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Soldati di Francia e torbiere di Franciacorta
di Gianni Bergamaschi

Quasi concludendo…

Ma sulla pelle di chi venivano edificandosi le fortune della ricca borghesia liberale moderata in Lombardia come in Piemonte, a Brescia come a Parigi?

I progressi della medicina, l’igiene certamente migliorata un po’ovunque (dove più, dove meno), i nuovi metodi di produzione e quindi la maggiore disponibilità di cibo o di altri beni di prima necessità a costi relativamente sostenibili, avevano determinato un incremento demografico senza precedenti in Europa (dove la popolazione complessiva era passata da 185 a 400 milioni), oltre che nell’America settentrionale.

Uno dei risultati di tale incremento fu l’abbondanza di “materiale umano” da utilizzare nelle frequenti guerre che caratterizzarono la seconda metà dell’Ottocento (torna alla mente un certo malthusianismo).

Nello stesso periodo, con il conseguimento del suffragio maschile in vari paesi del mondo, il diritto di voto (che implicava la necessità di una pubblica istruzione per tutti, nel senso che il saper leggere e scrivere costituiva l’indispensabile passo preliminare per poter successivamente istruire i giovani ai compiti posti dalla guerra moderna) comportava anche il dovere da parte del cittadino di partecipare alla difesa della comunità (Preston e Wise, op. cit., p. 300).

Tuttavia, è noto come restasse, per molto tempo ancora, straordinariamente limitata ed esclusiva la quota degli effettivamente ammessi a votare, cittadini per di più appartenenti a classi medio-alte (in Lombardia e a Brescia, ricca borghesia agraria, nascente ceto industriale, media e piccola borghesia) dalle quali, al massimo, potevano sortire i più elevati gradi militari, non certo quei corpi d’armata votati allo sterminio.

Dunque, il suffragio maschile non può rendere conto degli oltre duecentomila soldati che si fronteggiarono a sud del lago di Garda.

Schede: Torbiere d’Artois

Carboni naturali

La classificazione più comunemente seguita si basa sul grado di trasformazione del materiale organico di partenza, tanto più elevato quanto maggiore risulta il contenuto in carbonio, e distingue i carboni in quattro tipi fondamentali; questi, dal meno al più trasformato, sono torba, lignite, litantrace e antracite.

Modalità di formazione. Se l'origine vegetale dei carboni naturali è accettata senza difficoltà (è d'altronde facile trovare nei carboni tracce ben riconoscibili dei resti vegetali, come tronchi, rami, foglie, frutti e pollini, da cui sono derivati), meno evidenti sono le cause che hanno consentito l'accumulo di detriti vegetali in ambienti particolari, detti bacini carboniferi, e le modalità dei processi responsabili della loro trasformazione in torba, lignite, litantrace e antracite. Dallo studio dei resti vegetali rinvenuti nei carboni si è potuto stabilire che le relative piante erano tipiche di una vegetazione palustre a clima umido, caldo o temperato. L'accumulo dei resti vegetali è avvenuto in bacini subsidenti, soggetti cioè a un lento abbassamento del fondo: questi potevano svilupparsi in ambiente continentale (laghi, paludi), oppure in ambiente di transizione (lagune, paludi costiere).

(Enciclopedia Multimediale Omnia 2000)

Torba.

Combustibile solido derivante dalla carbonizzazione di piante acquatiche o palustri (sfagni, ciperacee, graminacee, ecc.). Costituisce il più recente prodotto della trasformazione dei materiali vegetali: si presenta come una massa fibrosa o terrosa, leggera, di colore bruno o nerastro, nella quale spesso sono facilmente riconoscibili i resti vegetali dai quali deriva. I depositi di torba, detti torbiere, sono particolarmente diffusi in regioni a clima temperato o freddo. Appena estratta la torba presenta un elevato contenuto in acqua, che può raggiungere anche il 90%; per compressione ed essiccamento si può ridurre l'umidità al 20-30%. Essiccata la torba contiene il 40-60% di carbonio; il potere calorifico è fra 3000 e 3500 kcal/kg.

