COLTIVAVANO IL BASILICO NELLA VASCA DA BAGNO
Percorso sull'emigrazione interna in Italia degli anni '50-'60
a cura di Patrizia Vayola

Presentazione prerequisiti e competenze da attivare
TAPPA 1: LA REALTÀ DEI RAGAZZI TAPPA 2: I DATI QUANTITATIVI TAPPA 3: LA PROBLEMATIZZAZIONE
TAPPA 4: IL QUESTIONARIO ALLE FAMIGLIE TAPPA 5: LE INTERVISTE A CONFRONTO Sitografia Bibliografia

TAPPA 2: I DATI QUANTITATIVI

I contenuti

 

Giustificate quindi le finalità del tema, vediamo ora quale può essere l'approccio più efficace: se uno dei nostri obiettivi è quello di sottolineare il carattere evolutivo della società dei consumi, (lavorando quindi sulle categorie storiografiche di continuità/discontinuità e tradizione/innovazione) evidentemente il nucleo della ricerca sarà individuare le differenze tra la realtà attuale e quella preconsumistica, per analizzare poi attraverso quali passaggi costumi e consumi si siano modificati nel corso del tempo. Da questo punto di vista assume un particolare significato indagare sul periodo del boom economico che, appunto, ha messo le basi per il nostro attuale sistema di vita.

          Proviamo quindi a richiamare alla memoria alcuni dati.

         Se scorriamo i dati salienti della cronologia in riferimento agli eventi politici significativi per il periodo troviamo in realtà pochi elementi che riguardino propriamente il boom e che ne giustifichino la portata. La storia politica del periodo ci racconta infatti poco più che le strategie della Democrazia Cristiana per mantenere il controllo sulla vita politica italiana dal momento in cui si accorge che lo strepitoso successo elettorale del '48 non regge alla prova dei fatti. La legga truffa del '52, i risultati non confortanti per la DC delle elezioni del '53, il tentativo fallimentare di cercare appoggi a destra col governo Tambroni nel '60, i successivi scontri di piazza ed il conseguente cambiamento di strategia con l'appoggio prima esterno poi organico del PSI col governo Moro del '63, sono eventi che non consentono di leggere, se non in modo molto parziale, le trasformazioni avvenute in Italia in quel periodo, anzi, come dice De Luna, dimostrano come la politica, in questa fase rincorra, più che determinare, i mutamenti in atto nel paese.

Dobbiamo quindi cercare altri ambiti che ci diano conto delle trasformazioni. Evidentemente è l’ambito economico quello nel quale più forti sono i segnali di cambiamento. Infatti, se la situazione dell'immediato dopoguerra è nel complesso statica e ripropone, a livello di stratificazione sociale e di consumi, una situazione analoga, se non peggiore, a quella anteguerra, a partire dalla metà degli anni '50 il panorama muta completamente. Il piano Marshall, infatti, insieme alla ripresa industriale favorita dalla politica dei bassi salari (al di sotto delle medie europee e comunque in moderata crescita solo dal ’53 [ved. tab.17.3]) che, mantenendo basso il costo del lavoro rende competitive le nostre esportazioni, consente un notevole incremento della produttività [ved. tab. 8.18]. A questi fenomeni si aggiunge il rilancio, oltre che dell'edilizia privata, dei lavori pubblici in vista della ricostruzione, soprattutto, della rete di comunicazioni nazionali fortemente minata dal conflitto. Tutto ciò mette in moto il mercato del lavoro (il numero di disoccupati discende da 2 milioni ad un milione e mezzo nel decennio ‘51-’61) proponendo le città ed il nord come forte polo attrattivo. Questi fenomeni, insieme alla politica einaudiana di contenimento dell’inflazione [ved. tav. 31] e di consolidamento della nostra moneta, consentono una forte ripresa economica che coinvolge, sia pure in misura differente, l’intero paese.

Più che analizzare nel dettaglio gli aspetti di politica economica e le caratteristiche dello sviluppo, per le quali rimando alla nutrita bibliografia in proposito, per il nostro discorso sui consumi appare più rilevante analizzare le trasformazioni che il boom induce negli stili di vita e nella stessa concezione del mondo degli italiani.

Il fenomeno più rilevante è il passaggio dalla predominante cultura contadina al modello di vita della società dei consumi che, causato appunto dal prevalere, tanto in termini di occupati quanto in relazione al prodotto interno lordo, della produzione industriale, induce una serie di rilevanti trasformazioni sociali. Innanzitutto si modifica la distribuzione della popolazione: mentre nell'immediato dopoguerra riprende la tradizionale emigrazione verso gli USA e verso i paesi europei più industrializzati, dalla metà degli anni '50 le città svolgeranno una funzione attrattiva nei confronti delle campagne (con una significativa riduzione della popolazione nei piccoli centri) e, successivamente, sarà il triangolo industriale (soprattutto dopo l'abolizione, nel '61, delle leggi fasciste che limitavano l'emigrazione interna) ad attrarre popolazione dal sud come dall'est d'Italia. E mi sembra un'analogia interessante con quello che attualmente succede rispetto all'immigrazione albanese, che molti osservatori dell'epoca attribuiscano alla televisione, che si sostituisce, in campagna, alle veglie nelle stalle, (come dice Giorgio Bocca in un suo articolo dell'epoca) una funzione importante nel suscitare, soprattutto nei giovani, il desiderio di trasferirsi in città.

