EMIGRAZIONE
Il
ragazzo si allontanò in fretta dal luogo dell’appuntamento, guardandosi
ripetutamente alle spalle, sotto la luce fioca e sporca dei pochi lampioni
ancora accesi. Certo, la polizia chiudeva un occhio su questo tipo di
attività, ma era sempre meglio stare attenti, quando si aveva a che fare
con criminali. Rabbrividì, pensando al contatto viscido con la mano
dell’impresario, nome pomposo per definire un
trafficante clandestino di immigrati, ma avrebbe dovuto tenerselo
buono: era il suo unico contatto col mondo per il quale sarebbe partito.
Ricordò la voce gorgogliante dal marcato accento straniero con la quale
aveva contato i suoi mille zelt fino all’ultimo spicciolo, “Come dite
voi…fidarsi è bene …ma ….” e aveva riso di quel suo riso
strascicato, inumano, guardandolo con i grossi occhioni sgranati.
Veramente disgustoso, eppure doveva farci l’abitudine a tipi del genere.
Attraversò la strada facendo attenzione alle grosse buche che
costellavano l’asfalto ormai troppo consunto e mai più riassettato… e
pensare che quella, una volta, era la strada centrale della sua città!
… Una volta, tanti, troppi, anni prima. Evitò le cataste di spazzatura
e gli uomini che vi frugavano in mezzo, esseri ormai abbrutiti e capaci di
qualsiasi cosa, se solo avessero avuto energie sufficienti per aggredirlo,
ma per fortuna la fame era una sua alleata e
i rifiuti potevano nascondere tesori più preziosi delle sue tasche
sfondate, nella giacca tanto lisa da aver perso ormai qualsiasi credibile
colore.
L’androne buio del suo palazzo lo accolse col consueto sentore di umido
e di sporco, l’acqua ormai arrivava una volta alla settimana, troppo
poco perché si potesse far qualcos’altro che non immagazzinarne per le
esigenze primarie.
Ora lo aspettava la prova più dura: dire a sua madre che sarebbe partito.
Lo accolse la luce fioca dell’unica candela poggiata sul tavolo di
cucina, - forse dorme -, pensò cercando di abituare gli occhi al
baluginare della fiammella. E invece era lì, lo scialle sulle spalle
magre, seduta sul bordo del letto dell’unica stanza che componeva la
loro abitazione.
- Valdrin – chiamò - Valdrin, che succede? – e lo guardò con occhi
ansiosi, poi proseguì, tutto d’un fiato, con la veemenza di una
preoccupazione e di una rabbia a lungo coltivate nel silenzio di quelle
mura spoglie.
- Che ne hai fatto, figlio, che ne hai fatto del tuo orologio e della
giacca di pelle? E ho cercato la collana, non c’è più neanche quella!
Eppure sai bene che era la nostra ultima risorsa, e che avevamo giurato
che non ci sarebbero stati fame o bisogno sufficienti per separarcene:
serviva solo per i casi estremi! – La sua voce si alzò, vibrò per un
attimo dell’antico orgoglio, poi si abbasso di nuovo, lamentosa – come
faremo, come faremo adesso? –
Osservò l’oscillare dolente di quella testa grigia, inspirò
profondamente.
- Parto, mamma. – disse in un soffio.
Lei alzò repentinamente il capo - Parti? E per dove? - esclamò
interdetta anche se sapeva già la risposta.
- Lo sai, mamma, come sai che devo andare. Qui la vita è orribile, senza
speranze. Ma non lo vedi, non lo vedi anche tu come siamo tutti ridotti?
La povertà, il degrado, la fame? Almeno laggiù ci sarà da lavorare, ci
sarà da mangiare. Questo è un posto buono solo per morire! -
La donna curvò le spalle, chinò la testa, scossa da un pianto silenzioso
e il figlio fu preso da una tenerezza amara e malinconica insieme. Le
sedette accanto, la avvolse tra le sue braccia e la cullò piano,
oscillando al ritmo rotto dei singhiozzi di lei.
