Bibliolab LABORATORIO DI STORIA > materiali didattici > lezioni > c'è un bel giardino nel mondo |
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Introduzione "
Un fabbro costruì due aratri. Erano uguali, di buon acciaio temprato. Questo piccolo raccontino è stato tratto da " Il libro per la seconda classe delle scuole dei centri rurali" edito dalla Libreria dello Stato nel 1941 e lo abbiamo riportato perché ci sembra, insieme ad altri esempi che riprodurremo in seguito, emblematico della concezione del mondo che il fascismo tentò di imporre agli italiani e ai contadini in particolare. E' noto che il rapporto tra la cultura cosiddetta "ufficiale" e il mondo agricolo è sempre stato caratterizzato da molte ambiguità. Si può dire, semplificando, che da quando sorsero le prime città e con esse un tipo di cultura urbana, diversa da quella del mondo contadino e, per forza di cose, dominante, l'ottica con cui fu guardata la campagna oscillò tra due poli: da una parte si cercò di asservirla alle esigenze della città e si derise il modo di pensare e di agire dei suoi abitanti, dall'altra fu vagheggiata come regno di una natura finta nella sua serenità e nella sua assenza di contraddizioni.Il contadino, in tutta la storia della letteratura fu disprezzato e invidiato, blandito e oppresso. A cominciare dal Virgilio delle Bucoliche e continuando nei secoli attraverso le finte pastorelle delle corti seicentesche per arrivare, appunto, ai libri di scuola del fascismo, l'immagine del mondo rurale fu comunque falsa e parziale, come sempre quando si cerca di interpretare una cultura che non riesce a far sentire direttamente la sua voce e alla quale, perciò, si può mettere sulla bocca qualsiasi idea possa tornar utile ai propri scopi. In particolare ci preme qui abbozzare un'analisi di quelli che furono gli obiettivi che mossero la cultura fascista nei suoi rapporti col mondo contadino dei quali ancora rimangono tracce nei libri di testo dell'epoca e nella memoria di quanti, anche a Cantarana, vissero e soprattutto studiarono in quel periodo. |