a) Versi: Due terzine di endecasillabi seguite da una quartina, anch’essa di endecasillabi. b) Rime: Nelle terzine le rime sono incatenate (aba cbc) e nella quartina alternate (dede) con rima imperfetta (frasca/rimasta), ci sono anche due rime interne (sciabordare – lavandare; dimenticato – cadenzato) c) Le figure di timbro sono: allitterazione in f/s in soffia frasca, alterazione in r (resta, pare), anafora (mezzo/aratro), onomatopea in sciabordare, parola che di per sé ha valore onomatopeico. d) Il lessico usato è semplice, nel titolo è presente addirittura un termine dialettale (lavandaie). La poesia è circolare perchè si inizia con l’aratro e si termina sempre con esso. e) Le figure retoriche d’ordine sono: chiasmo (vento soffia/ nevica la frasca), iperbato(e cadenzato…viene). Le figure retoriche di significato sono:similitudine (come l’aratro in mezzo alla maggese) e metafora (nevica la frasca = le foglie cadono come neve dagli alberi) un chiasmo (in “tonfi spessi e lunghe cantilene”), e una sinestesia (in “tonfi spessi”) metafora (nevica la frasca) I campi semantici sono: di colore: grigio e nero del campo (mancanza del lavoro dell’uomo) di significato: l’aratro rappresenta la solitudine contrastata dal rumore del lavandare, che rompe l’illusione del silenzio percettivo: sonorità forti (rumore cadenzato, tonfi spessi, lunghe cantilene) Dopo una lettura molto attenta della poesia si può dire che è composta da percezioni sensoriali, con cui Pascoli ha creato una contrapposizione tra la prima strofa in cui si ha una percezione visiva, nella descrizione dell’aratro abbandonato in mezzo al campo, mentre nella seconda strofa si presenta una percezione uditiva, per via delle lavandaie che cantano, perciò si può dire che prima mostra la solitudine dal lato visivo; nell’ultima strofa, sceglie di contrapporre il lato uditivo a quello visivo all’interno dello stesso verso, facendo sentire il soffio del vento e facendo vedere le foglie che cadono.
In questa poesia mentre il significato primario tratta di una grigia giornata delle lavandaie, che attendono il ritorno dell’uomo amato, il significato secondario allude all’incompletezza, all’infelicità dell’essere soli e all’impossibilità di rimanere tali (tutti hanno bisogno di una persona vicina). Lo scenario è la campagna autunnale con i suoi tristi colori e con gli echi della fatica umana: su tale scenario il poeta proietta il suo stato d'animo, smarrito e malinconico. Gli oggetti quotidiani si caricano di significati particolari: l'immagine dell'aratro in mezzo al campo,immagine con cui si apre e si chiude la lirica,diviene SIMBOLO di abbandono e di tristezza. C'è nella poesia un senso di desolazione con cui il poeta esprime la pena del proprio cuore.
Possiamo dire che Pascoli in questa poesia affronta la problematica della solitudine e della speranza nell’attesa del ritorno di persone care, la cui attesa non è altro che una sofferenza.
Le poesie di Pascoli prevalentemente trattano il tema della morte, poiché il povero poeta nella sua infanzia ha subito numerose perdite affettive, questa malinconia e tristezza è ricaduta anche nella poesia lavandare che parla del tema della solitudine. Penso che la poesia che si avvicini di più a “lavandare “ sia la poesia “il lampo”, in entrambe Pascoli ha utilizzato elementi della natura come campi e terra per esprimere una certa malinconia attraverso la descrizione cupa dei paesaggi, ma questa malinconia e tristezza è in parte smorzata da un senso di protezione con la casa in il lampo e con un gesto di vita quotidiana parlando delle lavandaie che lavano i panni in “lavandare”
Troviamo in Pascoli l’aspetto principale del Decadentismo, ovvero la visione della realtà espressa in maniera particolare e soprattutto Pascoli come gli altri artisti decadenti si considera superiore alla gente comune poichè il poeta è colui che sa ascoltare ed esprimere quella parte dell’animo che rimane un fanciullo e, come un fanciullo egli sa cogliere la gioia e la malinconia degli eventi, sa temperare l’allegrezza e addolcire il dolore. Il fanciullino è quello che alla luce sogna o sembra di sognare ricordando cose non vedute mai; è colui che parla agli animali, agli alberi, ai sassi, alle nuvole che scopre nelle cose le somiglianze e relazioni più ingegnose, che piange e ride senza perché.
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