente deteriorandosi, aumentando linfluenza diretta dei
tedeschi. Sino a che, a metà ottobre del 1944, dopo lannuncio del reggente
ammiraglio Horty della firma dellarmistizio con lUnione Sovietica, i tedeschi
presero il potere arrestando il reggente ed affidando il governo alle croci frecciate, i
nazisti ungheresi. Giorgio Perlasca dovette fuggire e nascondersi e trovò rifugio presso
lAmbasciata spagnola. Al momento del congedo in Spagna ricevette infatti un
documento che recitava: "Caro camerata, in qualunque parte del mondo ti troverai
potrai rivolgerti alle Ambasciate spagnole". Ed in pochi minuti divenne cittadino
spagnolo, con un regolare passaporto intestato a Jorge Perlasca, iniziando a collaborare
con l'Ambasciatore spagnolo, Sanz Briz, che già allora assieme alle altre potenze
neutrali presenti (Svezia, Portogallo, Svizzera, Città del Vaticano) rilasciava
salvacondotti per proteggere i cittadini ungheresi di religione ebraica. Anche se con
notevoli distinzioni; funzionari di alcuni paesi vendevano a caro prezzo i salvacondotti
ed ovviamente non avevano poi la forza morale ne la volontà di pretenderne il rispetto.
A fine novembre lAmbasciatore spagnolo viene, eufemisticamente,
richiamato per consultazioni in Patria ed offre a Giorgio Perlasca la possibilità di
seguirlo; ma Giorgio Perlasca decide di rimanere, con un gesto di coerenza, per andare
avanti con l'opera iniziata e per non abbandonare alla morte certa chi viveva sotto la
protezione della bandiera spagnola. Autocompila con timbri e carta intestata autentica la
sua nomina ad Ambasciatore spagnolo, porta le credenziali al Ministero degli Esteri e
vengono prese per buone. Daltronde il mondo diplomatico lo frequentava da anni e
sapeva come muoversi e comportarsi. E qui iniziarono i 40/45 giorni in cui, da solo, con
laiuto dellavv. Farkas, il legale dellAmbasciata spagnola anche lui di
religione ebraica, resse lAmbasciata spagnola e lincredibile impostura.
Avvocato Farkas che riuscì si a sfuggire ai tedeschi ma venne ucciso dalle truppe
dellArmata Rossa quando nel gennaio del 1945 entrarono a Budapest.
Riuscì a proteggere, salvare e sfamare giorno dopo giorno oltre 5200
ungheresi di religione ebraica ammassati in cinque case protette lungo il Danubio, di
fronte allisola Margherita. Li rifornì di cibo; trovò soldi; organizzò un abbozzo
di struttura militare di resistenza; affrontò fisicamente le Croci Frecciate; salvò,
curò, girando su una Buik con le insegne della Spagna in una città di gelo, macerie,
cecchini. Protesse gli ebrei dalle incursioni dei nylas, recandosi con Wallemberg alla
stazione per cercare di recuperare i protetti, trattando quotidianamente con il Governo
ungherese e le autorità tedesche di occupazione. Rilasciando salvacondotti che
recitavano: "Parenti spagnoli hanno richiesto la sua presenza in Spagna; sino a che
le comunicazioni non verranno ristabilite ed il viaggio possibile, Lei resterà qui sotto
la protezione del governo spagnolo". Giocando sul fatto che la maggior parte degli
ebrei ungheresi era di origine sefardita, di antica origine spagnola cacciati alcune
centinaia di anni addietro dalla Regina Isabella la Cattolica. Nelle ore finali della
disfatta tedescaa Budapest, affrontò il ministro dell'Interno ungherese che voleva
incendiare il ghetto, blandendolo e minacciandolo e ottenendone infine la resa. E
lincredibile impostura durata oltre 40 giorni riuscì. Per cento giorni, Giorgio
Perlasca si finse (e fu, a tutti gli effetti), tutto quello che non era: fu ambasciatore,
medico, organizzatore della resistenza, consolatore di singoli. Sempre creduto in ognuno
di questi ruoli. E gli oltre 5200 ebrei ungheresi riuscirono a salvarsi, a sopravvivere.
