bibliolab

chi siamo attività e news la biblioteca laboratorio di lettura


mappa del sito

giochi multimedia e web laboratorio di storia laboratorio accadueo
 
LABORATORIO DI STORIA > percorsi didattici 
 
fare storia in Laboratorio
gli interventi degli esperti
i percorsi didattici
materiali didattici
Bibliolab:
la caccia al tesoro
le sitografie
Forum docenti
Forum studenti

Una “mappa” geostorico- sociale
di Gianni Bergamaschi

Comunemente, e molto in generale, una mappa è la rappresentazione schematica di una determinata situazione.

In ambito topografico, essa viene realizzata a grande scala, in modo che vi risultino sufficientemente leggibili i dettagli. Nel nostro caso somiglia invece ad un “planisfero” di concetti: i “particolari” vi andranno ricercati per zoomate successive e autentiche “passeggiatine ipertestuali” (1).

A cavallo tra le due realtà (per illuminarle entrambe), si colloca una definizione discretamente complessa del “mappare”: rilevare dati (ovvero i caratteri fondamentali di un oggetto o categoria di oggetti) relativi ad una zona ristretta di “territorio” (nel quale dei “confini” individuano precise “proprietà private”) e redigere su “carta”, in modo dettagliato, utilizzando segni “topo-grafici” convenzionali, la relativa rappresentazione quale “rete di concetti” predicabili di più cose.

Interessante, perché ambigua, la figura del “mappatore”, il cui compito è, nel senso proprio del termine, quello di rilevare i dati attinenti a concreti fenomeni “x” reperibili in superficie per redigerne la relativa rappresentazione cartografica. Per noi, la sua funzione è invece “astrattiva”, dal momento che il problema è, nel contesto del presente discorso, quello di individuare e formulare categorie più o meno generali, a partire da un’adeguata conoscenza (o presunzione di conoscenza) globale degli oggetti particolari della ricerca.

Ma quante e quali potranno/dovranno essere tali “categorie”? E quale la loro rappresentazione schematica, il “grafo esistenziale” (Peirce, in U. Eco, Trattato di semiotica generale, Bompiani, 1975, 3.5.3 e 3.6.9.) in grado di esprimerne le possibili relazioni?

Si tratterà di procedere a spanne, deducendo dall’esperienza di determinati contenuti specifici dei “concetti empirici” (Kant), ricordando sempre che questi ultimi non sono connessi al reale medesimo, trattandosi semplicemente di utili costrutti escogitati dalla mente umana, operante entro il “limite” di precisi contesti storico-culturali e ideologici, oltre al fatto che, nonostante le apparenze, neppure uno di essi potrà mai aspirare a fungere da caposistema, matrice, concetto primo, o iniziale e generalissimo “patriarca di configurazioni”.

Infatti, uno schema che seriamente volesse pretendere di rappresentare tutti i possibili attraversamenti intelligenti del gran “libro della storia” dovrebbe presentare l’imbarazzante e rizomatica struttura di un modello n-dimensionale a ricorsività semantica infinita (U. Eco, op. cit., B, 2.12), piuttosto che il rassicurante e bell’aspetto di tutta una collezione di compiuti schemini a base di indefiniti macroconcetti, quantitativamente ben dosati e ordinatamente disposti che, soprattutto negli ultimi tre decenni, ha intensamente contraddistinto una certa letteratura, anche didattica: non è più tempo di “chiavi universali”, ed è noto come persino la più piccola logica delle “inclusioni” ipero-iponimiche (cfr. John Lyons, Introduzione alla linguistica teorica, 10.3.1-10.3.4) sia tutta da riscrivere alla luce di una più sostanziosa “teoria degli interpretanti” (U. Eco, op. cit., 2.7).

Dunque, la nostra mappa sarà costituita da un discreto numero (non troppo elevato, non troppo esiguo e, soprattutto, non esaustivo, né definitivo, ma certamente discutibile e aperto) di concetti o microconcetti empirici distribuiti secondo una schematizzazione convenzionale che, entro il limite storico-culturale nell’ambito del quale ci troviamo a parlare, agire e condurre le nostre analisi e ricerche, sia in grado di consentire ed esprimere sensate relazioni, suggerire interessanti operazioni e, in ultima analisi, didatticamente funzionare.  

Potrà inoltre essere definita “concettuale”, in quanto i lemmi che vi appaiono designano non tanto i referenti concreti e specifici della geostoria (2)  in sé (ammesso che ve ne siano), quanto definizioni, coordinate, categorie, assi e/o riferimenti generali in grado di “comprendere” adeguatamente gli oggetti stessi della ricerca, consentendo altresì una produttiva manipolazione dei medesimi. I concetti (“mezzi abili”, upaya) verranno allora intesi come puri e semplici “contenitori” di variabili, queste ultime giusto per comodità sussumibili sotto una medesima etichetta (ma, probabilmente, non soltanto in quella). Non se ne perseguirà dunque un’improponibile purezza epistemologica o validità ontologica, quanto piuttosto l’effettiva “potenza” operativa.

