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Soldati
di Francia e torbiere di Franciacorta Un’indagine
a carattere geostorico-sociale può prendere le mosse anche dalla semplice
(ma motivata) consultazione di un dépliant ambientalista (Torbiere del Sebino, Associazione “La Schiribilla”, 2000), nel
quale è possibile leggere: “Si
racconta che questo sistema di scavo della torba (“a umido”) venne insegnato
agli scavatori di Provaglio da alcuni soldati
francesi feriti nella battaglia
di Solferino e S. Martino (1859) e ritiratisi in
convalescenza in quel paese”. Sorgono
spontanee alcune domande di schietto gusto “geo-storico”: a)
di quale sistema si
trattava esattamente? Il dépliant soddisfa tale curiosità qualche riga più
sopra: “Lo scavo occupava dai 100 ai
200 uomini, che impiegavano una vanga a gabbia (Nota: ”chiamata in gergo
“lös”, cioè luccio, pesce dalla forma allungata simile alla vanga di
scavo, oppure “pipai”, nome dato al legno, abete Douglas, da cui veniva
ricavato il manico”), con un manico lungo fino a cinque metri (tale era la
profondità massima dello strato di torba), estraendo delle colonnine di
torba (15 x 15 x 90 cm). Le colonnine venivano poi tagliate a pezzi e poste
ad essiccare per essere quindi immagazzinate in attesa della vendita”;
b)
da
quando e dove,
in Europa, il suo sfruttamento era già in atto, tra il Sette e
l’Ottocento? (cfr. risposta alla domanda c); c)
a
Provaglio
esistevano già degli scavatori? Sembra di sì, dal momento che da una completa
lettura dello stesso dépliant apprendiamo, se non altro, che “alla
fine del Settecento si cominciò a pensare allo scavo della torba da sfruttare come combustibile”. Assai più
generoso C. Cocchetti (Brescia e sua
provincia, Editori Corona e Caimi, Milano, 1859, pp. 215-16) il quale, dopo aver offerto un’esauriente
panoramica circa le “torbiere nostre”, in termini di superficie
sfruttata e rendimento finanziario netto (lire 29,495,196, nel 1842),
scrive: “Gli strati di torba nella
nostra provincia hanno la grossezza di uno a quattro metri; sono a pochi
pollici sotterra, in linea orizzontale, e coperti da sabbia o da terriccio
vegetale. Quella d’Iseo ha maggior forza calorifera che tutte le
lombarde, tranne le comasche; e quella di Torbiato in Franciacorta, e di
Padenghe presso il Garda, la vince in peso e in forza. (Nota: “Già nel
1774 la si scavava ad Iseo, ed il benemerito Pilati la sperimentava
quivi per la trattura delle sete, con ottimo risultato; così nel 1770 a
Padenghe, era bruciata nelle filande, in una fabbrica di candele, e in
un’altra di pallini da caccia”). Il governo Italico, con decreto 9
agosto 1808, ordinava che, al pari del carbon fossile, la torba fosse esente
da dazio, e l’usava nella regia fabbrica di falci a Castro. In Olanda,
dove scarseggia la legna, e nell’Oerland, in Norvegia, ove manca
affatto, la torba supplisce a tutti gli usi. In Germania ed in
Francia è moltissimo adoperata. Nella Brianza se n’è generalizzato
l’uso nelle filande, ove serve benissimo […].
Eppure nella provincia di Brescia soltanto il signor Francesco Nullo
l’adopra a Iseo nella trattura della seta. E potrebb’ essere tanto
utile anche nei forni fusori. Ma la torba, che serve a tanti usi, non è da
noi a gran pezza usufruttata come dovrebbesi (Nota: “L’Irlanda,
che possiede 1,200,000 ettari di torbiera, adopera la torba per quotidiano
combustibile, ne fabbrica carbone compresso, ne estrae gas illuminante,
ammoniaca, parafina, ecc.; ora in diversi luoghi si illumina col gas
dell’olio di torba, che costa quasi due terzi meno di quello di carbon
fossile. La torba, a parità di peso, produce anche maggior quantità di
gas, perocché 100 chilogrammi di carbon fossile inglese non danno più di
28 metri cubi di gas misurato al becco [sic!; cfr. Galileo.
Enciclopedia delle Scienze e delle Tecniche, Sansoni, 1964, vol. II, p.
344], mentre 100 chilogrammi di torba
ne danno per minimo 36. A ciò bisogna aggiungere che […] l’olio di torba
risultò di una potenza illuminante da cinque a sette volte maggiore di
quella del carbon fossile. Il gas dell’olio di torba ha inoltre il
vantaggio rilevante d’essere interamente igienico o innocuo, a differenza
di quello di carbon fossile, il quale, malgrado i migliorati sistemi di
depurazione, è più o meno imbrattato da gas nocevoli alle suppellettili
preziose e alla salute”). Fra la generale noncuranza è meritevolissimo
d’encomio l’ingegnere Giuseppe Pedrali per avere con lunghe fatiche e
sacrificj aperto in Cologne uno stabilimento per la preparazione della torba
che egli scava in Franciacorta, preparata per forni e stufa, e prodotti di
torba atti a dare gas illuminante”; d)
che cosa ci facevano a
Provaglio dei soldati francesi,
in quell’anno? (riguardo a ciò, come si può constatare, il dépliant
non si sbottona più di tanto, soddisfacendo piuttosto frettolosamente un
paio di dove?, un quando? e un perché?, ma
sono già abbastanza per poter iniziare, se non ci accontentiamo di
contestualizzazioni “turistiche” e ci impegnamo nel senso di una
ricostruzione più ampia e soddisfacente dell’“evento” nei suoi
molteplici aspetti); e)
chi concretamente li
accolse e li curò?; f)
come fu possibile un’adeguata comunicazione tra gli scavatori di Provaglio e i soldati francesi?; g)
perché mai questi ultimi vollero rivelare un proprio “segreto” agli operai di Provaglio?; h)
che tipo di relazione
esistenziale e affettiva si instaurò tra le due parti?; i)
che
cosa
potevano saperne dei semplici soldati riguardo all’estrazione
della torba? Per rispondere a questa domanda, occorre chiedersi se: j)
prima
di partire per la campagna d’Italia
erano forse anch’essi degli operai, ovvero degli scavatori di torba o, per
lo meno, dei contadini; k)
che sia stata questa affinità
socio-economica e culturale, una sorta di comune
“natura” (classe sociale, mentalità, esperienza della vita, e della
guerra, cultura materiale, sentimenti, ecc.), a creare una reciproca
“simpatia”, e dunque la necessaria motivazione a scambiarsi
(per “ricambiare”, almeno da parte dei francesi) delle utili conoscenze?; l)
da
dove provenivano esattamente
quei soldati?; m)
che
cos’è la torba,
e a quale livello di sviluppo tecnologico essa corrisponde?; n)
dove la Francia ospita
significativi giacimenti
carboniferi, e quindi, probabilmente, anche delle torbiere?; o)
è possibile che in alcun
altro luogo della nostra penisola ne venisse praticato lo sfruttamento,
nel senso della nuova tecnica insegnata dai soldati francesi agli scavatori
di Provaglio? Comunque
sia, dalla lettura del nostro dépliant è possibile apprendere che: “
Nel 1863 la Società Italiana Torbiere ottiene la concessione per lo sfruttamento
della zona e cominciano gli scavi,
che si protrarranno per circa un secolo,
fino al 1950”. |
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