Era un ovvio bluff ma nel clima di disfatta, confusione e di mancanza assoluta di
comunicazioni funzionò.
Dopo lentrata in Budapest dellArmata Rossa, venne fatto
prigioniero ma poi fu liberato, e riuscì con un lungo ed avventuroso viaggio per i
Balcani e la Turchia a rientrare in Italia. Mise in un cassetto la sua storia ed iniziò
una vita normalissima. Ulteriore momento di coerenza, nelle grandi scelte. Non riteneva -
e lo diceva senza retorica - di aver fatto nulla di eccezionale e che qualsiasi persona al
suo posto si sarebbe dovuta comportare in quella maniera, con maggior o minor fortuna, ma
in quella maniera. La dignità di essere umano, di persona, lo imponeva. E nemmeno in
famiglia raccontò la storia nella sua completezza, se non qualche singolo episodio che
non dava una visione generale della realtà. Non raccontò, non vendette la sua
incredibile storia come tanti, troppi fecero nellItalia del dopoguerra, per ottenere
qualcosa in cambio.
Giorgio Perlasca venne ritrovato, è proprio il caso di dirlo, a fine anni
80. Vennero in Italia, eravamo vicini alla caduta generale del comunismo reale nei paesi
dellest Europa con un viaggio collettivo in Italia che toccava Roma, Firenze, Rimini
e Venezia, con tappa a Padova. Erano marito e moglie, Eva e Pal Lang, entrambi
sopravvissuti a quegli anni terribili. Israele, Yad Vashem, lo proclamò Giusto tra le
Nazioni, andò a Gerusalemme ove piantò lalbero sulla collina dei Giusti, ospite
del Governo israeliano. Gli venne concessa la cittadinanza onoraria dello Stato
dIsraele. A ruota seguirono gli altri Paesi; dallItalia ove la vicenda venne
fatta conoscere al grande pubblico da Enrico Deaglio, con la trasmissione televisiva Mixer
e con il libro "la banalità del bene", che gli concesse la Medaglia dOro
al Valor Civile ed il titolo di Grande Ufficiale della Repubblica.
LUngheria, ove a Budapest una scuola alberghiera porta il suo nome,
gli concesse la massima onorificenza nazionale, la Stella al Merito, durante una sessione
speciale del Parlamento. La Spagna gli concesse lonorificenza di Isabella la
Cattolica. Gli Stati Uniti lo accolsero come un eroe. E questo solo per rimanere al campo
degli Stati. Innumerevoli i riconoscimenti di associazioni, fondazioni private; in
moltissime città italiane vi sono vie e piazze che portano il suo nome. Alla domanda,
ripetuta dai giornalisti che lo intervistavano, sulle motivazioni e sul perché lo aveva
fatto, rispondeva in due modi. "Lei cosa avrebbe fatto al mio posto, vedendo migliaia
di persone sterminate senza un motivo, solo per odio razziale e religioso, ed avendo la
possibilità di fare qualcosa per aiutarli". E a un giornalista che gli suggeriva
"Lo ha fatto perché cattolico", lui credente anche se non praticante rispose:
"No, perché sono un uomo".
Giorgio Perlasca venne a mancare il 15 agosto del 1992, improvvisamente.
Il destino ha voluto che la sua vicenda non scomparisse con lui, riacciuffata per i
capelli dopo oltre 40 anni. E sepolto in un paese a pochi chilometri da Padova,
Maserà, ove riposa anche suo padre, ex segretario comunale. Ha voluto essere sepolto
nella terra e con una unica frase, oltre alla data di nascita e di morte: Giusto tra le
Nazioni, in ebraico.
(tratto in gran parte dalla biografia di Franco Perlasca, "Mio
Padre", e dall'articolo di Enrico Deaglio "Il Giusto diventa un film")
per
approfondire:
Giorgio Perlasca Biografia, documenti, immagini di questo
grande italiano "Giusto tra le Nazioni"
Giorgio Perlasca La vita, il film, i libri sul diplomatico
fascista che rifiutò di aderire alla Rsi e salvò migliaia di ebrei ungheresi
Il Giusto diventa un film, di Enrico Deaglio (Diario)
Storie di Giusti che
salvarono ebrei (in inglese)