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COLTIVAVANO
IL BASILICO NELLA VASCA DA BAGNO |
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Presentazione | prerequisiti e competenze da attivare | ||||
TAPPA 1: LA REALTÀ DEI RAGAZZI | TAPPA 2: I DATI QUANTITATIVI | TAPPA 3: LA PROBLEMATIZZAZIONE | |||
TAPPA 4: IL QUESTIONARIO ALLE FAMIGLIE | TAPPA 5: LE INTERVISTE A CONFRONTO | Sitografia | Bibliografia | ||
TAPPA 5: LE INTERVISTE A CONFRONTO dal saggio di Roberto
Biorcio Gli
italiani e gli immigrati extracomunitari: l'immaginario e la realtà in
Abacus, Italia al macroscopio, Feltrinelli,
Milano, 1998
L'Italia
è stata sempre, dalla costituzione dello stato nazionale, soprattutto un paese
di emigranti. Negli ultimi cinquanta anni oltre sette milioni di italiani sono
andati a cercare fortuna nelle Americhe, in Australia e in altri paesi europei (Cagiano
de Azevedo, 1988). Negli anni ottanta è cresciuta però significativamente
anche nel nostro paese la presenza di immigrati dal Terzo Mondo e dall'Europa
orientale. La novità della convivenza interetnica ha generato una
sopravvalutazione quantitativa del fenomeno, e preoccupazione per i suoi effetti
sociali. Dopo una situazione più fluida, caratterizzata da precarietà, rapido
turn‑over e instabilità dell'insediamento, la relativa stabilizzazione
della presenza degli immigrati in alcune zone e la costituzione di diverse
comunità etniche hanno determinato le condizioni per lo sviluppo di tensioni
con la popolazione locale (Rusconi, 1989). I contatti quotidiani fra diverse
culture ed etnie, e il modo in cui i media hanno inquadrato le questioni
dell'immigrazione hanno innescato nuovi processi di costruzione dell'immagine
dello straniero. Tab. 1 - Percentuale immigrati extracomunitari sulla popolazione totale in alcuni paesi europei
Fonti: Sopemi Annual Report (1995)ed Eurostat La crescita relativamente repentina della visibilità pubblica degli immigrati ha però fatto aumentare l'allarme sociale (Balbo e Manconi, 1992). Si è diffusa nel nostro paese la sensazione di subire l'invasione dei propri spazi di vita, ed è diventata di senso comune l'idea che la presenza di immigrati dal Terzo Mondo rappresenti un grave problema per il nostro paese (Cfr. tab. 2). La stessa percezione della loro numerosità ("gli immigrati sono troppi") non corrisponde alle dimensioni reali del fenomeno.Tab. 2 - Percezioni degli immigrati extracomunitari in alcuni paesi europei (1994)
Fonte. Eurobarometro n. 42 Lo sviluppo dell'allarme sociale e degli atteggiamenti di ostilità nei confronti dell'immigrazione dal terzo mondo si sono intrecciati con le trasformazioni della società e della politica che hanno caratterizzato il nostro paese negli anni novanta.1. Il nuovo razzismo differenzialista nei paesi europei L'interpretazione dell'evoluzione degli atteggiamenti nei confronti dell'immigrazione extracomunitari richiede una comparazione con i paesi europei che hanno conosciuto le stesse problematiche prima e in misura più massiccia dell'Italia. A partire dalla metà degli anni settanta, sono emerse nell'Europa occidentale nuove tipologie di atteggiamenti ostili verso gli immigrati. Questo fenomeno ha interessato soprattutto la Francia e la Gran Bretagna, che ospitano forti minoranze di colore immigrate dalle ex colonie. La pressione migratoria, più forte e più visibile dagli anni ottanta, si è inserita in una situazione sociale caratterizzata dall'aumento della disoccupazione e dalla crisi dei sistemi di Welfare State. Sono cresciuti a livello popolare gli atteggiamenti ostili verso gli immigrati, integrati con le immagini e credenze sulla loro situazione diffuse dai mass media. Il senso comune tende a naturalizzare le differenze fra le diverse comunità etniche, senza tenere conto dei processi storici e delle condizioni sociali che le hanno generate. Si è diffusa l'opinione che sia più "naturale" e comunque preferibile vivere tra gente appartenente alla propria etnia, e tenere a distanza e discriminare gli estranei alla propria comunità. Il livello della ostilità "spontaneo", dipendente