Cambia poi tanto la composizione della famiglia, che diventa nucleare, quanto il ruolo, in essa, della donna, progressivamente sempre più coinvolta nel sistema produttivo ma anche più consapevole delle proprie esigenze di realizzazione individuale. Inoltre si trasformano le aspirazioni ed il complessivo stile di vita che, in una situazione di mobilità sociale, tendono ad omologarsi intorno a beni, scelte, atteggiamenti che rappresentino l'aspirazione ad uno status socialmente più elevato o il suo raggiungimento.

Tali trasformazioni, tuttavia, non si verificano ovunque nello stesso modo, anzi si può dire che tradizione ed innovazione convivano per lungo tempo con una distribuzione a macchia di leopardo che pone continuamente a confronto e fa interagire i due stili di vita.

 

 La trasformazione dei consumi

 

Vediamo ora come questi fenomeni possono essere letti attraverso la trasformazione dei consumi che, in questo periodo, si modificano moltissimo tanto per quantità quanto per qualità [ved. tab. 8.35].

 

1. l'alimentazione

Il primo settore da prendere in considerazione riguarda i cambiamenti nell’alimentazione. Si assiste a tre fenomeni importanti. Il primo, legato all’aumento del reddito, riguarda la dieta complessiva degli italiani: si segnala infatti un progressivo ribaltamento delle quote di cereali e verdura rispetto a quelle relative alla proteine animali, ma aumenta anche il consumo di zuccheri e di frutta; in particolare, ad esempio, fanno il loro ingresso sulle tavole italiane i frutti esotici, le banane in primo luogo.

Il secondo fenomeno è più interessante e riguarda due fatti: il consumo di cibi sempre più raffinati rispetto a quelli della tradizione contadina e l’ingresso dei cibi conservati. Se il primo dato può essere letto come tentativo di omologazione sociale da parte del mondo contadino, esso nasconde anche il fenomeno dell’inurbamento che stacca dall’alimentazione tradizionale, facilitando così l’avvento di produzioni standardizzate di cibi che incrementano la diffusione dell’industria alimentare. Industria che si giova anche della diffusione di prodotti conservati e, più tardi, di surgelati. Tale orientamento dei consumi alimentari è da ricondursi alla trasformazione della gestione domestica che complessivamente si orienta verso cibi che richiedono preparazioni meno complesse a testimonianza dei cambiamenti che si verificano nella condizione femminile: le donne spesso lavorano fuori casa ed hanno meno tempo da dedicare ai tradizionali compiti di cura, ma, anche quando continuano a svolgere il ruolo di casalinghe, mutano l’ordine delle priorità delle loro incombenze sia ritagliando frazioni di tempo per i propri interessi sia dedicandosi con maggior attenzione ai problemi legati alla cura dei figli. Infine aumenta in modo consistente la ristorazione collettiva, vista anch’essa come sintomo di ascesa sociale e facilitata dalla motorizzazione e dall’aumento del tempo libero, oltre che a volte imposta dalla concentrazione delle ore lavorative che costringono a pranzare fuori casa.

L’incremento dei consumi alimentari procederà ininterrotto fino ad oggi, ma si svilupperà poi, a partire dalla seconda metà degli anni ’80, una maggiore attenzione selettiva che tenderà a diversificare i consumi in relazione tanto al reddito quanto agli atteggiamenti culturali che sono propri di una civiltà di diffuso benessere e di maggior educazione alimentare.

 

2. l'abbigliamento

Il secondo settore ad essere toccato da radicali trasformazioni è quello relativo all’abbigliamento. Il primo fenomeno apprezzabile da questo punto di vista è lo spostamento dall’interno (la cura dell’abbigliamento intimo, del corredo) all’esterno: la cura dell’abito che sempre più viene visto come status simbolo e non come lusso moralmente deprecabile esibito dalle classi superiori. Questo fatto produce la proletarizzazione dell’abito (vestiti in serie) con la perdita delle connotazioni di prestigio ad esso connesse e con la scomparsa della divisione classista degli stili che si accontenta di differenziazioni più sottili che non riguardano più la foggia ma la qualità e gli accessori. Tale trasformazione, a sua volta, induce un’accelerazione dei cicli della moda che, se prima della guerra duravano anche diversi anni, ora si trasformano in modo rapido con un alternarsi di modelli destinati a una breve durata: la manifestazione dello status riguarda pertanto la velocità di assorbimento del nuovo stile. A questo fenomeno si aggiunge la scomparsa della rigidità che determinava la selezione dell’abbigliamento in base all’occasione (mattino, pomeriggio, sera, festa, domenica ecc.). Essa, a sua volta è legata alla nascita dell’abbigliamento casual la cui affermazione determina il consolidamento, sul mercato, dei capi di produzione industriale, il che porterà poi all’affermazione, sempre come esigenza di status, di griffe e marche. Il casual costituisce la fusione tra abbigliamento normale e abbigliamento sportivo che si viene a creare a partire tanto dall’allargamento della fascia di tempo libero da destinare allo svago ed alla vacanza quanto dalla differenziazione tra abbigliamento adulto e abbigliamento giovane, con incursioni sempre più ampie degli utenti del primo negli stili del secondo.