Dopo ciò, va chiarito che il senso più autentico di una mappa concettuale indubbiamente risiede, oltre che nell’indiscutibile utilità della medesima in ordine ad una più lucida e complessa fondazione del lavoro di ricerca e, successivamente, costruzione del discorso, anche nella sua capacità di fungere da dispositivo utile ad un attraversamento selettivo e “intelligente” (per temi, problemi o altro) del tradizionale manuale scolastico, di storia come di geografia, non esclusi i testi di base propri ad altre discipline ugualmente suscettibili di ispezione geostorica (educazione tecnica, musicale, artistica, religiosa, scientifico-matematica), soprattutto nell’ottica di un più organico e proficuo sviluppo del pensiero interdisciplinare. 

Organizzazione e potenzialità  

Dovendo/potendo esplicitare mediante il “discorso” le possibili relazioni via via individuate tra i diversi concetti (Contenitori A e B ) presentati nella Mappa, alla fine sarà pur sempre un testo linguistico il veicolo più “potente” (R. Barthes, Elementi di semiologia, pp.13-15) attraverso cui dare voce ai risultati di una qualsiasi indagine di natura geostorica (poiché è il linguaggio stesso a proiettare le strutture della propria “logica” sul modo in cui l’uomo intravede/crea rapporti tra le cose e li interpreta) condotta a partire da essa. Inoltre, non volendo troppo discostarci da quelli che oggettivamente potrebbero essere i materiali o gli strumenti di immediata accessibilità per un qualsiasi insegnante di scuola media sotto il profilo della mediazione didattica, si è pensato di trascinare di peso all’interno del presente modello un certo numero di concetti solitamente affrontati in educazione linguistica (sintassi della “frase semplice” e del “periodo”).

Di fatto:

a)      tutte le relazioni geostoriche possono essere espresse tramite il linguaggio;

b)      non vi è nulla di logico in un testo linguisticamente formulato che non possa essere esaminato mediante gli strumenti della sintassi (indicati, nella Mappa, come Sintassi A e B).

 Dunque, appare evidente come qualsiasi attraversamento avente per oggetto, ad esempio, un comune manuale scolastico di storia o geografia (ma l’operazione potrà essere condotta con qualsiasi altro tipo di “testo”: fonti, documenti, ecc.) possa essere effettuato sulla scorta dei Contenitori e degli strumenti logico-sintattici di cui alla Mappa stessa.  

Ma com’è organizzata quest’ultima ?

Innanzitutto, l’intero materiale concettuale vi risulta disposto in ordine semplicemente alfabetico (a parte le sei “quaestiones” formulate in inglese), e non soltanto al fine di facilitare la ricerca dei vari “lemmi”, bensì soprattutto per esorcizzare a priori alcune tra le più consuete (e ideologiche) gerarchizzazioni concettuali.

Va inoltre ribadito come, proprio in virtù di quella “teoria degli interpretanti” di cui precedentemente si è detto (U. Eco, op. cit., 2.7), ciascuno dei Contenitori A potrebbe diventare a sua volta contenuto di un Contenitore B, opportunità non negata, tra l’altro, neppure alle categorie, puramente sintattiche solo in apparenza, di cui alla terza e alla quarta colonna.

Non va taciuto, infine, il carattere sicuramente “equivoco” di molti tra i circa 130 lemmi presentati nelle quattro colonne.

Obiezioni di varia natura e ordine potrebbero sempre e legittimamente essere sollevate contro qualsiasi modello schematico che si proponga come esaustivo e perfetto, e dunque tanto ideale da risultare, in ultima analisi, assolutamente inapplicabile nella pratica. La nostra Mappa non corre questo rischio, considerati i suoi trasparenti limiti (oltre che vantaggi) di proposta aperta, dinamica e laboratoriale.

L’ordine in cui concetti e relazioni vi appaiono in qualche modo distribuiti, all’interno delle quattro colonne, lascia immediatamente intuire un’iniziale (ma non unica) modalità di “costruzione del discorso”, e quindi di organizzazione della ricerca:

a)      da una visione panoramica (Contenitori A),

b)      verso quella necessaria zoomata (Contenitori B, all’interno dei quali andranno effettuate ulteriori messe a fuoco),

c)      su cui potrà esercitarsi una prima attività finalizzata alla rilevazione di “relazioni” non ancora discorsivizzate (Sintassi A, che prevede comunque un’accurata giustificazione delle diverse connotazioni che ciascuno dei suoi elementi può di volta in volta assumere, a seconda dei concreti contesti geostorici. Si vedano, ad esempio, le innumerevoli sfumature plausibili per un concetto come quello di causa: antefatto, appiglio, avvio, base, cagione, causa finale, condizione, congiuntura, fattore scatenante, fondamento, fonte, genesi, giustificazione, impulso, incentivo, incitamento, inizio, intenzione, interesse, istigazione, meccanismo determinante, motivazione, motivo, motore, movente, obiettivo, occasione, origine, perché, preambolo, precedente, preludio, premessa, presupposto, pretesto, principio, prova, provocazione, pulsione, punto di partenza, radice, ragione, scaturigine, scintilla, scopo, scusa, scusante, seme, sollecitazione, sorgente, spiegazione, spinta, stimolo, ecc.)

d)      che vedranno una più compiuta “formulazione testuale” (narrazione, descrizione, argomentazione) nel momento in cui l’armamentario presentato nella quarta colonna (Sintassi B) entrerà in gioco. 