(Enciclopedia Multimediale Omnia 2000)

Torbiera

Depressione del suolo più o meno profonda, acquitrinosa, in cui si forma e si stratifica la torba, mista a sabbia argillosa e talvolta a spoglie di animali.

(Enciclopedia Multimediale Omnia 2000)

Artois.

[…] è un seguito di altipiani calcarei, intensamente coltivati, che si estendono fra il fiume Somme e il mare. […] è un’area molto ricca grazie a un’agricoltura intensiva, nella quale il lavoro e gli investimenti raggiungono la più alta produttività del paese, e a un’industria ben differenziata, sorta dalla tradizione tessile delle Fiandre e dallo sfruttamento del bacino carbonifero che si estende per 100 km fra Valenciennes e Béthune. Il suo volto moderno, delineatosi con la rivoluzione industriale del sec. XIX, fu opera della grande aristocrazia locale, legata alle iniziative minerarie, siderurgiche e ferroviarie, e alla fiorente industria tessile di Lilla.

(Nuova Enciclopedia Geografica Garzanti, 1984, p. 458)

Foto di materiale torboso scattata nel bacino della Somme, in Francia.

(Galileo. Enciclopedia delle Scienze e delle Tecniche, Sansoni, 1964, vol. 2, p. 342)

Nota critica su Le rappel des glaneuses di J. Breton:

«La luce dorata del tramonto illumina un gruppo di contadine che nonostante l’ora tarda sono ancora occupate nella loro attività nei campi. […] Più che una rappresentazione del lavoro contadino, pare che Breton voglia sottolineare le umili condizioni di vita di un ceto sociale dimenticato ma radicato nel suo sentimento, memore di un’infanzia trascorsa in campagna. La nitida visione più che offrire allo spettatore uno spaccato di vita rurale, si rivela come una sorta di evocazione di un paradiso rustico ormai perduto” (De Agostini Mailing, Novara, 1994).

Già fin dalle prime opere l’artista mostrò un profondo legame con la pittura realista, aderendo così allo spirito di Courbet e Millet (Le spigolatrici, 1857), entrambi profondamente influenzati dalla rivoluzione del febbraio 1848, senza la quale “forse non si sarebbe mai vista la mia pittura” (Courbet).

Osservando con affetto e disponibilità il dipinto di J. Breton, non è difficile immaginare di ritrovarsi tra le campagne torbose della Franciacorta di centocinquanta anni fa.

Che fosse l’Artois la regione di provenienza di quei soldati che la popolazione di Provaglio ebbe in cura, e nei riguardi della quale essi si sentirono tanto riconoscenti da volerle trasmettere, come un cortese souvenir, il proprio umile “segreto tecnologico”?

Che fossero dunque essi pure dei semplici contadini/operai della terra/scavatori di torba, costretti dalla miseria della loro esistenza quotidiana, in un’epoca di significativo incremento demografico, e quindi a corto di cibo, ad arruolarsi come volontari nell’esercito di Napoleone III?

È tutto estremamente probabile, e forse avremmo potuto saperlo molto più a buon mercato semplicemente telefonando al curatore del dépliant ambientalista da cui il nostro lavoro è iniziato.

Ma avremmo anche perso il gusto e il senso dell’investigazione che ne è stata stimolata, poiché essa ha arricchito attivamente le nostre conoscenze (anche se, come si può vedere dalle svariate questioni lasciate aperte, la ricerca è tutt’altro che conclusa), consentendo altresì di mettere alla prova tutta una serie di contenitori concettuali e di operatori logici che potrebbero essere facilmente visualizzati mediante una “mappa locale” ottenibile selezionando dalla Mappa geostorico-sociale unicamente i percorsi effettivamente attivati durante la ricerca.