In sintesi la trasformazione più evidente è il valore non più tanto di status quanto identitario della selezione degli abiti cui si aggiungono le complesse esigenze di un’industria che deve necessariamente sollecitare desideri e creare legami tra l'apparire e l’immaginario individuale e collettivo se non vuole perdere i suoi livelli produttivi. Sparisce comunque, almeno per le classi medie, l’uso del vestito “buono” di sartoria, destinato a durare nel tempo e ad essere utilizzato in tutte le "grandi" occasioni.

 

3. l'arredamento

Anche l’arredamento subisce, nel periodo considerato, grandi trasformazioni che sono collegate alla ristrutturazione complessiva degli spazi domestici. La nuova edilizia popolare  non si modella sullo stile di casa borghese anteguerra: la cucina si trasforma completamente con l’avvento dei mobili componibili in formica che sostituiscono le vecchie credenze, entrano inoltre nelle case, spesso insieme all’acqua corrente e al gas centralizzato, gli elettrodomestici. Si afferma il salotto che, con l’ingresso del televisore, diventa uno spazio di vita quotidiana, che perde i tratti di vetrina ufficiale dello status della famiglia secolarizzandosi e conformandosi alle esigenze di essere pulito e in ordine rapidamente e senza eccessivo dispendio di energie, il che porta a selezionare mobili dalle linee rette, levigati e componibili per facilitare anche la possibilità di traslochi in case diverse. Acquista una sua specificità anche la stanza dei bambini, che richiede un arredamento apposito. Un altro locale da progettare ex novo è il bagno privato, prima praticamente inesistente nella maggioranza delle case popolari e comunque spesso non dotato di vasca da bagno. Si verifica inoltre una progressiva trasformazione dei gusti che orienta soprattutto le giovani coppie verso mobili di stile moderno, più economici, in quanto di fabbricazione industriale, i cui capostipiti sono i mobili svedesi che iniziano ad affermarsi alla metà degli anni ’50.

Esiste poi, collegato alla casa, un intero settore di nuovi consumi legato ai prodotti per la cura e la pulizia dell’ambiente domestico che sono in rapida espansione e a livelli crescenti di specializzazione, proporzionali alla necessità di investire tempi sempre minori nella manutenzione complessiva dell’alloggio.

 

4. il tempo libero

E' poi nell'ambito dell'uso del tempo libero che si vivono le maggiori trasformazioni. Intanto si verifica una progressiva liberazione del tempo dovuta sostanzialmente alla diffusione delle automobili [ved. tab. 10.7] e di trasporti comunque più veloci ed efficienti come all'ingresso, nella vita domestica degli elettrodomestici e all'organizzazione complessiva dei tempi di lavoro (il sabato libero, la riduzione dell'orario di lavoro). Questo tempo recuperato alla vita offre occasioni di socializzazione e di soddisfazione di bisogni che incentivano significativamente l'attitudine verso il consumo che l'aumento del reddito pro capite consente di soddisfare, alimentando così una spirale che porta ad un ampio sviluppo di questo settore.

I partiti e le organizzazioni di massa propongono occasioni tradizionali di utilizzo di questo tempo a fini pedagogico-ricreativi - si pensi alle sezioni giovanili dei partiti o alle parrocchie - ma, accanto ad essi, cresce tutta l'industria dello spettacolo e dell'intrattenimento (cinema, tv, locali e ritrovi, ecc.) e, col passare del tempo, innumerevoli proposte hobbistiche e sportive.

Ma è soprattutto nell'ambito delle vacanze che si sviluppano le differenze più notevoli col passato, nel senso che se ne generalizza l'uso: a partire dagli anni '50, infatti, con la progressiva affermazione dei mezzi di trasporto pubblici e privati, esse diventano fenomeno di massa, sottraendo alle classi dirigenti quest'ambito di distinzione sociale che le confina a pochi luoghi esclusivi o allo spostamento fuori d'Italia, ove, negli anni '70, cominceranno ad essere raggiunte nuovamente anche da porzioni sempre più ampie di italiani.

E' soprattutto lo sviluppo di pratiche di uso del tempo libero che porta, in Italia, all'affermazione del terziario, che, per la maggior parte, quando non si tratta di attività propriamente economiche o commerciali, si organizza proprio intorno ai nuovi bisogni che tale fenomeno induce.

Patrizia Vayola, La generazione di Carosello, Asti Contemporanea 6, Asti, Israt, 1999, pag. 127

 TAPPA 2: I DATI QUANTITATIVI