- Vedrai, - le sussurrò - le cose andranno meglio, laggiù; lavorerò,
avrò una casa vera. Pensa, con l'acqua corrente e la luce e magari un
giardino. Ti piacerebbe, vero, un giardino? Certo, le piante non sono come
quelle di qui, ma che vuoi, ci si adatta. E poi avrò dei vestiti, e ti
comprerò uno scialle nuovo, eh? di quelle stoffe strane che usano lì. E
te lo mando, mamma, appena posso te lo mando e anche i soldi ti mando.
Vivrai meglio anche tu, qui costa tutto talmente caro! - e
continuava a cullarla - come una bimba - pensò - come lei faceva con me
quando ero bambino e ancora non si pensava che tutto avrebbe potuto andare
così male. Come quando c'era ancora qualcosa da mangiare e non si leggeva
la disperazione negli occhi della gente.
- E poi verrai anche tu - proseguì - appena posso ti chiamo. Risparmierò,
sai, per il tuo viaggio e appena mi metto a posto e riesco a farmi dare un
permesso di soggiorno di quelli in regola ti chiamo, eh?. E non dire che
il viaggio è troppo lungo per la tua età. Saresti ancora giovane e anche
bella, sai, se le privazioni non ti avessero così segnato l'anima. Ma
cambierà, vedrai, cambierà. Te lo prometto.-
Le spalle di lei cessarono di fremere, la testa si alzò e i suoi occhi
chiari si fissarono in quelli di lui.
-
Sì,
figlio - disse - vai. - Si alzò, rassettò l'abito, tentò un sorriso - e
quando parti? -
- Stanotte, poco prima dell'alba, mamma, è l'ora migliore, la
sorveglianza si allenta ed è più facile sfuggire ai controlli.
- Dobbiamo sbrigarci allora! Su dai, non perdere tempo, sei sempre lo
stesso, ti riduci all'ultimo momento! - lo rimbrottò lei affaccendandosi
intorno al borsone grigio come se quello fosse un viaggio normale, come se
quello potesse essere il momento per i soliti rimproveri di sempre.
Scese
in strada ancora caldo del lungo abbraccio di lei e l'aria fredda della
notte lo trafisse con ostilità. Il
camion, già carico, lo aspettava al posto convenuto.
Salì e gli altri si strinsero per fargli posto sulla panca. Nessuno lo
guardò, nessuno guardava niente, gli occhi di tutti persi nell'angoscia
del distacco.
Valdrin si voltò al paesaggio che gli correva accanto. La gigantesca
bidonville sembrava ancora addormentata, e dormivano, anche, sulla collina
spoglia, le ville degli ultimi ricchi, armate e sorvegliate come bunker
contro gli assalti dei disperati.
Avrebbe potuto essere diverso - pensò - se solo tutti fossero stati un
po' più saggi, se avessero avuto lo sguardo più lungo, se ciascuno non
avesse pensato solo a se stesso. Se…. Ma ormai era troppo tardi, inutile
starci a ragionare. Ora doveva concentrarsi solo sul futuro, e doveva
esserci, doveva esserci un futuro anche per lui, per lui sì, accidenti,
per lui sì! Strinse i pugni e giurò a se stesso che avrebbe lottato per
quel futuro e nessuno, nessuno avrebbe potuto toglierglielo, nessuno
avrebbe potuto ricacciarlo su quella terra morente.
Lo stridore dei freni lo riportò alla realtà, saltò a terra e si mise
in fila con gli altri verso l'imbarco; come un automa depositò il
bagaglio, indossò la tuta, salì la scaletta, si sistemò al suo posto.
Mentre le luci si abbassavano, trasse un lungo respiro - Ci siamo - si
disse.
Poi i razzi si accesero e l'astronave partì rombando e ben presto non fu
che un puntino luminoso nel cielo che cominciava a schiarire e si
macchiava di rosso.
P.V.
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