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Laurana
Lajolo, Gli archivi
scolastici:
una
“miniera work in progress” per la ricerca didattica
|
LA MEMORIA DELLA SCUOLA E’
opportuno, quindi, integrare la documentazione archivistica, recuperando
quaderni, esercitazioni in classe, diari e registri di classe, relazioni di
fine anno e così via, individuando cioè altre fonti significative al fine
di ricostruire i percorsi formativi. Sostanzialmente
sono questi i documenti principali in cui rintracciare la memoria della scuola o meglio dei soggetti (docenti e studenti).
Anche se in massima parte questi materiali sono stati “scartati”, per
il Novecento è ancora possibile trovare archivi privati di quaderni,
testi, documenti scolastici. E spesso sono i rigattieri, che raccolgono
biblioteche ed archivi da privati, a fornire queste fonti, anche se
smembrate dal corpo originario. E’
piuttosto agevole, inoltre, raccogliere la memoria di genitori e nonni. La
ricostruzione dei percorsi soggettivi, infatti, stimola interessanti
esercizi di memoria individuale e generazionale da parte dei testimoni
interpellati attraverso le interviste e le conversazioni condotte dagli
studenti. Gli stessi insegnanti sono testimoni significativi e
rappresentano una mediazione utile perché gli studenti procedano ad una
riflessione sulla memoria raccolta in relazione alla propria esperienza
personale, così da sedimentare storie e biografie precedenti a confronto
con il presente e formare una propria memoria del passato. La
relazione tra memorie di generazioni differenti induce, infatti, un
atteggiamento attivo e costruttivo dei ragazzi, che imparano così a
costruire, a loro volta, memoria di sé e a comporre il mosaico della
memoria storica, acquisendo maggiore consapevolezza del presente e della
propria identità. Infatti utilizzare frammenti di memorie del passato, contestualizzati storicamente con l’intreccio con altre fonti, fa sì che la memoria possa trasformarsi in esperienza, possa cioè essere rielaborata e sedimentata nel percorso esistenziale individuale e del gruppo classe, fino a consentire all’allievo, con l’indispensabile aiuto metodologico del docente, di stabilire legami tra il privato e la grande storia. Giuliana
Bertacchi riflette su questo processo: “Rinvenire una storia dei padri,
dei nonni, dei fratelli maggiori ha un profondo significato e spesso è in
grado di suscitare un autentico interesse nei giovani, che si è soliti
definire “senza memoria”: “la riscoperta degli antenati (ci
rifacciamo alla riflessione di Giuseppe Mantovani) è un passaggio
indispensabile per stabilire la relazione tra passato e presente, per
scoprire le dimensioni che coinvolgono l’esperienza biografica
individuale. Inoltre
socializzare un frammento della memoria privata e metterlo in relazione con
altre informazioni e documentazioni, significa individuare quei legami tra
la “piccola” e la “grande storia” che sono base di consapevolezza
e, appunto, di esperienza di memoria”.[1]
La
mancanza di trasmissione di memoria tra le generazioni caratterizza il
nostro tempo, mentre è sempre più evidente dagli studi sociologici e
psicologici che è la memoria, o meglio le memorie plurime e diverse, a
dare senso all’esistenza individuale e a segnare le appartenenze sociali,
a dare dimensione storica alle nostre singole vite, essendo essa il tramite
per la formazione dell’identità locale e nazionale. Allora
risulta importante dare strumenti agli studenti per costruire memoria, per
conoscerne i limiti, ma anche l’apporto di situazioni ed emozioni, di
piccole storie e di grande esperienza umana, che le fonti di memoria
apportano alla ricostruzione storica complessiva.
La
memoria dà senso storico. A
volte, quando si insegna storia, si ha l’impressione che i ragazzi
mettano insieme avvenimenti e date, senza riconoscerne il senso, perché
non riescono a rintracciare un “vissuto” di quel periodo storico, cioè
le azioni e le memorie di uomini e donne che quella storia hanno fatto. Gli archivi scolastici possono, dunque, anche essere definiti luoghi di memoria, nel senso che sono una sedimentazione di aspetti pubblici e aspetti privati della storia dell’istruzione, un laboratorio di memorie plurime e complesse, in cui si scoprono permanenze e discontinuità. Considerata
la rilevanza delle memorie per la ricostruzione storica, va tenuta altresì
presente l’avvertenza metodologica sui limiti della memoria, che, per sua
natura, tende ad assolutizzare i ricordi e, nello stesso tempo, ad operare
cesure, oblii, censure, rimozioni. Giuliana
Bertacchi rammenta a chiunque voglia misurarsi con le fonti di memoria che:
“Fonti, memoria: sono parole-chiave ad alta densità concettuale,
ciascuna delle quali presuppone e implica complesse questioni di vario
ordine. Complessità e implicazioni aumentano ancora, richiedendo
specifiche coniugazioni e necessarie distinzioni di approccio e di
sviluppo, se le rapportiamo sia all’ambito della didattica della storia,
sia all’orizzonte della storia del Novecento e dell’esperienza della
contemporaneità, con le conseguenti questioni connesse al nodo della
trasmissione-comunicazione tra le generazioni.”[2] [1] G. Bertacchi, A. Vernieri, Introduzione, in Vita di Scuola. La scuola a Bergamo dalla fine dell’Ottocento agli anni cinquanta, Bergamo, Associazione editoriale Il filo di Arianna, 2003, p. 9. [2] G. Bertacchi, Le fonti di memoria per la storia contemporanea, in G. Bertacchi, L. Lajolo, L’esperienza del tempo. Memoria e insegnamento della storia, cit., p. 92. |
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