l ’emancipazione delle donne in Italia e in Europa

La parità dei sessi ebbe una notevole influenza sul governo rappresentativo, tanto che le dimensioni dell'elettorato aumentarono moltissimo e i partiti si preoccuparono di ottenere e conquistare il voto femminile. Così che, in alcuni paesi il diritto di voto venne esteso anche ad donne che aveva compiuto 20 anni, ed il primo paese europeo che nel 1819 concesse questo diritto fu la Germania. Invece in Italia e in  Francia le donne incominciarono a votare soltanto dal 1946. L’unica eccezione rimaneva la Svizzera, in cui questo diritto non fu ancora introdotto.

In Italia, nel 1919 venne emanata da Vittorio Emanuele III (allora re d’Italia) la LEGGE 17 luglio 1919, che stabiliva le  norme relative alla capacità giuridica della donna.

Qui di seguito riportiamo alcuni articoli contenuti nelle legge. Questi ultimi sono molto importanti e innovativi da questo periodo in poi.

Art. 7 della legge 17 luglio 1919

Le donne sono ammesse, a pari titolo degli uomini, ad esercitare tutte le professioni ed a coprire tutti gli impieghi pubblici, esclusi soltanto, se non vi siano ammesse espresse espressamente dalle leggi, quelli che implicano poteri pubblici giurisdizionari o l’esercizio di diritti e di potestà politiche, o che attengono alla difesa militare dello Stato secondo la specificazione che sarà fatta con apposito regolamento.

Art. 8 della legge 17 luglio 1919

Gli atti compiuti dalla donna maritata prima del giorno dell’entrata in vigore della presente legge non possono impugnarsi per difetto di autorizzazione maritale o giudiziale, se la relativa azione non sia stata proposta prima di detto giorno.

Finita la prima guerra mondiale in molti paesi europei venne concesso il voto alle donne.
Anche in Italia, grazie al lavoro delle donne che si sono sostituite ai maschi (durante il primo conflitto mondiale) in tutte le attività, la lunga battaglia sembrava vinta.
La battaglia per il voto alle donne, era iniziata fin dall’ottocento e nonostante la rimozione operata dagli storici, il tema fu presentato nel dibattito politico e culturale italiano.
Con la nascita del Regno d’Italia, dal 1861 al 1888, quasi ogni anno furono presentati disegni di legge o si svolsero dibattiti parlamentari sul voto alle donne.Il dibattito diventava più intenso in coincidenza con i progetti di riforme elettorali generali.

Il dibattito venne chiuso brutalmente nel 1888 in occasione della riforma della legge comunale e provinciale in un intervento di Crespi (tale legge prevedeva l’obbligo di istruzione almeno dei primi due anni di scuola elementare). Passò il principio che per lungo tempo chiuderà la questione: non si nega il diritto delle donne al voto, ma l’opportunità del suo esercizio.

Per quasi venti anni non ci saranno discussioni parlamentari sul voto alle donne. L’affermazione del suffragio universale maschile nel 1912, voluto da Giolitti, che ancora una volta escludeva le donne, segnò ancora una sconfitta del movimento femminista italiano.

Nel 1919, viene emanata una legge fondamentale: Disposizione sulla capacità giuridica della donna con la quale viene abolita l’autorizzazione maritale, ma sono ancora negati i diritti politici. L’abolizione dell’autorizzazione maritale è considerata la “sola grande riforma della famiglia attuata dall’Italia liberale”.

Nel 1921 un deputato socialista ritenta la prova con una proposta in un solo articolo: “Le leggi vigenti sull’elettorato politico e amministrativo sono estese alle donne”. Ma la questione non viene neppure discussa.

Bisognerà aspettare per tanto la fine della seconda guerra mondiale per arrivare ad un suffragio universale. Più esattamente il 2 giugno 1946, quando gli italiani furono chiamati alle urne per scegliere tra: mantenere la monarchia o diventare una repubblica. 

Nello scenario internazionale di fine ottocento, a Parigi si tenne il primo congresso internazionale sulla questione del “Emancipazione delle donne” a cui parteciparono francesi, svedesi, russe, polacche ed italiane. Alla guide della conferenza c’era Josephine Butler. La quale sosteneva un recupero delle donne cosiddette “sottomesse” ovvero le prostitute, in quante queste ultime dovevano essere considerate donne alla pari delle altre.

http://www.itcgmontefiascone.it/novecento/il1.htm

http://www.bibliolab.it/donne_web/index_donne.htm

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