dalla visibilità e dalle forme dell'insediamento degli immigrati, si è espresso talvolta in azioni di intolleranza individuali e collettive.Dopo la sconfitta dei regimi fascisti e nazisti, non viene più proposta una forma di razzismo aperto, basato sulle tradizionali teorie a base biologica. Il razzismo tradizionale, sostenuto da teorie pseudo-scientifiche viene sostituito da un nuovo tipo di xenofobia basata su principio del "diritto alla differenza" di ogni identità etnoculturale, definita come "razzismo differenzialista" (Taguieff,1988). Anche se è stata abbandonata l'idea di un fondamento biologico alla base delle differenze di "razza", le nuove idee hanno ugualmente favorito pratiche sociali di esclusione e discriminazione: "Razze immaginate e razze reali svolgono lo stesso ruolo nel processo sociale e sono dunque identiche rispetto a tale meccanismo" (Guillomin, 1972, p. 63). Negli anni novanta la crescita dei flussi migratori dai paesi del Terzo Mondo e dall'Europa orientale, in un contesto di globalizzazione dell'economia e delle comunicazioni, ha reso più visibili le diversità etnoculturali nei paesi europei e ha favorito la valorizzazione delle appartenenza etno‑territoriale e la crescita di posizioni etnocentriche e xenofobe. L'ostilità nei confronti degli immigrati nell'Europa occidentale è così molto cresciuta in parallelo con l'aumento delle inquietudini e delle paure diffuse a livello sociale. Si è determinata una sorta di "complesso dell'immigrazione" che induce a "trasformare ogni problema sociale in problema posto dalla presenza degli immigrati, o perlomeno aggravato da questa presenza" (Balibar, Wallerstein, 1990, p. 228). Gli atteggiamenti ostili nei confronti degli immigrati si sono manifestati a livelli molto diversi nell'ambito della vita sociale dei paesi europei. Wieviorka ne ha delineato il tipico percorso evolutivo attraverso quattro possibili stadi (Wieviorka 1991, pp. 7.5‑77): a) una situazione di "infrarazzismo", che vede solo la presenza sotterranea di pregiudizi e opinioni ostili verso in non appartenenti alla comunità locale o nazionale; b) un livello di "razzismo frammentato", che si esprime con opinioni diffuse nella società, in assenza di agenti in grado di conferire unità a questa spinta sociale; c) uno stadio in cui il razzismo viene gestito da una forza politica che "capitalizza le opinioni e i pregiudizi, ma in più li orienta e li sviluppa" (cit. p. 76); d) lo stadio in cui lo stato stesso sviluppa politiche di esclusione e discriminazione di massa. Il verso salto di qualità si verifica nel passaggio da secondo al terzo livello, quando il razzismo, sia pure nella versione differenzialista, diventa un fenomeno direttamente o indirettamente politico. Questo passaggio si è realizzato in molte società europee perché l'ostilità verso gli immigrati rappresenta una preziosa risorsa utilizzabile sul terreno politico per ottenere consenso a livello popolare. Tra la fine degli anni '80 e l'inizio degli anni '90 si sono impegnate nella polemica contro l'immigrazione extracomunitaria una serie di formazioni populiste, molto diverse per origini e ideologia (Confalonieri, 1991). Nuovi e vecchi partiti politici sono riusciti a ottenere sostegno e consenso elettorale presentandosi come "imprenditori politici del razzismo" (Manconi, 1990, p. 83.) La propaganda populista ha evidenziato soprattutto l e conseguenze pratiche negative derivate dalla presenza degli immigrati: aumento della criminalità, della disoccupazione, del degrado sociale di alcune aree, della diffusione di nuove malattie. La sensazione di sradicamento ha creato d'altra parte condizioni favorevoli per la costruzione di nuove e potenti identità collettive. Il nuovo razzismo differenzialista ha trovato un laboratorio privilegiato soprattutto in Francia: è stato soprattutto il Front National a gestire politicamente il programma del razzismo differenzialista, efficacemente collegato alla xenofobia del senso comune. Le Pen ha sintetizzato in forme semplici ed efficaci l'ostilità contro gli immigrati che "costano