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COLTIVAVANO
IL BASILICO NELLA VASCA DA BAGNO |
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Presentazione | prerequisiti e competenze da attivare | ||||
TAPPA 1: LA REALTÀ DEI RAGAZZI | TAPPA 2: I DATI QUANTITATIVI | TAPPA 3: LA PROBLEMATIZZAZIONE | |||
TAPPA 4: IL QUESTIONARIO ALLE FAMIGLIE | TAPPA 5: LE INTERVISTE A CONFRONTO | Sitografia | Bibliografia | ||
I
contenuti Giustificate
quindi le finalità del tema, vediamo ora quale può essere l'approccio più
efficace: se uno dei nostri obiettivi è quello di sottolineare il carattere
evolutivo della società dei consumi, (lavorando quindi sulle categorie
storiografiche di continuità/discontinuità e tradizione/innovazione)
evidentemente il nucleo della ricerca sarà individuare le differenze tra la
realtà attuale e quella preconsumistica, per analizzare poi attraverso quali
passaggi costumi e consumi si siano modificati nel corso del tempo. Da questo
punto di vista assume un particolare significato indagare sul periodo del boom
economico che, appunto, ha messo le basi per il nostro attuale sistema di vita. Proviamo
quindi a richiamare alla memoria alcuni dati. Se scorriamo i dati
salienti della cronologia in riferimento agli eventi politici significativi per
il periodo troviamo in realtà pochi elementi che riguardino propriamente il
boom e che ne giustifichino la portata. La storia politica del periodo ci
racconta infatti poco più che le strategie della Democrazia Cristiana per
mantenere il controllo sulla vita politica italiana dal momento in cui si
accorge che lo strepitoso successo elettorale del '48 non regge alla prova dei
fatti. La legga truffa del '52, i risultati non confortanti per la DC delle
elezioni del '53, il tentativo fallimentare di cercare appoggi a destra col
governo Tambroni nel '60, i successivi scontri di piazza ed il conseguente
cambiamento di strategia con l'appoggio prima esterno poi organico del PSI col
governo Moro del '63, sono eventi che non consentono di leggere, se non in modo
molto parziale, le trasformazioni avvenute in Italia in quel periodo, anzi, come
dice De Luna, dimostrano come la politica, in questa fase rincorra, più che
determinare, i mutamenti in atto nel paese. Dobbiamo
quindi cercare altri ambiti che ci diano conto delle trasformazioni.
Evidentemente è l’ambito economico quello nel quale più forti sono i segnali
di cambiamento. Infatti, se la situazione dell'immediato dopoguerra è nel
complesso statica e ripropone, a livello di stratificazione sociale e di
consumi, una situazione analoga, se non peggiore, a quella anteguerra, a partire
dalla metà degli anni '50 il panorama muta completamente. Il piano Marshall,
infatti, insieme alla ripresa industriale favorita dalla politica dei bassi
salari (al di sotto delle medie europee e comunque in moderata crescita solo dal
’53 [ved. tab.17.3]) che, mantenendo basso il costo del lavoro rende
competitive le nostre esportazioni, consente un notevole incremento della
produttività [ved. tab. 8.18]. A questi fenomeni si aggiunge il rilancio, oltre
che dell'edilizia privata, dei lavori pubblici in vista della ricostruzione,
soprattutto, della rete di comunicazioni nazionali fortemente minata dal
conflitto. Tutto ciò mette in moto il mercato del lavoro (il numero di
disoccupati discende da 2 milioni ad un milione e mezzo nel decennio
‘51-’61) proponendo le città ed il nord come forte polo attrattivo. Questi
fenomeni, insieme alla politica einaudiana di contenimento dell’inflazione [ved.
tav. 31] e di consolidamento della nostra moneta, consentono una forte ripresa
economica che coinvolge, sia pure in misura differente, l’intero paese. Più
che analizzare nel dettaglio gli aspetti di politica economica e le
caratteristiche dello sviluppo, per le quali rimando alla nutrita bibliografia
in proposito, per il nostro discorso sui consumi appare più rilevante
analizzare le trasformazioni che il boom induce negli stili di vita e nella
stessa concezione del mondo degli italiani. Il fenomeno più rilevante è il passaggio
dalla predominante cultura contadina al modello di vita della società dei
consumi che, causato appunto dal prevalere, tanto in termini di occupati quanto
in relazione al prodotto interno lordo, della produzione industriale, induce una
serie di rilevanti trasformazioni sociali. Innanzitutto si modifica la
distribuzione della popolazione: mentre nell'immediato dopoguerra riprende la
tradizionale emigrazione verso gli USA e verso i paesi europei più
industrializzati, dalla metà degli anni '50 le città svolgeranno una funzione
attrattiva nei confronti delle campagne (con una significativa riduzione della
popolazione nei piccoli centri) e, successivamente, sarà il triangolo
industriale (soprattutto dopo l'abolizione, nel '61, delle leggi fasciste che
limitavano l'emigrazione interna) ad attrarre popolazione dal sud come dall'est
d'Italia. E mi sembra un'analogia interessante con quello che attualmente
succede rispetto all'immigrazione albanese, che molti osservatori dell'epoca
attribuiscano alla televisione, che si sostituisce, in campagna, alle veglie
nelle stalle, (come dice Giorgio Bocca in un suo articolo dell'epoca) una
funzione importante nel suscitare, soprattutto nei giovani, il desiderio di
trasferirsi in città. Cambia
poi tanto la composizione della famiglia, che diventa nucleare, quanto il ruolo,
in essa, della donna, progressivamente sempre più coinvolta nel sistema
produttivo ma anche più consapevole delle proprie esigenze di realizzazione
individuale. Inoltre si trasformano le aspirazioni ed il complessivo stile di
vita che, in una situazione di mobilità sociale, tendono ad omologarsi intorno
a beni, scelte, atteggiamenti che rappresentino l'aspirazione ad uno status
socialmente più elevato o il suo raggiungimento. Tali trasformazioni, tuttavia, non si
verificano ovunque nello stesso modo, anzi si può dire che tradizione ed
innovazione convivano per lungo tempo con una distribuzione a macchia di
leopardo che pone continuamente a confronto e fa interagire i due stili di vita. La trasformazione dei consumi Vediamo
ora come questi fenomeni possono essere letti attraverso la trasformazione dei
consumi che, in questo periodo, si modificano moltissimo tanto per quantità
quanto per qualità [ved. tab. 8.35]. 1.
