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LABORATORIO DI STORIA > percorsi didattici |
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Una
“mappa” geostorico- sociale Comunemente, e molto in
generale, una mappa è la rappresentazione schematica di una
determinata situazione. In ambito topografico,
essa viene realizzata a grande scala, in modo che vi risultino
sufficientemente leggibili i dettagli. Nel nostro caso somiglia invece ad un
“planisfero” di concetti: i “particolari” vi andranno
ricercati per zoomate successive e autentiche “passeggiatine
ipertestuali” (1). A
cavallo tra le due realtà (per illuminarle entrambe), si colloca una
definizione discretamente complessa del “mappare”:
rilevare dati (ovvero i caratteri fondamentali di un oggetto o categoria di
oggetti) relativi ad una zona ristretta di “territorio” (nel quale dei
“confini” individuano precise “proprietà private”) e redigere su
“carta”, in modo dettagliato, utilizzando segni “topo-grafici”
convenzionali, la relativa rappresentazione quale “rete di concetti”
predicabili di più cose.
Interessante,
perché ambigua, la figura del “mappatore”, il cui compito è,
nel senso proprio del termine, quello di rilevare i dati attinenti a concreti
fenomeni “x” reperibili in superficie per redigerne la relativa
rappresentazione cartografica. Per noi, la sua funzione è invece “astrattiva”,
dal momento che il problema è, nel contesto del presente discorso, quello
di individuare e formulare categorie più o meno generali, a partire da
un’adeguata conoscenza (o presunzione di conoscenza) globale degli oggetti
particolari della ricerca. Ma
quante e quali potranno/dovranno essere tali “categorie”? E quale la
loro rappresentazione schematica, il “grafo esistenziale” (Peirce, in U.
Eco, Trattato di semiotica generale, Bompiani,
1975, 3.5.3 e 3.6.9.) in grado di esprimerne le possibili relazioni? Si tratterà di procedere
a spanne, deducendo dall’esperienza di determinati contenuti specifici dei
“concetti empirici” (Kant), ricordando sempre che questi ultimi non sono
connessi al reale medesimo, trattandosi semplicemente di utili costrutti
escogitati dalla mente umana, operante entro il “limite” di precisi
contesti storico-culturali e ideologici, oltre al fatto che, nonostante le
apparenze, neppure uno di essi potrà mai aspirare a fungere da caposistema,
matrice, concetto primo, o iniziale e generalissimo “patriarca di
configurazioni”. Infatti, uno schema che
seriamente volesse pretendere di rappresentare tutti i possibili
attraversamenti intelligenti del gran “libro della storia” dovrebbe
presentare l’imbarazzante e rizomatica struttura di un modello
n-dimensionale a ricorsività semantica infinita (U. Eco, op. cit., B, 2.12), piuttosto che il rassicurante e bell’aspetto
di tutta una collezione di compiuti schemini a base di indefiniti
macroconcetti, quantitativamente ben dosati e ordinatamente disposti che,
soprattutto negli ultimi tre decenni, ha intensamente contraddistinto una
certa letteratura, anche didattica: non è più tempo di “chiavi
universali”, ed è noto come persino la più piccola logica delle
“inclusioni” ipero-iponimiche (cfr. John Lyons,
Introduzione alla linguistica teorica, 10.3.1-10.3.4) sia tutta da
riscrivere alla luce di una più sostanziosa “teoria degli
interpretanti” (U. Eco, op. cit.,
2.7). Dunque, la nostra mappa
sarà costituita da un discreto numero (non troppo elevato, non troppo
esiguo e, soprattutto, non esaustivo, né definitivo, ma certamente
discutibile e aperto) di concetti o microconcetti empirici distribuiti
secondo una schematizzazione convenzionale che, entro il limite
storico-culturale nell’ambito del quale ci troviamo a parlare, agire e
condurre le nostre analisi e ricerche, sia in grado di consentire ed
esprimere sensate relazioni, suggerire interessanti operazioni e, in ultima
analisi, didatticamente funzionare.