Appendice

Nel corso della nostra breve investigazione, per non appesantire troppo il discorso, abbiamo evitato di prendere in considerazione un’ulteriore importante direttrice di ricerca, quella relativa ai segni lasciati dalla “storia” (locale e, di rimando, generale: l’incontro tra i soldati francesi e gli scavatori di Provaglio) sul paesaggio, sulla geografia del luogo, ovvero riguardante l’impatto geo-ambientale, il modellamento della superficie terrestre operato in quel determinato suo punto dall’“agente esogeno uomo”, nel senso di un economico sfruttamento del territorio disponibile.

L’estrazione “a umido” della torba, rendendo possibile e immediato uno sfruttamento intensivo del giacimento esistente, ha determinato anche le condizioni affinché quei “prati umidi” formatisi in epoca post-glaciale in seguito al progressivo accumulo di sostanze organiche prevalentemente vegetali, e ancora sussistenti nel corso dell’intero sec. XVIII, trasformati dal lavoro umano in vasche irregolari (le “candele”) presto colmate dalle acque affluitevi dal vicino lago di Iseo, si trasformassero, a scavi definitivamente interrotti (circa trent’anni fa) nella stessa Lametta, per ragioni di tutela ambientale, in uno scenario degno di essere immortalato (come di fatto è in seguito avvenuto) da pittori e fotografi, in una veduta paesaggistica di incomparabile e struggente bellezza, dove la “natura” (flora e fauna), con il trascorrere del tempo, ha progressivamente riconquistato il sopravvento sulla “cultura”, dando luogo ad una “zona umida” giustamente protetta e “turisticamente” valorizzata, tanto sotto il profilo scientifico-naturalistico, quanto dal punto di vista geo-storico (anche grazie all’immediata adiacenza del bel Monastero di S. Pietro in Lamosa e al ritrovamento in loco di utensili risalenti all’ultima preistoria).

Tutto ciò avrebbe consentito di “aprire” sulla vicenda delle Torbiere del Sebino nuovi Contenitori A e B (Economia à paesaggio, risorse, settore terziario, tecnologie; Qualità della vita à loisir; Sovrastrutture culturali à arte, religione, scienza; Spazio à ambiente, territorio; Axiologia à norme, valori) su cui porre una certa serie di questioni suggerite dagli operatori logici pertinenti inclusi nelle due Sintassi.

Per chiudere, invece, ci si accontenterà di azzardare un semplice condizionale controfattuale (Il dizionario del sapere moderno, a cura di A. Bullock e O. Stallybrass, A. Mondadori, 1981, p. 143):

che cosa sarebbe accaduto

se quei soldati francesi non si fossero mai trovati in quel posto,

e quindi se non si fosse mai combattuta una battaglia tra Solferino e S. Martino,

e quindi se non fosse mai scoppiata una seconda guerra di indipendenza,

e quindi se la Lombardia non fosse mai stata dominata dagli austriaci,

e quindi se

e quindi se la zona non fosse stata sfruttata tanto a fondo, in attesa del costituirsi di una torba “asciutta”?

Sarebbero trascorsi molti decenni, o forse secoli. Dopodiché, quella stessa materia prima/fonte energetica certo non sarebbe più risultata economicamente interessante, come invece avrebbe potuto esserlo tra Ottocento e primo Novecento, soppiantata da materiali ben più duttili, redditizi e convenienti, quanto a estrazione, trasporto e utilizzo.

* Il presente lavoro, tratto con lievi e non sostanziali modifiche da un più esteso saggio (Mappa concettuale ipertestuale geostorica) contenuto nel CD ROM “G. Bergamaschi, Materiali – n. 1”, attualmente accessibile presso il CDRS – Centro documentazione risorse e servizi della Rete scolastica per l’area geostorico-sociale dell’Ovest bresciano, Scuola polo ITCG “Einaudi” – Chiari (BS), è ora reperibile anche sui numeri 8 e 10 della rivista culturale Il mulo, 2002-2003, Literstampa, Grazzanise (CE), http://www.geocities.com/volturno.geo/mulo.

Ciò spiega anche il carattere lievemente abrupto dell’incipit e almeno un paio di riferimenti non soppressi nel corso del presente testo, comunque perfettamente comprensibili alla luce di Una mappa geostorico-sociale.

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