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C’è un bel giardino nel mondo: fascismo e scuole rurali

  di Patrizia Vayola

la politica agricola del fascismo

La politica del fascismo per quanto riguarda l'agricoltura fu mossa da una concezione dell'economia conservatrice e miope; mentre le grandi potenze occidentali si impegnarono nel potenziamento dello sviluppo industriale, Mussolini sognò un'Italia essenzialmente agricola e fondata sulla piccola proprietà che puntasse sulla produzione di derrate alimentari e sulle industrie ad esse collegabili. Il mondo contadino gli sembrava infatti più rassicurante delle città nelle quali il proletariato si dimostrava difficilmente controllabile, più consapevole del proprio peso politico e più organizzato. La "battaglia del grano" fu infatti, prima di tutto, una grande campagna propagandistica che, puntando sui facili motivi dell'orgoglio nazionale e di un'autonomia produttiva che doveva mettere l'Italia al riparo dagli stenti in caso di guerra, tendeva soprattutto a rafforzare nelle campagne l'immagine del fascismo come unica possibilità di raggiungere, per i contadini, quel peso politico sempre loro negato. In realtà essa fallì sia perché non fu interamente raggiunto l'obiettivo sia soprattutto perché l'aumento della produzione granaria fu specialmente nel sud, ottenuto, dove dominava un latifondismo immobilista e privo di volontà e di mezzi per incrementare cambiamento, a scapito tanto di colture specializzate più redditizie e pregevoli quanto dell'allevamento, determinando perciò una diminuzione complessiva del reddito. Anche la campagna per le bonifiche integrali si rivelò fallimentare in quanto, pur avendo ottenuto qualche risultato significativo nell'agro pontino, fu fortemente ostacolata dai proprietari che avrebbero dovuto contribuire alle spese e che perciò fecero valere tutto il loro peso politico per affossare il progetto. Infine una terza sconfitta Mussolini la incontrò rispetto al suo disegno di ruralizzazione dell'Italia; proprio per arginare il peso politico delle città il fascismo cercò infatti di scoraggiare l'emigrazione dalle campagne verso centri urbani e prese anche provvedimenti, peraltro di scarsa efficacia pratica, per costringere i nuovi inurbati ad un'improponibile quanto astorico ritorno alla terra.