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C’è un bel giardino nel mondo: fascismo e scuole rurali

  di Patrizia Vayola

Conclusioni

Ecco dunque concluso questo breve e parziale viaggio all'interno della scuola elementare del periodo fascista. Il quadro che se ne può trarre ci parla di una istruzione fortemente ideologizzata dalla propaganda del regime che tende a fare dei contadini soprattutto una obbediente massa di manovra per propria politica, ostentando un rispetto più formale che sostanziale per un mondo che comunque sente come estraneo. I bambini devono trarre dalla scuola insegnamenti di ordine, disciplina, fedeltà alle istituzioni, accettazione incondizionata della propria situazione. Poco importa che la scuola svolga anche un compito realmente formativo, essa non si piega alle esigenze del mondo contadino ma cerca di forzarlo ad accettare le proprie. Gli studenti rimangono a scuola per anni ed anni senza che ci si ponga il problema di colmare quegli svantaggi culturali dei quali comunque li si riconosce portatori. Si tratta di una scuola rigida che propone una cultura monolitica cui ci si deve sforzare di adeguare, senza che mai si tenga conto delle diverse situazioni di partenza, non per elargire promozioni ai non meritevoli ma per trovare strategie adeguate a colmare lo svantaggio che è culturale ma insieme economico e sociale. Chi non riesce a superare da solo gli ostacoli, continua a sentirsi ripetere sempre le stesse nozioni fino a che, per legge, non è più obbligato ad ascoltarle.

Patrizia Vayola