una fortuna", "mandano in rovina la previdenza sociale", "rubano il lavoro ai francesi", "colonizzano città e paesi", "ingombrano le carceri, stuprano e uccidono" (2). Molte formazioni populiste europee, spesso molto lontane dall'ideologia e dalla cultura dell'estrema destra, hanno adottato un modello di agitazione contro gli immigrati sostanzialmente equivalente a quello utilizzato dal Front National. L'agitazione dei partiti populisti sulla questione dell'immigrazione ha modificato lo stesso senso comune e gli atteggiamenti collettivi. L'indagine Eurobarometro n. 42 realizzata nel 1994 offre una nitida fotografia degli orientamenti dell'opinione pubblica europea nei confronti degli immigrati extracomunitari. La rilevazione di atteggiamenti ostili nei confronti dei non‑appartenenti alle comunità nazionali (o locali) presenta particolari difficoltà per la tendenza diffusa a dissimularli o a rimuoverli. Sono state perciò utilizzate otto domande indirette, che si possono suddividere in due gruppi. Le prime quattro hanno rilevato le reazioni negative provocate dai disagi - reali o presunti - attribuita alla presenza degli extracomunitari: aumento della delinquenza, sottrazione di risorse per i sistemi di Welfare, aumento della disoccupazione e invasione dello spazio disponibile ("gli immigrati sono troppi"). Combinando le risposte a queste domande, abbiamo calcolato un indice di "xenofobia popolare", utile per caratterizzare le diverse situazioni nazionali. Quattro domande hanno invece rilevato orientamenti favorevoli ad accentuare la discriminazione a base etnica: la richiesta di diminuire i diritti degli immigrati e il rifiuto di ogni possibilità di integrazione attraverso la frequenza scolastica, la prossimità abitativa e i legami matrimoniali. Anche queste variabili sono state combinate in un indice complessivo di "discriminazione etnica". La tabella 3 mette a confronto la situazione di cinque fra i principali paesi europei. Tab. 3 - Indicatori di ostilità verso gli immigrati extracomunitari in Europa
Fonte: Eurobarometro N. 42 - 1994 Gli atteggiamenti orientati alla "discriminazione etnica" sono in generale meno diffusi di quelli di "xenofobia popolare". Ma coinvolgono più di un terzo degli intervistati in Francia e Belgio, e più di un quarto in Germania e Gran Bretagna. La diffusione degli atteggiamenti di xenofobi non dipendono solo dalla dimensione della quota di immigrati rispetto alla popolazione locale. Questi atteggiamenti sono molto più condivisi in Francia e nel Belgio perché in questi paesi esistono due forti partiti populisti ‑ il Front National e il Vlaums Blok ‑ che hanno condotto campagne e promosso mobilitazioni su questi temi da diversi anni e hanno influenzato complessivamente anche l'opinione pubblica (3).In Italia gli atteggiamenti orientati alla "discriminazione etnica" erano nel 1994 nettamente meno diffusi rispetto agli altri paesi europei considerati. Il nostro paese si è invece rapidamente allineato ai principali paesi europei per la diffusione degli atteggiamenti di "xenofobia popolare": la denuncia dei disagi provocati dalla presenza degli immigrati. Anche se questa è, nel nostro paese, ridotta rispetto i principali paesi europei, sono molto diffuse le preoccupazioni per la loro numerosità, e l'idea che l'immigrazione extracomunitaria provochi un aumento della disoccupazione e della delinquenza. 2. In rilevanza locale del problema dell'immigrazione Anche se l'allarme per la presenza degli extracomunitari è diffuso e crescente in Italia, la rilevanza locale della questione appare ancora ridotta. I problemi derivati dall'immigrazione hanno per la grande maggioranza degli italiani un significato prevalentemente simbolico e sono ritenuti nel concreto meno urgenti di altre questioni che si presentano a livello locale. Meno di un sesto degli intervistati nelle nostre indagini ha citato la questione della diffusione dell'immigrazione fra i tre problemi più rilevanti della zona di residenza. Esistono però grandi differenze fra le regioni italiane e fra i diversi contesti locali (Cfr. tab. 4). Tab. 4 - Rilevanza del problema dell'immigrazione extracomunitaria
