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Dall'Assemblea dei Notabili all'Assemblea Legislativa (1787-92)

Unica soluzione alla crisi finanziaria sarebbe stata l'estensione del carico fiscale alle proprietà ecclesiastiche e nobiliari, fino ad allora esenti da imposte. Fu questa la proposta del controllore delle finanze Calonne all'Assemblea dei Notabili riunita nel febbraio 1787; ma tanto quest'ultima che il parlamento di Parigi vi si opposero, attribuendo il diritto alla decisione agli Stati Generali del regno (la tradizionale assemblea rappresentativa dei tre ordini non più riunita dal 1614), che il successore di Calonne, Loménie de Brienne, fu infine costretto a convocare (VIII.1788) per il 1°.V.1789. L'annuncio aprì un fervido periodo di mobilitazione civile, con la redazione di molteplici cahiers des doléances (raccolte di rimostranze), con le richieste dei ceti e delle città al governo. Crebbe anche la consapevolezza dei non privilegiati (il terzo stato) di avere un ruolo ulteriore rispetto all'opposizione aristocratica alla monarchia. Ottenuto il raddoppio dei rappresentanti, ritrovatisi alla seduta inaugurale degli Stati Generali a Versailles (5.V.1789) in 578, contro 291 del clero e 270 della nobiltà , e non essendo riusciti a ottenere la concessione del voto per testa (e non per ordine, come da tradizione), i deputati del terzo stato si proclamarono Assemblea Nazionale (17.VI.1789) e giurarono di non sciogliersi prima di avere dato alla Francia una costituzione (giuramento della Pallacorda, 20.VI). A malincuore il re dovette ordinare a nobili ed ecclesiastici di unirsi all'assemblea, che il 9.VII si proclamò Assemblea Nazionale Costituente. Ma la reazione della corte (licenziamento di Necker, concentramento di truppe intorno a Parigi) provocò l'insurrezione popolare parigina del 14.VII.1789, conclusasi con la presa della Bastiglia (il carcere simbolo dell'assolutismo monarchico) e la creazione di una municipalità rivoluzionaria e di una milizia cittadina volontaria (la Guardia Nazionale). Nelle settimane successive, sotto la spinta delle varie insurrezioni che da Parigi si propagavano alle campagne, la Costituente approvò una serie di radicali provvedimenti: la soppressione del regime feudale (4.VIII), dei privilegi di Stato e del pagamento della decima ; la Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino (26.VIII), che proclamava le libertà personali e civili, l'uguaglianza giuridica, l'inviolabilità della proprietà privata, l'indipendenza della magistratura; l'esproprio e la vendita dei beni ecclesiastici, trasformati in "beni nazionali" (2.XI), che posero le premesse di un fortissimo ampliamento della proprietà contadina. A una generale riorganizzazione amministrativa del territorio nazionale, suddiviso in 83 dipartimenti (II.1790), seguì la riforma religiosa (Costituzione civile del clero , 12.VII) e l'obbligo per gli ecclesiastici di prestare il giuramento civico: la conseguente condanna di Pio VI provocò una spaccatura tra preti "costituzionali" e "refrattari" al giuramento. Queste riforme e quelle successive, nel complesso favorevoli ai ceti abbienti moderati (soppressione delle corporazioni e divieto di associazione e sciopero per gli operai, legge Le Chapelier, III.1791), furono rese possibili dall'opera di mediazione svolta tra la Costituente e la corte in ispecie dal marchese di La Fayette, da Bailly e G. Mirabeau. L'instabile equilibrio creatosi si ruppe però quando Luigi XVI , contrario allo smantellamento dell'ancien régime, si fece indurre a una fuga clandestina nel tentativo di porsi sotto la protezione di truppe fedeli, d'accordo con l'imperatore Leopoldo II d'Asburgo. Bloccato a Varennes con la famiglia reale (20.VI.1791), fu ricondotto a Parigi e sospeso dalle sue funzioni, mentre nel paese cresceva un movimento repubblicano egemonizzato dal club dei cordiglieri di J.-P. Marat, L. Desmoulins e G. Danton. Il 13.IX.1791 il re dovette sanzionare la costituzione votata dalla Costituente, che gli riservava il potere esecutivo e il diritto di veto e attribuiva il potere legislativo a un'assemblea eletta a suffragio ristretto in base al censo, inaugurando così una monarchia costituzionale. Stretti fra gli intrighi della corte con le potenze straniere e le istanze rivoluzionarie dei club politici più radicali (cordiglieri e giacobini), i deputati girondini (moderati) pensarono di risolvere la crisi politica e finanziaria coagulando l'unità nazionale in una guerra contro le monarchie assolute d'Europa: il 20.IV.1792 la Francia dichiarò guerra agli Asburgo, alleati della Prussia. L'ostruzionismo del re ai decreti dell'Assemblea Legislativa e l'invasione austro-prussiana della Francia innescarono presto una relazione sempre più stretta tra la "guerra rivoluzionaria" e la radicalizzazione politica interna, che avrebbe portato infine al potere i gruppi politici più estremisti.

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