Gli
ingredienti
Ruta:
Suffrucite ruderale delle Rutacee ( Ruta
graveolens)
di odore nauseante,con foglie composte e fiori piccoli,gialli,in corimbi
terminali; trova diversi impieghi in medicina per le sue proprietà
antielmintiche,ipotensive e sedative.
Santoreggia:
Erba aromatica delle Labiate ( satureia
hortensis), con foglie lanceolate, fiori rosei, profumati,
coltivata negli orti; si usa in profumeria e in liquoreria o in cucina
come aromatizzante di condimenti.
Silfio:
Nome che i Greci davano ad una pianta
della Pirenaica, alta sino a tre metri dalle foglie caratteristiche a
forma di coppa ove ristagna l’acqua piovana e fiori in capolini gialli
ed il suo succo veniva utilizzato in medicina e in culinaria.
Coriandolo:
Pianta erbacea delle Ombrellifere ( Coriandrum
satinum), con foglie pennate, fiori bianchi o rosa in ombrelle, i
cui frutti a forte sapore aromatico, se secchi, vengono usati in cucina,
in liquoreria e anche in medicina.
Levistico:
Pianta
erbacea delle Ombrellifere ( Levisticum officinale), nota con il
nome di sedano di montagna.
Cumino:
Pianta erbacea delle Ombrellifere ( Cuminum
cyminum), con foglie laciniate, fiori bianchi o rosei in ombrelle
composte, frutti contenenti diversi semi aromatici, usati in cucina per
condimento, in liquoreria per la preparazione del kummel, e in medicina
come tonici e diuretici.
Timo:
Piccolo arbusto delle Labiate ( Thymus
vulgaris), spontaneo nei luoghi aridi della regione
mediterranea e coltivato come pianta per condimento o per estrarne
l’essenza; ha foglie piccole a forma di Losanga, tormentose nella
pagina inferiore, fiori rosei in spicastri.
Origano:
Erba aromatica delle Labiate ( Origanum
vulgare), pelosa, spesso rossastra con foglie ovali crenate, fiori
color rosa in spicastri riuniti in pannocchie o corimbi, le une e gli
altri usati in cucina come spezie e per aromatizzare la pasta di
acciughe nonché in liquoreria.
Porro:
Pianta erbacea delle Liliacee ( Allium
ampeloprasum): varietà di aglio di cui si consumano oltre al bulbo
anche le parti inferiori delle foglie, sia crude, specialmente come
ingredienti di salse e vivande.
Finocchio
Pianta erbacea delle Ombrellifere ( Foeniculum
vulgare o hanetum foeniculum), con steli eretti, scanalati e
carnosi; foglie alterne pennatosette, abbraccianti il fusto con guaine
dilatate carnose, che costituiscono il caratteristico corpo (o grumolo),
una parte cioè che comunemente viene consumata come ortaggio, fiori
piccoli, gialli, in ombrelle, frutti a diachenio, o con semi aromatici.
Il sale e le spezie
Il
sale per i Romani non era solo un “condimento” ma anche un vero e
proprio alimento. Era persino un sistema di pagamento e i soldati lo
ricevevano anche come completamento della paga.
Le
spezie durante l’ impero ebbero un’ enorme importanza per le mense
dei ricchi; venivano importate da Asia, India e Africa.
I
Romani facevano abbondante uso di spezie nella preparazione dei vari
cibi.
Oggi,
parlando di spezie, vengono in mente solo i condimenti del cibo,ma gli
scrittori classici per spezie intendevano anche le polveri aromatiche, i
cosmetici, gli oli speciali e i profumi.
Apicio
ci fa capire che per i buongustai romani la funzione delle spezie era
soprattutto quella di conservare i cibi, di aromatizzarli e di
insaporirli.
Apicio
considerava le spezie come
condimento moderno. Le più usate di queste sono
pepe, ligustro, cumino, laser, origano, alloro, maggiorana,
zenzero, santoreggia, resta, prezzemolo e rosmarino.
I
testi scientifici dell’ epoca citano piante di spezie e relativi
prodotti usati comunemente nella cucina dell’ epoca imperiale: sono
circa 180 fra noti e meno noti.
Augusto
aveva persino creata una flotta speciale che raggiungeva l’ estremo
oriente.
La
base di smistamento della maggior parte delle spezie era Alessandria
d’ Egitto: qui confluivano i carichi arrivati per terra e per mare.
Tra
le spezie maggiormente usate e provenienti da lontane terre troviamo lo
zafferano che proveniva dalla Cilicia e il pepe
che era l’ articolo più importante per il suo largo consumo;
veniva utilizzato su qualsiasi alimento, dai dolci, alle carni, alle
verdure. Ne esistevano tre specie diverse: il lungo, il nero e il
bianco. Soprattutto il pepe nero veniva considerato merce di prima
necessità.
Un
intero quartiere di Roma veniva chiamato quartiere delle spezie ed era
destinato al loro commercio.
Lo
zenzero era come una costosa rarità. Era coltivato in Asia sud
orientale, ma anche in Etiopia. Si usava ancora verde mescolandolo ai
cibi bolliti.
Il
laser, invece, era una specie di resina ricavata da una pianta coltivata
in Libia ed era un misterioso e costosissimo ingrediente.
Fu
probabilmente la prima droga non latina ad essere consumata dai Romani.
Il
nardo proveniva dalla dalla Siria, ma se ne coltivava anche in Liguria.
Le sue foglie erano utilizzate come aromatizzante. Inoltre era impiegato
in medicina, in profumeria e in cucina per insaporire oltre che i cibi
anche certe bevande.
Noce
e macis erano usati anche in cucina come si fa al giorno d’ oggi.
Balsamo,
incenso e mirra erano usati soprattutto in cosmetica, ma la mirra
serviva anche a profumare il vino.
Il
cumino reale ha trovato il suo migliore impiego come prodotto da
mescolare ad altri condimenti o da spargere sulle pagnotte appena
sfornate.
Le
spezie venivano anche usate per insaporire il sale, dato che i romani lo
consideravano un contorno, lo mangiavano spesso con
il pane e trovavano logico cambiare e arricchire il suo sapore
con le spezie. Il sale “condito” non andava a finire tutto nei cibi,
ma serviva in casa come medicinale di pronto uso per certi disturbi.
Il
sale, praticamente indispensabile e purtroppo quasi introvabile, era
importantissimo e il suo commercio e il suo uso si caricarono di simboli
religiosi e sociali. La fornitura di sale alla Roma repubblicana era
assicurata dalle saline create dal re Anco Marzio alla foce del Tevere.
Il
sale nell’ uso quotidiano era conservato nel penus e da lì
versato nelle saliere disposte sulla tavola.
Il
sale costava molto anche se, molto spesso,veniva distribuito dagli
uffici annonari, e molto spesso il suo prezzo aumentava per via delle
spese per trasportarlo in località molto distanti dal mare.
Il
sale che proveniva dalla salina era chiamato sal popularis e
prendeva il nomadi sal mollitus o tritus quando era
macinata.