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APPROFONDIMENTO
Sulla base degli esercizi proposti in questo percorso, si possono
costruire altri input per la redazione di racconti.
L’insegnante potrà selezionare racconti a partire da quelli
contenuti nell’antologia oppure ricorrendo ad uno dei testi
segnalati in bibliografia.
Dovrà poi selezionare il brano che fungerà da stimolo agli studenti
e possibilmente costruire delle varianti che possano facilitare il
gioco di affabulazione.
Non è detto che debba proporre una stesura completa delle varianti
ma quanto meno fornire stimoli, anche sotto forma di domande, che
possano giocare da “cortocircuito creativo” della fantasia. Potrà
poi scegliere di rendere questi ulteriori input vincolanti oppure
lasciare che fungano da “riserva” per studenti a corto di idee.
Questo tipo di esercizio è particolarmente indicato per chi ha la
possibilità di utilizzare un wiki o il forum di una classe virtuale
perchè questi strumenti facilitano fortemente la redazione
collaborativa dei testi.
Ma
perchè questo tipo di esercizi è utile? Di seguito ci proponiamo di
rispondere a questa domanda.
Gli
insegnanti, i genitori, i media si lamentano spesso del fatto che i
ragazzi dimostrano una sempre maggior disaffezione nei confronti
della lettura. Un'attività che per le generazioni precedenti era
normale, soprattutto da un certo livello di scolarizzazione in poi,
ora risulta quasi eccezionale.
Leggere è diventato una fatica, un compito ingrato, una noia.
Le cause di questo fenomeno sono note. I ragazzi sono bombardati da
mille sollecitazioni allettanti e disimpegnate: televisione,
videogiochi, computer offrono passatempi semplici e avvincenti,
narrano storie affascinanti la cui fruizione avviene senza sforzo,
passivamente.
La lettura quindi tende a diventare un'attività eminentemente
scolastica: si legge per lo studio, non per il piacere. Gli
insegnanti si ritrovano sempre più spesso in classe studenti che non
sanno leggere, nel senso almeno che non possiedono quelle capacità
di analisi e di orientamento all'interno di un testo narrativo che
prima si sviluppavano in modo pressoché naturale e induttivo. Si
pone perciò il problema di insegnare le abilità connesse alla
lettura.
Di solito si risolve questa difficoltà insistendo, spesso con il
sussidio di libri che presentano appositi apparati didattici,
sull'analisi dei testi. Ci si sofferma sulla comprensione delle
parole e delle frasi, sulle figure retoriche, sulla struttura della
storia, sull'analisi dei personaggi, sulla funzione del narratore,
sull'intenzione comunicativa dell'autore ecc. Si tratta di attività
utilissime, indispensabili alla formazione di un lettore competente.
Tuttavia esse presentano spesso un limite: rappresentando un lavoro,
che consiste nel dissezionare il racconto per svilupparne l'analisi;
impediscono una visione d'insieme, distolgono dal fascino della
storia, in sostanza allontanano dal piacere della lettura. Assolto
l'obbligo, perciò, il ragazzo spesso non diviene un lettore, le
competenze che ha acquisito non vengono rinforzate, la lettura non
diventa un'attività spontanea, non nasce il desiderio di leggere
altri racconti.
Eppure, come sappiamo, da sempre l'uomo è affascinato dall'affabulazione:
ha bisogno di storie, di narrazioni, del confronto con le esperienze
e le fantasie degli altri uomini. E la storia della letteratura ne è
esempio lampante.
Jerome Bruner — esponente di spicco della scuola di psicologia
culturale americana — nel testo Cultura dell'educazione. Nuovi
orizzonti per la scuola propone una interessante riflessione su
questo tema, presentando i principi guida dell'approccio educativo,
elaborati sulla base delle sue teorie.
Il nono principio, dei dieci che compongono le regole fondamentali
di una didattica che favorisca veramente non solo l'apprendimento
degli studenti, ma anche la loro realizzazione, è infatti il
principio narrativo.
Scrive Bruner: «Sembra che ci siano due modi principali in cui
gli esseri umani organizzano e gestiscono la loro conoscenza del
mondo, anzi strutturano la loro esperienza immediata: uno pare
essere più specializzato per parlare di "cose" fisiche, l'altro per
trattare delle persone e delle loro condizioni. Queste due forme di
pensiero sono convenzionalmente note come pensiero
logico-scientifico e pensiero narrativo. La loro universalità
suggerisce che affondino le radici nel genoma umano o che siano dei
dati della natura del linguaggio. Si esprimono in modi diversi nelle
diverse culture, che li coltivano anche diversamente. Non esiste una
cultura che sia priva di entrambi, anche se alcune ne privilegiano
uno rispetto all'altro.
