I movimenti artistici italiani, che nella seconda metà dell'Ottocento avevano trovato difficoltà nello stabilire contatti con i movimenti europei, proprio a causa della complessa situazione politica precedente l'unità d'Italia, nel Novecento vedono ancora compromesso il loro sviluppo, che prenderà avvio solo dopo la fine del secondo conflitto mondiale. I principali movimenti d'arte moderna, fatta eccezione per il Futurismo , si sviluppano quindi fuori l'Italia, in Europa e in America, nei primi trent'anni del secolo, investendo tutti i settori della cultura e testimoniando le notevoli influenze esercitate dalle nuove conquiste teoriche e scientifiche del Novecento.
L'uso del ferro e del cemento nelle costruzioni determina strutture portanti rivoluzionarie rispetto a quelle dei secoli precedenti e qualifica in modo nuovo l'architettura, che ora è realizzata come un'opera d'ingegneria. Mentre con i materiali tradizionali l'architetto poteva limitarsi a progettare la forme dell'edificio, lasciando all'ingegnere il compito di risolvere i problemi relativi al calcolo della struttura portante, ora, con i nuovi materiali, anche l'architetto deve acquisire una diversa competenza sul piano tecnico, perché la forma e la struttura dell'edificio tendono a divenire tutt'uno. Si afferma anche un nuovo concetto di cantiere, come luogo in cui si montano pezzi prefabbricati (travi, pannelli di rivestimento, ecc.), prodotti in serie altrove. Anche nell'architettura, quindi, entrano i processi di industrializzazione: la produzione in serie sfocia nella produzione di massa e si determina una crisi del valore di «architettura», che viene distinta dall'«edilizia», così come l'avvento della fotografia aveva determinato la crisi del valore di «pittura». Nascono in questo secolo, proprio in seguito all'industrializzazione dell'edilizia, nuovi schemi di fabbricati che popolano i nuovi quartieri delle città. Si qualifica la funzione dell'urbanistica, che vede la città come un ambiente vitale in cui si rispetti il tessuto urbano della parte antica (il centro storico) e nella quale si integrino, piuttosto che emarginarli, i luoghi in cui vive la classe operaia. Questa concezione democratica di città viene ovviamente rifiutata dai regimi totalitari: basti pensare agli interventi drastici sul tessuto urbano di Roma, compiuti da Mussolini, in base ai quali vengono abbattute vaste aree di quartieri medioevali e settecenteschi. Al loro posto vengono realizzati ampi assi viari che collegano i monumenti ritenuti più rappresentativi della città: il Colosseo, monumento per eccellenza dell'antico impero romano; palazzo Venezia, sede del potere politico del nuovo impero fascista; San Pietro, monumento dell'autorità religiosa. Anche in Germania, con Hitler, si afferma l'idea della città come espressione dell'autorità e della potenza dello Stato e non come riflesso della libera organizzazione dei cittadini.