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l'emigrazione
Il tentativo di arginare l'esodo dalle campagne diventa, in un testo di seconda elementare, il motivo ispiratore del racconto " La pietra". In
mezzo a un prato c'era una bella pietra levigata e lucente. Durante
l'inverno la neve la ricopriva con una coltre candida, in primavera le
margheritine le facevano intorno come un cestino di fiori. Nell'estate
il sole la faceva bianca e pulita e in autunno la rugiada la copriva di
gocce scintillanti come gemme. Ma un giorno la pietra si stancò di
quella vita tranquilla e disse:-Voglio andare laggiù dove passa tanta
gente e c'è vita e movimento. - E pregò un torello perché le desse un
calcio e la facesse ruzzolare giù per il pendio. Risuona in queste parole l'eco di
quanto il Bottai, ministro dell'educazione nazionale dal 1936 al 1943,
affermava nel corso di un discorso al convegno dell'istruzione agraria
nel 1940 a Palermo:" Bisogna impedire le inutili evasioni per far
comprendere come certe evasioni dalla nobile famiglia rurale, verso
spesso inconfessabili mestieri ai margini delle grandi città, sono una
degradazione e non un'elevazione sociale." Sullo stesso tema, infine, troviamo anche un altro passo emblematico: è il racconto del viaggio a Roma della mamma dei due bambini che nel libro sono spesso protagonisti di storie e la cui vita si colloca come filo conduttore dell'intero testo. Ecco come descrive la città: Cara
la mia Anna, (i palazzi ) sono così grandi che fanno venire il
capogiro. Pieni zeppi di finestre, di balconi, di porte, sembrano
alveari, tanto più che la gente ne entra e ne esce continuamente come
fanno le api. Io credo che uno soltanto di quei palazzoni basterebbe per
tutti gli abitanti del nostro paese. (..) Non tutte le emigrazioni sono però da condannare, anzi ce ne sono alcune che lo stesso regime incentiva e diffonde: quelle nei territori bonificati; uno spostamento, cioè, da campagna a campagna. Due bimbi trasferitisi coi genitori nella pianura Pontina son infatti i protagonisti del testo per la terza elementare "L'aratro e la spada" del 1940. Il libro comincia emblematicamente con la cottura del primo pane nella casa assegnata, col podere bonificato, al padre dei bambini : La
mamma intanto ha deposto sulla tovaglia la pagnotta e il coltello e
guarda per la finestra aperta: vede il campo inondato di sole, la strada
percorsa dai carri, i tetti del paese, la torre del Littorio e le sembra
di vivere in un sogno. Il tema della migrazione possibile è affrontato inoltre, soprattutto con volontà propagandistica, in relazione all'espansionismo imperiale italiano che procurerà, secondo il regime, fertilissime estensioni di terra coltivabile. Nel testo appena citato infatti si descrive il gioco dei bambini che fingono di combattere la guerra etiopica contro immaginari abissini " dalle urla selvagge"; li vincono più volte finchétutto il suolo occupato dai barbari non sia divenuto italiano" poi uno di loro dice:" Figlioli, non basta aver conquistato l'Etiopia; bisogna adesso colonizzarla. Su aprite strade, alzate ponti, dissodate terre." Ed ecco che quei prodi soldatini si trasformano a tratto in ingegneri, in pontieri, in selciatori, in contadini. Le loro sciabolette di legno, i loro moschetti di latta, le loro pistole, diventano picconi, zappe, badili. (..) Leonetto, che ha deposto le sue insegne di generale, chiude intanto in un recinto di pietre un pezzo di terra e lo zappa per bene. Poi finge di seminarlo. |