E’ consuetudine della maggior parte delle scuole trattare le arti
narrative — la canzone, il dramma, il romanzo, il teatro e via
dicendo — come qualcosa di più "decorativo" che necessario, qualcosa
con cui rendere piacevole il tempo libero, a volte anche come
qualcosa di moralmente esemplare. Ciò non toglie che noi costruiamo
l'analisi delle nostre origini culturali e delle credenze che ci
sono più care sotto forma di storia, e non è solo il "contenuto" di
queste storie ad affascinarci, ma anche l'abilità con cui vengono
narrate. Anche la nostra esperienza immediata, quello che ci è
successo ieri o l'altro ieri, la esprimiamo sotto forma di racconto.
Cosa ancora più significativa, rappresentiamo la nostra vita (a noi
stessi e agli altri) sotto forma di narrazione. Non è sorprendente
che gli psicoanalisti oggi riconoscano che la personalità implica
una narrazione, la "nevrosi" essendo un riflesso di una storia
insufficiente, incompleta o inadeguata su se stessi. [...] Appare
evidente allora che la competenza nella costruzione e nella
comprensione di racconti è essenziale per la costruzione della
nostra vita e per crearci un "posto" nel mondo possibile che
incontreremo.
Esiste da sempre il tacito assunto che l'abilità narrativa sia un
dono "naturale", che non debba essere insegnata. Ma a una
considerazione più attenta si scopre che le cose non stanno così.
Oggi sappiamo per esempio che attraversa degli stadi definiti, che
in certi tipi di lesione cerebrale risulta gravemente compromessa,
che rende poco in situazioni di stress, che in una comunità sociale
è realistica, mentre in un'altra vicina, con una diversa tradizione,
diventa fantastica. [...]
Nessuno di noi sa tutto quello che si dovrebbe sapere su come si può
intervenire per creare una sensibilità narrativa. Esistono due
luoghi comuni che sembrano aver superato la prova del tempo. Il
primo è che un bambino (o una bambina) deve conoscere, avere
dimestichezza con i miti, le storie, le fiabe popolari, i racconti
tradizionali della sua cultura (o delle sue culture). Sono quelli
che strutturano e nutrono un'identità. Il secondo luogo comune è che
l'invenzione narrativa stimola l'immaginazione. Trovare un posto nel
mondo, per quanto implichi l'immediatezza di una casa, di un
compagno o di una compagna, di un lavoro e di amici, è in ultima
analisi un atto di immaginazione. [...] Naturalmente, se la
narrazione deve diventare uno strumento della mente capace di creare
significato, richiede del lavoro da parte nostra: leggerla, farla,
analizzarla, capirne il mestiere, l'utilità, discuterla. [... ]
«Un sistema educativo deve aiutare chi cresce in una cultura a
trovare un'identità al suo interno. Se quest'identità manca,
l'individuo incespica nell'inseguimento di un significato. Solo la
narrazione consente di costruirsi un'identità e di trovare un posto
nella propria cultura. Le scuole devono coltivare la capacità
narrativa, svilupparla, smettere di darla per scontata» .
Dal passo appena citato emerge l'importanza che va riconosciuta alla
didattica della narrazione, ovvero all'offrire stimoli, modelli,
tecniche che consentano agli studenti di raggiungere competenze
significative in ordine a tale abilità.
Il percorso proposto si prefigge appunto questo scopo: mettere a
disposizione dei ragazzi esercizi di scrittura creativa e testi di
confronto (i racconti) che permettano loro di misurarsi con la
narrazione e di acquisirne alcune regole, allenando nel contempo la
creatività.
Inoltre essi possono anche assimilare a livello induttivo, grazie
alla tematizzazione interna ai vari esercizi, alcuni strumenti di
comprensione del testo narrativo (l'importanza del titolo, gli
elementi della caratterizzazione del personaggio, la funzione del
narratore, la costruzione della fabula e dell'intreccio, il rapporto
autore-testo-lettore) che potranno poi essere opportunamente
richiamati in sede di analisi narratologica.
Le modalità consigliate per la realizzazione degli esercizi, infine,
permettono di raggiungere due obiettivi significativi: da un lato
infatti, affidando agli studenti il ruolo di protagonisti della
creazione, contribuiscono a dare loro il senso di essere artefici
della propria crescita culturale e non solo soggetti passivi del
lavoro dei docenti. Dall'altro, tali modalità puntando sulla
cooperazione nella scrittura e quindi facilitando scambi e confronti
utili per una crescita complessiva della classe, stimolano le
diverse competenze degli studenti per il raggiungimento di un
obiettivo comune ed evitano che alcuni possano essere esclusi
dall'elaborazione dei prodotti. Il percorso presentato potrà,
inoltre, precedere o accompagnare lo studio degli elementi di
narratologia applicati altri racconti, fungendo da stimolo o da
rinforzo per la comprensione delle strategie di analisi del testo
narrativo. |