l'alimentazione Il
primo settore da prendere in considerazione riguarda i cambiamenti
nell’alimentazione. Si assiste a tre fenomeni importanti. Il primo, legato
all’aumento del reddito, riguarda la dieta complessiva degli italiani: si
segnala infatti un progressivo ribaltamento delle quote di cereali e verdura
rispetto a quelle relative alla proteine animali, ma aumenta anche il consumo di
zuccheri e di frutta; in particolare, ad esempio, fanno il loro ingresso sulle
tavole italiane i frutti esotici, le banane in primo luogo. Il secondo fenomeno è più interessante e
riguarda due fatti: il consumo di cibi sempre più raffinati rispetto a quelli
della tradizione contadina e l’ingresso dei cibi conservati. Se il primo dato
può essere letto come tentativo di omologazione sociale da parte del mondo
contadino, esso nasconde anche il fenomeno dell’inurbamento che stacca
dall’alimentazione tradizionale, facilitando così l’avvento di produzioni
standardizzate di cibi che incrementano la diffusione dell’industria
alimentare. Industria che si giova anche della diffusione di prodotti conservati
e, più tardi, di surgelati. Tale orientamento dei consumi alimentari è da
ricondursi alla trasformazione della gestione domestica che complessivamente si
orienta verso cibi che richiedono preparazioni meno complesse a testimonianza
dei cambiamenti che si verificano nella condizione femminile: le donne spesso
lavorano fuori casa ed hanno meno tempo da dedicare ai tradizionali compiti di
cura, ma, anche quando continuano a svolgere il ruolo di casalinghe, mutano
l’ordine delle priorità delle loro incombenze sia ritagliando frazioni di
tempo per i propri interessi sia dedicandosi con maggior attenzione ai problemi
legati alla cura dei figli. Infine aumenta in modo consistente la ristorazione
collettiva, vista anch’essa come sintomo di ascesa sociale e facilitata dalla
motorizzazione e dall’aumento del tempo libero, oltre che a volte imposta
dalla concentrazione delle ore lavorative che costringono a pranzare fuori casa. L’incremento dei consumi alimentari
procederà ininterrotto fino ad oggi, ma si svilupperà poi, a partire dalla
seconda metà degli anni ’80, una maggiore attenzione selettiva che tenderà a
diversificare i consumi in relazione tanto al reddito quanto agli atteggiamenti
culturali che sono propri di una civiltà di diffuso benessere e di maggior
educazione alimentare. 2.
l'abbigliamento Il
secondo settore ad essere toccato da radicali trasformazioni è quello relativo
all’abbigliamento. Il primo fenomeno apprezzabile da questo punto di
vista è lo spostamento dall’interno (la cura dell’abbigliamento intimo, del
corredo) all’esterno: la cura dell’abito che sempre più viene visto come
status simbolo e non come lusso moralmente deprecabile esibito dalle classi
superiori. Questo fatto produce la proletarizzazione dell’abito (vestiti in
serie) con la perdita delle connotazioni di prestigio ad esso connesse e con la
scomparsa della divisione classista degli stili che si accontenta di
differenziazioni più sottili che non riguardano più la foggia ma la qualità e
gli accessori. Tale trasformazione, a sua volta, induce un’accelerazione dei
cicli della moda che, se prima della guerra duravano anche diversi anni, ora si
trasformano in modo rapido con un alternarsi di modelli destinati a una breve
durata: la manifestazione dello status riguarda pertanto la velocità di
assorbimento del nuovo stile. A questo fenomeno si aggiunge la scomparsa della
rigidità che determinava la selezione dell’abbigliamento in base
all’occasione (mattino, pomeriggio, sera, festa, domenica ecc.). Essa, a sua
volta è legata alla nascita dell’abbigliamento casual la cui affermazione
determina il consolidamento, sul mercato, dei capi di produzione industriale, il
che porterà poi all’affermazione, sempre come esigenza di status, di griffe e
marche. Il casual costituisce la fusione tra abbigliamento normale e
abbigliamento sportivo che si viene a creare a partire tanto dall’allargamento
della fascia di tempo libero da destinare allo svago ed alla vacanza quanto
dalla differenziazione tra abbigliamento adulto e abbigliamento giovane, con
incursioni sempre più ampie degli utenti del primo negli stili del secondo. In sintesi la trasformazione più evidente
è il valore non più tanto di status quanto identitario della selezione degli
abiti cui si aggiungono le complesse esigenze di un’industria che deve
necessariamente sollecitare desideri e creare legami tra l'apparire e
l’immaginario individuale e collettivo se non vuole perdere i suoi livelli
produttivi. Sparisce comunque, almeno per le classi medie, l’uso del vestito
“buono” di sartoria, destinato a durare nel tempo e ad essere utilizzato in
tutte le "grandi" occasioni. 3.