La
salienza locale del problema immigrazione è cresciuta soprattutto nell'Italia
settentrionale e nei contesti metropolitani. Nelle regioni settentrionali il
problema della eccessiva presenza di extracomunitari è segnalato con una
frequenza tre volte superiore a quella delle regioni meridionali. Gli
intervistati che risiedono nella grandi metropoli del Nord e del Centro
sollevano questo problema molto più spesso dei residenti nei centri minori. Tab. 5 - Rilevanza del problema dell’immigrazione extracomunitaria
Vedremo tra poco come il ruolo degli orientamenti politici e culturali sia ancora più rilevante nella diffusione degli atteggiamenti che abbiamo definito di "xenofobia popolare" e in generale, nell'elaborazione dell'immagine sociale dell'immigrato. 3. La diffusione dell'ostilità verso gli ingrati extracomunitari in Italia Se le dimensioni quantitative dell'immigrazione extracomunitaria si mantengono ancora al di sotto dei livelli toccati dai principali paesi europei e si sono sviluppate con gradualità nel nostro paese, dopo il 1987 si è verificato un salto di qualità nell'attenzione dedicata dai media al fenomeno (Marletti, 1991). E' stata Cosi costruita nell'immaginario collettivo una figura di immigrato extracomunitario che associa ai vecchi stereotipi immagini di patologia sociale (criminalità, degrado abitativo, tossicodipendenza, prostituzione). La segnalazione dell'appartenenza etnica dei protagonisti di episodi di cronaca "anche se riguarda in genere reati di piccola entità, ha contribuito (e continuerà a farlo) alla fissazione simbolica di un immaginario già segnato da timori e diffidenza" (Maneri, 1993).Si è innescato Così un potenziale circuito di rafforzamento fra allarme sociale e idee veicolate dai media sui problemi sollevati dalla presenza degli immigrati extracomunitari, creando le migliori condizioni per l'agitazione di alcuni attori sociali e politici. Le rilevazioni demoscopiche realizzate nell'ultimo anno forniscono un preciso profilo degli atteggiamenti ostili verso gli immigrati che sono stati costruiti socialmente e diffusi nel corso degli anni novanta. Per studiare la diffusione di questi atteggiamenti nel nostro paese abbiamo utilizzando diversi indicatori (Cfr. tab. 6). E' risultata molto diffusa la associazione dell'immigrato a quella della criminalità. Poco meno della metà degli intervistati attribuisce agli extracomunitari un ruolo importante per l'aumento della delinquenza in Italia. Un terzo degli intervistati manifesta un disagio generico rispetto alla crescita dell'immigrazione ( "Mi disturba i fatto che nel nostro paese ci siano così tanti immigrati"). Meno diffusa, ma comunque superiore a un terzo degli intervistati è la richiesta di espulsione degli immigrati, da rinviare nei paesi d'origine. Tutti gli indicatori di ostilità hanno punteggi più elevati nelle regioni settentrionali, e appaiono fortemente correlati. Si possono considerare espressioni osservabili di un unico atteggiamento di fondo: l'ostilità verso l'immigrazione legata ai disagi - veri o immaginari - che la loro presenza può generare nella vita quotidiana. Tab. 6- Opinioni sugli immigrati extracomunitari
Un semplice indice può così essere costruito sulla base dell'adesione degli intervistati alle affermazioni riportate nella tabella 6. Atteggiamenti chiaramente ostili si possono rilevare negli intervistati che approvano almeno due delle affermazioni citate: si tratta di oltre un terzo del campione (Cfr. tab. 7). Tab. 7 - Atteggiamenti rispetto agli immigrati extracomunitari
Un
quinto degli intervistati dimostra qualche sensibilità nei confronti delle
argomentazioni ostili agli immigrati, concordando con almeno una delle
affermazioni: si può considerare un'area di possibile espansione degli
atteggiamenti xenofobi. Poco meno della metà del campione (44%) non condivide
nessuna delle proposizioni che esprimono ostilità verso gli immigrati. Questa
posizione è nettamente maggioritaria nelle regioni dell'Italia meridionale.