La seconda possibilità che la Mappa offre si colloca nella direzione di un insegnamento della storia per temi e/o problemi, allorché l’individuazione ed esplicita definizione di uno qualsiasi di essi verrà resa particolarmente agevole e sistematica da un congruo e articolato attraversamento orizzontale delle quattro colonne.

Individuato l’oggetto della ricerca, la Mappa ne consentirà:

-         un’indagine relativamente sincronica con intersezione di sfere diverse, cioè di contenitori diversi, A e B (cfr. Soldati di Francia e torbiere di Franciacorta);

-         un approfondimento relativamente sincronico, mediante l’incontro di più Contenitori B all’interno di una medesima “sfera concettuale” (Contenitore A);

-         un’osservazione diacronica, con intersezioni tra contenitori diversi;

-         un’osservazione diacronica, mediante l’incontro di più Contenitori B all’interno di un medesimo Contenitore A (Una “grande sintesi” di storia romana); 

Tutto ciò, naturalmente, in un costante andirivieni tra la storia locale e quella generale, tra la storia delle variabili soggettive (valori, mentalità, cultura materiale, ecc.) e quella “strutturale”, tra la storia politica e quella sociale, tra l’histoire bataille/évenémentielle e la longue durée, poiché è attraverso questo processo dinamico che va progressivamente “costruito”, soprattutto in fase didattica, il discorso geostorico.

Nulla sembra poi negare a priori la possibilità di integrare sinergicamente due o più fra gli approcci di cui si è appena detto (e forse altri ancora).   

_____

 Note

 (1)  In tale prospettiva, appare quanto mai necessario che venga propedeuticamente ben recepito un particolare modo di “essere nel mondo” (tra natura e cultura) per “attraversarlo” armati di “domande”, in uno stato di vigile e appassionata apertura nei riguardi di ogni eventuale suggestione che possa recare un proprio contributo alla “costruzione” di una risposta a quelle stesse domande.
Che è poi l’atteggiamento di chi ama la vita (H. Pirenne: “sono uno storico perché amo la vita”).
Si comprende, allora, come persino una frettolosa annotazione da dépliant turistico-ambientalista (cfr. Soldati di Francia e torbiere di Franciacorta) possa divenire, nelle mani di un investigatore appassionato del mondo e della storia umana, un formidabile fattore scatenante che, opportunamente collegato ad infiniti altri tasselli (grandi o piccolissimi), finisce per “dirla lunga” tanto in ordine alle domande formulate, quanto e soprattutto consentendo di porne di ulteriori via via più affascinanti, non dimenticando poi che le stesse relazioni tra i diversi elementi di informazione sono spesso estremamente importanti (e ciò pone l’accento sulle valenze metodologiche della ricerca ipertestuale, ancor prima di una valutazione dei contenuti medesimi, che tuttavia devono esserci) e che, passeggiando avanti e indietro, senza fretta, guidati dai “link” istituiti tra le diverse informazioni, è possibile percepire sempre meglio la “tela” che essi creano, nella misura in cui più “saperi”, ovvero più ambiti di esperienza, si trovano ad interagire e a rispondere.
 

(2)  Per “geostoria” il presente discorso intende un approccio diffusamente storiografico a tutta una serie di ambiti, contenuti e problemi (cfr., più sotto, Contenitori A e B) ovviamente interconnessi, quantunque nell’ottica di una dissoluzione della “storia generale” a favore delle “storie” (Il dizionario del sapere moderno, a cura di A. Bullock e O. Stallybrass, A. Mondadori, 1981, pp.660-64), e dunque nel costante riferimento ad un sistema di contributi di natura apertamente interdisciplinare (“storia totale”).
Basti un solo esempio a chiarimento di quest’ultimo concetto.

Secondo lo storico dell’arte E. Panofsky l’iconologia è lo studio dei significati simbolici e allegorici delle immagini (specialmente in relazione al loro trasformarsi nel tempo) e la ricerca, condotta usando l’arte come tramite, “dell’atteggiamento fondamentale di una nazione, un periodo, una classe, una convinzione religiosa o filosofica”. In tal senso, tale disciplina risulta essere un indispensabile strumento per una storia delle mentalità, della sensibilità o delle relazioni collettive (storia dell’amore, della morte, ecc., campi di indagine estremamente interessanti e a tutt’oggi aperti), tratta da fonti di natura figurativa (Il dizionario del sapere moderno, p. 307).

 
 

  

LABORATORIO DI STORIA > percorsi didattici