Potrà inoltre essere
definita “concettuale”, in quanto i lemmi che vi appaiono designano non
tanto i referenti concreti e specifici della geostoria (2)
in sé (ammesso che ve ne siano), quanto definizioni, coordinate,
categorie, assi e/o riferimenti generali in grado di “comprendere”
adeguatamente gli oggetti stessi della ricerca, consentendo altresì una
produttiva manipolazione dei medesimi. I concetti (“mezzi abili”, upaya)
verranno allora intesi come puri e semplici “contenitori” di variabili,
queste ultime giusto per comodità sussumibili sotto una medesima
etichetta (ma, probabilmente, non soltanto in quella). Non se ne perseguirà
dunque un’improponibile purezza epistemologica o validità ontologica,
quanto piuttosto l’effettiva “potenza” operativa. Dopo ciò, va chiarito
che il senso più autentico di una mappa concettuale indubbiamente risiede,
oltre che nell’indiscutibile utilità della medesima in ordine ad una più
lucida e complessa fondazione del lavoro di ricerca e, successivamente,
costruzione del discorso, anche nella sua capacità di fungere da
dispositivo utile ad un attraversamento selettivo e “intelligente” (per temi,
problemi o altro) del tradizionale manuale scolastico, di
storia come di geografia, non esclusi i testi di base propri ad altre
discipline ugualmente suscettibili di ispezione geostorica (educazione
tecnica, musicale, artistica, religiosa, scientifico-matematica),
soprattutto nell’ottica di un più organico e proficuo sviluppo del
pensiero interdisciplinare. Organizzazione
e potenzialità
Dovendo/potendo
esplicitare mediante il “discorso” le possibili relazioni via via
individuate tra i diversi concetti (Contenitori A e B )
presentati nella Mappa, alla fine sarà pur sempre un testo
linguistico il veicolo più “potente” (R. Barthes, Elementi
di semiologia, pp.13-15) attraverso cui dare voce ai risultati di una
qualsiasi indagine di natura geostorica (poiché è il linguaggio stesso a
proiettare le strutture della propria “logica” sul modo in cui l’uomo
intravede/crea rapporti tra le cose e li interpreta) condotta a partire da
essa. Inoltre, non volendo troppo discostarci da quelli che oggettivamente
potrebbero essere i materiali o gli strumenti di immediata accessibilità
per un qualsiasi insegnante di scuola media sotto il profilo della
mediazione didattica, si è pensato di trascinare di peso all’interno del
presente modello un certo numero di concetti solitamente affrontati in
educazione linguistica (sintassi della “frase semplice” e del
“periodo”). Di
fatto: a)
tutte le relazioni geostoriche possono essere espresse tramite il
linguaggio; b)
non vi è nulla di logico in un testo linguisticamente formulato che
non possa essere esaminato mediante gli strumenti della sintassi (indicati,
nella Mappa, come Sintassi A e B). Dunque,
appare evidente come qualsiasi attraversamento avente per oggetto, ad
esempio, un comune manuale scolastico di storia o geografia (ma
l’operazione potrà essere condotta con qualsiasi altro tipo di
“testo”: fonti, documenti, ecc.) possa essere effettuato sulla scorta
dei Contenitori e degli strumenti logico-sintattici di cui alla Mappa
stessa. Ma
com’è organizzata quest’ultima ? Innanzitutto, l’intero materiale concettuale vi risulta disposto in ordine semplicemente alfabetico (a parte le sei “quaestiones” formulate in inglese), e non soltanto al fine di facilitare la ricerca dei vari “lemmi”, bensì soprattutto per esorcizzare a priori alcune tra le più consuete (e ideologiche) gerarchizzazioni concettuali. Va
inoltre ribadito come, proprio in virtù di quella “teoria degli
interpretanti” di cui precedentemente si è detto (U. Eco,
op. cit., 2.7), ciascuno dei Contenitori A potrebbe diventare a
sua volta contenuto di un Contenitore B, opportunità non negata, tra
l’altro, neppure alle categorie, puramente sintattiche solo in apparenza,
di cui alla terza e alla quarta colonna. Non va taciuto, infine, il carattere sicuramente “equivoco” di molti tra i circa 130 lemmi presentati nelle quattro colonne. Obiezioni di varia natura
e ordine potrebbero sempre e legittimamente essere sollevate contro
qualsiasi modello schematico che si proponga come esaustivo e perfetto, e
dunque tanto ideale da risultare, in ultima analisi, assolutamente