Nelle regioni del Nord sono invece più diffuso gli atteggiamenti tipici della
xenofobia popolare.
La diffusione degli atteggiamenti xenofobi risulta notevolmente influenzata dalle caratteristiche demografiche e sociali degli intervistati e dai loro orientamenti politici. L'ostilità verso gli extracomunitari è più diffusa fra i maschi e tende a crescere con l'età, raggiungendo i livelli più elevati fra gli intervistati con più di 60 anni (Cfr. tab. 9). Nelle regioni dell'Italia settentrionale gli atteggiamenti xenofobi sono però molto diffusi anche fra i giovani. Si può osservare poi che, in generale, gli intervistati meno istruiti tendono a manifestare maggiore ostilità verso gli immigrati. La xenofobia popolare è molto diffusa nell'ambito della piccola borghesia autonoma e, nelle regioni del nord, tra gli operai. Tab. 9 - Diffusione atteggiamenti xenofobia popolare e caratteri socio demografici
La diffusione degli atteggiamenti ostili verso gli immigrati extracomunitari ha riguardato così soprattutto un settore della nostra società, con un profilo molto netto in termini territoriali e sociali. Le regioni dell'Italia settentrionale e i ceti popolari si sono rivelate il terreno privilegiato per la crescita del pregiudizio etnico nel corso degli anni novanta. 4. Xenofobia, orientamenti culturali e sentimenti di appartenenza territoriale Come ha interagito la penetrazione della xenofobia popolare con le culture e le subculture tradizionali del nostro paese? Si è manifestata una resistenza efficace alla diffusione dei nuovi atteggiamenti, oppure il particolarismo e il familismo tipico della nostra storia hanno alimentato le nuove forme di pregiudizio?La xenofobia è estranea e contraria ai valori promossi dalla chiesa cattolica, dal movimento operaio e dai partiti ad essi legati, che hanno sempre proposto un approccio solidarista nei confronti degli immigrati dal Terzo Mondo. Gli effetti di questa tradizione si mantengono anche negli ultimi anni, e sono confermati dai risultati della nostra indagine. Se facciamo riferimento a due classici indicatori ‑ fiducia nella Chiesa e nel sindacato ‑ per valutare l'adesione soggettiva alle due principali subculture italiane, posiamo rilevare che gli intervistati più legati ad esse, sono meno disponibili ad accettare orientamenti xenofobi (Cfr. tab. 10). E, come vedremo fra poco, l'adesione personale ai valori religiosi rende meno probabile lo sviluppo del pregiudizio etnico. Ma la forza delle tradizioni culturali cattolica, socialista e comunista oppongono solo limitate barriere alla diffusione dagli atteggiamenti di ostilità nei confronti degli immigrati. Più rilevanti appaiono, come si è visto, le influenze del contesto territoriale e il complesso delle condizioni sociali. Tab. 10 - Xenofobia popolare e fiducia nelle istituzioni
La diffusione della xenofobia popolare ha trovato alimento nei tradizionali atteggiamenti familisti e nelle tendenze alla sfiducia generalizzata nei rapporti interpersonali (4) (Cfr.tab.11). Tab. 11 - Xenofobia popolare e orientamenti culturali
Il
pregiudizio verso gli extracomunitari si associa spesso anche a una diffusa
sfiducia per le istituzioni rappresentative locali, nazionale e sovranazionali,
che si estende anche alle istituzioni specializzate nel fare rispettare la legge
e l'ordine sociale. Gli orientamenti xenofobi si rilevano infatti con maggiore
frequenza tra gli intervistati che hanno meno fiducia nel parlamento, nel comune
e nella Comunità Europea, nella Magistratura, nella Polizia e nei Carabinieri (Cfr.