l'arredamento Anche l’arredamento subisce, nel periodo
considerato, grandi trasformazioni che sono collegate alla ristrutturazione
complessiva degli spazi domestici. La nuova edilizia popolare
non si modella sullo stile di casa borghese anteguerra: la cucina si
trasforma completamente con l’avvento dei mobili componibili in formica che
sostituiscono le vecchie credenze, entrano inoltre nelle case, spesso insieme
all’acqua corrente e al gas centralizzato, gli elettrodomestici. Si afferma il
salotto che, con l’ingresso del televisore, diventa uno spazio di vita
quotidiana, che perde i tratti di vetrina ufficiale dello status della famiglia
secolarizzandosi e conformandosi alle esigenze di essere pulito e in ordine
rapidamente e senza eccessivo dispendio di energie, il che porta a selezionare
mobili dalle linee rette, levigati e componibili per facilitare anche la
possibilità di traslochi in case diverse. Acquista una sua specificità anche
la stanza dei bambini, che richiede un arredamento apposito. Un altro locale da
progettare ex novo è il bagno privato, prima praticamente inesistente nella
maggioranza delle case popolari e comunque spesso non dotato di vasca da bagno.
Si verifica inoltre una progressiva trasformazione dei gusti che orienta
soprattutto le giovani coppie verso mobili di stile moderno, più economici, in
quanto di fabbricazione industriale, i cui capostipiti sono i mobili svedesi che
iniziano ad affermarsi alla metà degli anni ’50. Esiste poi, collegato alla casa, un intero
settore di nuovi consumi legato ai prodotti per la cura e la pulizia
dell’ambiente domestico che sono in rapida espansione e a livelli crescenti di
specializzazione, proporzionali alla necessità di investire tempi sempre minori
nella manutenzione complessiva dell’alloggio. 4. il
tempo libero E' poi nell'ambito dell'uso del tempo
libero che si vivono le maggiori trasformazioni. Intanto si verifica una
progressiva liberazione del tempo dovuta sostanzialmente alla diffusione delle
automobili [ved. tab. 10.7] e di trasporti comunque più veloci ed efficienti
come all'ingresso, nella vita domestica degli elettrodomestici e
all'organizzazione complessiva dei tempi di lavoro (il sabato libero, la
riduzione dell'orario di lavoro). Questo tempo recuperato alla vita offre
occasioni di socializzazione e di soddisfazione di bisogni che incentivano
significativamente l'attitudine verso il consumo che l'aumento del reddito pro
capite consente di soddisfare, alimentando così una spirale che porta ad un
ampio sviluppo di questo settore. I
partiti e le organizzazioni di massa propongono occasioni tradizionali di
utilizzo di questo tempo a fini pedagogico-ricreativi - si pensi alle sezioni
giovanili dei partiti o alle parrocchie - ma, accanto ad essi, cresce tutta
l'industria dello spettacolo e dell'intrattenimento (cinema, tv, locali e
ritrovi, ecc.) e, col passare del tempo, innumerevoli proposte hobbistiche e
sportive. Ma è soprattutto nell'ambito delle vacanze
che si sviluppano le differenze più notevoli col passato, nel senso che se ne
generalizza l'uso: a partire dagli anni '50, infatti, con la progressiva
affermazione dei mezzi di trasporto pubblici e privati, esse diventano fenomeno
di massa, sottraendo alle classi dirigenti quest'ambito di distinzione sociale
che le confina a pochi luoghi esclusivi o allo spostamento fuori d'Italia, ove,
negli anni '70, cominceranno ad essere raggiunte nuovamente anche da porzioni
sempre più ampie di italiani. E' soprattutto lo sviluppo di pratiche di uso del tempo libero che porta, in Italia, all'affermazione del terziario, che, per la maggior parte, quando non si tratta di attività propriamente economiche o commerciali, si organizza proprio intorno ai nuovi bisogni che tale fenomeno induce. Patrizia
Vayola, La generazione di Carosello, Asti Contemporanea 6, Asti, Israt,
1999, pag. 127
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