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Il sistema dei media
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Forme
antiche e forme moderne di comunicazione di massa Forme di comunicazione di massa si sono avute sin dall’antichità.
Le grandi cerimonie religiose, gli spettacoli nell’arena, i giochi
sportivi, le assemblee nell’agorà
delle città stato democratiche, gli appelli ad un esercito schierato
per la battaglia, ce ne potrebbero fornire innumerevoli esempi. Ma in
tutti questi casi si è sempre trattato di persone riunite insieme in
uno stesso luogo. Oggi invece i giornali, la rete
telegrafica, il cinema, il telefono e soprattutto la radio e la
televisione, per tacere delle reti di computer, ci consentono di comunicare
un messaggio a moltitudini di persone che non sono riunite nel medesimo luogo ma sono sparse sul territorio di
una nazione o anche di tutto il pianeta. E’ questo un punto
importante da cogliere. Lo sviluppo delle conoscenze scientifiche ha
permesso, a partire dal secolo XIX°, di costruire delle macchine
per la comunicazione a distanza che fanno nascere pubblici di
grandi dimensioni. Le poche tecnologie di comunicazione a distanza che
hanno preceduto l’epoca contemporanea (come i falò accesi sulle
alture o in cima a torri di segnalazione, i messaggeri a cavallo, la
rifrazione di segnali luminosi tramite specchi e così via) erano
rudimentali e non erano utilizzabili per la comunicazione di massa ma
servivano ad usi militari e a mettere in contatto fra loro pochi gruppi
di persone alla volta, con tempi molto lunghi e senza la possibilità di
far circolare messaggi complessi. Mentre nelle società antiche la comunicazione a
distanza (anche quando nel XVIII nasce un servizio postale regolare
per quanto molto lento) e la comunicazione di massa non
erano collegabili fra loro e non formavano un sistema unitario, per
cui il problema dei media non si poneva in modo particolare, nelle
società moderne avviene
l’opposto ed il problema dei media assume un’importanza determinante
in quanto la comunicazione di massa è soprattutto una comunicazione
mediale. Perché un media si formi non basta che sia stato scoperto un
principio scientifico che potrebbe avere applicazioni nel campo della
comunicazione, ma occorre che vengano costruite delle macchine
funzionanti e che queste macchine incontrino poi il favore del pubblico.
Solo allora diventano possibili due cose. La prima consiste nel produrre su scala industriale degli apparecchi di ricezione; la
seconda nel creare degli
apparati organizzativi che producano dei contenuti fruibili per
mezzo di tali apparecchi. Infine – ed è questo un terzo passo
essenziale – bisogna che apparecchi di ricezione e contenuti di
comunicazione possano venire collocati sul mercato e siano acquistati
dai consumatori. La storia dei media è piena di casi che dimostrano come il
rapporto tra principi scientifici, costruzione di macchine funzionali e
loro accettazione da parte del pubblico sul mercato sia tutt’altro che
automatico. Si prenda ad esempio il caso della fotografia. Il principio
della camera oscura era conosciuto sin dall’antichità, ma
rappresentava una curiosità. Solo nella prima metà dell’Ottocento,
grazie alla rivoluzione industriale, si è avuta l’idea di costruire
delle macchine fotografiche in
base a questo principio. E dopo sono ancora occorsi decenni perché si
creasse una industria di produzione di tali macchine e si sviluppassero
forme di professionismo, pubblici amatoriali, un mercato di consumo e
così via. Altrettanto significativo il caso del cinema. Almeno sin dal
settecento erano ampiamente noti e diffusi quei libretti nei quali,
facendo scorrere rapidamente le pagine, si aveva una impressione di
movimento delle immagini, ma ciò fu a lungo considerato come un gioco
per bambini. I tentativi di creare una macchina che consentisse la
visione di immagini fotografiche in movimento diedero luogo a
innumerevoli prototipi, prima che nel 1895 i fratelli Lumière
brevettassero il loro cinematografo.
Ma agli inizi esso venne sfruttato più che altro come un’attrazione
da fiera, e nel giro di pochi anni sembrò aver esaurito la propria
capacità di interessare al pubblico, finché agli inizi del secolo non
fu rilanciato come spettacolo da sala, in grado di intrattenere un certo
numero di spettatori paganti per un tempo relativamente lungo. Occorre inoltre tener presente che l’uso di ciascun media
rende necessari stili di comunicazione propri. La televisione
richiede un modo di parlare e di presentare i contenuti al pubblico che
cambia rispetto a quelli che si debbono usare quando si comunica con la
radio e un messaggio lanciato sui quotidiani o in televisione è qualche
cosa di diverso dallo stesso messaggio scambiato in una chat
line su Internet. Anche le forme di fruizione dei contenuti da
parte del pubblico variano. La folla che segue il comizio di un
oratore in piazza non è la stessa cosa della audience
di un programma di intrattenimento televisivo. Mentre la folla è un
insieme sociale di persone effettivamente presenti in un dato tempo e in
un dato spazio sociale, l’audience
televisiva è il risultato di una misurazione a campione e di una
proiezione metodologica; è perciò un ente astratto. |