tab. 10). Tab. 12 - Xenofobia popolare e sentimenti di appartenenza territoriale
Tra
fra gli intervistati che manifestano sentimenti di appartenenza nordista è
molto diffusa l'ostilità verso gli extracomunitari. Questi atteggiamenti
risultano invece meno condivisi tra gli intervistati si sentono legati a un
contesto più ampio dell'Italia settentrionale, e si percepiscono come cittadini
d'Europa, del mondo, o semplicemente italiani. 5. Ostilità verso gli immigrati e valori Per comprendere in modo più approfondito il significato della diffusione della xenofobia popolare nel nostro paese, abbiamo cercato di individuare la costellazione di valori che ad essa si associa con più frequenza.Con un test di reattività degli intervistati a una serie di parole‑chiave (è) abbiamo fatto emergere le idee che costituiscono il contesto tipico entro cui si sviluppa la tendenza ad esprimere ostilità verso gli immigrati. I soggetti più orientati ad esprimere atteggiamenti xenofobi rivelano infatti una netta simpatia per una serie di parole-chiave (Cfr. tab. 13). Un gruppo di termini (denaro, proprietà, ricchezza, oro, risparmio) rivela la presenza di orientamenti tipicamente materialistici e acquisitivi. Altri termini (disciplina, rigido) segnalano esigenze sicurezza e prevedibilità nell'ambiente di vita. Emergono poi tra gli intervistati più orientati in senso xenofobo desideri latenti di auto affermazione (ambizione, potenza, dominare, comandare, vittoria, gloria) unita a simpatia per chi sta in alto nella gerarchia sociale (élite, sovrano). Tab. 13 - Parole associate con l'indice di xenofobia
Gli
orientamenti xenofobi sono invece associati negativamente con altri termini che
segnalano soprattutto la paura per l'ignoto (straniero, diverso, sconosciuto) e
per le possibilità di mutamento della situazione presente (rivolta,
anticonformismo, cambiamento). Si rivela poi negli intervistati più ostili agli
immigrati extracomunitari un forte diffidenza per gli aspetti meno controllabili
razionalmente dell'esperienza umana (arte, emozioni, teatro, ironia) e una forte
tendenza a rimuovere gli aspetti più drammatici della nostra esistenza
(invecchiamento, morte). Tab. 14 - Xenofobia popolane in relazione agli aspetti importanti della vita
Gli
atteggiamenti di ostilità verso gli immigrati rivelano poi una forte
connessione con orientamenti giustizialisti e autoritari (7) (cfr. tab. 15). Il
legame che si è stabilito in Italia fra pregiudizio etnico e domanda di ordine
sociale e autorità è molto simile a quella che si può rilevare nei principali
paesi europei e negli Stati Uniti. Tab. 15 - Xenofobia popolare e orientamenti culturali
Lo
sviluppo degli atteggiamenti ostili verso gli immigrati opera in controtendenza
rispetto ai processi di trasformazione dei valori che avevano investito negli
anni settanta e ottanta i paesi più industrializzati. Le generazioni nate dopo
la seconda guerra mondiale e che erano state socializzate in una fase di elevata
sicurezza economica e fisica apparivano orientate a un profondo cambiamento
delle priorità di valore. Si riduceva l'importanza dei problemi di
sopravvivenza e sicurezza e cresceva l'attenzione per la soddisfazione dei
bisogni di appartenenza e di autorealizzazione. Tra gli anni settanta e gli anni
ottanta si è così realizzata, secondo la teoria proposta da Inglehart uno
spostamento significativo da valori materialisti a valori postmaterialisti nei
paesi dell'Europa occidentale e negli Stati Uniti. Questa tendenza è stata
convalidata da numerose rilevazioni empiriche (Inglehart 1990, pp.69-96). Nello
stesso periodo sono declinati anche i sentimenti nazionalisti e i l patriottismo
fra i cittadini dell'Europa occidentale, soprattutto tra i soggetti più
orientati in senso postmaterialista (cit, pp.287-282). L.
Balbo, L.Manconi, I razzismi possibili, Feltrinelli, Milano 1990 TAPPA
5: LE INTERVISTE
A CONFRONTO |