inapplicabile nella pratica. La nostra Mappa non corre questo
rischio, considerati i suoi trasparenti limiti (oltre che vantaggi) di
proposta aperta, dinamica e laboratoriale. L’ordine in cui
concetti e relazioni vi appaiono in qualche modo distribuiti, all’interno
delle quattro colonne, lascia immediatamente intuire un’iniziale (ma non
unica) modalità di “costruzione del discorso”, e quindi di
organizzazione della ricerca: a)
da una visione panoramica (Contenitori A), b)
verso quella necessaria zoomata (Contenitori B, all’interno
dei quali andranno effettuate ulteriori messe a fuoco), c)
su cui potrà esercitarsi una prima attività finalizzata alla
rilevazione di “relazioni” non ancora discorsivizzate (Sintassi A,
che prevede comunque un’accurata giustificazione delle diverse
connotazioni che ciascuno dei suoi elementi può di volta in volta assumere,
a seconda dei concreti contesti geostorici. Si vedano, ad esempio, le
innumerevoli sfumature plausibili per un concetto come quello di causa:
antefatto, appiglio, avvio, base, cagione, causa finale, condizione,
congiuntura, fattore scatenante, fondamento, fonte, genesi, giustificazione,
impulso, incentivo, incitamento, inizio, intenzione, interesse, istigazione,
meccanismo determinante, motivazione, motivo, motore, movente, obiettivo,
occasione, origine, perché, preambolo, precedente, preludio, premessa,
presupposto, pretesto, principio, prova, provocazione, pulsione, punto di
partenza, radice, ragione, scaturigine, scintilla, scopo, scusa, scusante,
seme, sollecitazione, sorgente, spiegazione, spinta, stimolo, ecc.) d)
che vedranno una più compiuta “formulazione testuale”
(narrazione, descrizione, argomentazione) nel momento in cui
l’armamentario presentato nella quarta colonna (Sintassi B) entrerà
in gioco. La
seconda possibilità che la Mappa offre si colloca nella
direzione di un insegnamento della storia per temi e/o problemi, allorché
l’individuazione ed esplicita definizione di uno qualsiasi di essi verrà
resa particolarmente agevole e sistematica da un congruo e articolato
attraversamento orizzontale delle quattro colonne. Individuato l’oggetto della ricerca, la Mappa ne consentirà: -
un’indagine relativamente sincronica con intersezione di sfere
diverse, cioè di contenitori diversi, A e B (cfr. Soldati
di Francia e torbiere di Franciacorta); -
un approfondimento relativamente sincronico, mediante l’incontro di
più Contenitori B all’interno di una medesima “sfera
concettuale” (Contenitore A); -
un’osservazione diacronica, con intersezioni tra contenitori
diversi; -
un’osservazione diacronica, mediante l’incontro di più Contenitori
B all’interno di un medesimo Contenitore A (Una
“grande sintesi” di storia romana); Tutto
ciò, naturalmente, in un costante andirivieni tra la storia locale e
quella generale, tra la storia delle variabili soggettive (valori,
mentalità, cultura materiale, ecc.) e quella “strutturale”, tra la
storia politica e quella sociale, tra l’histoire bataille/évenémentielle
e la longue durée, poiché è attraverso questo processo
dinamico che va progressivamente “costruito”, soprattutto in fase
didattica, il discorso geostorico. Nulla
sembra poi negare a priori la possibilità di integrare sinergicamente due o
più fra gli approcci di cui si è appena detto (e forse altri
ancora).
_____ Note (1)
In tale prospettiva, appare quanto mai necessario che venga
propedeuticamente ben recepito un particolare modo di “essere nel mondo”
(tra natura e cultura) per “attraversarlo” armati di “domande”, in
uno stato di vigile e appassionata apertura nei riguardi di ogni eventuale
suggestione che possa recare un proprio contributo alla “costruzione” di
una risposta a quelle stesse domande. (2)
Per “geostoria” il presente discorso intende un approccio
diffusamente storiografico a tutta una serie di ambiti, contenuti e problemi
(cfr., più sotto, Contenitori A e B) ovviamente
interconnessi, quantunque nell’ottica di una dissoluzione della “storia
generale” a favore delle “storie” (Il
dizionario del sapere moderno, a cura di A. Bullock e O. Stallybrass, A.
Mondadori, 1981, pp.660-64), e dunque nel costante riferimento ad un sistema
di contributi di natura apertamente interdisciplinare (“storia totale”). |
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